“‘Non si colpisce ripetutamente un convoglio estraneo al conflitto, colpendo tre veicoli in successione nel corso di un chilometro di strada, per sbaglio’, ha scritto sui social Jeremy Konyndyk, presidente dell’organismo umanitario Refugees International ed ex funzionario dell’amministrazione Obama: ‘Lo si fa per ostentare una cultura militare che tratta Gaza come una zona di fuoco indiscriminato, nella quale vige la totale impunità per i deplorevoli attacchi contro i civili’”.

Infine, sempre dal Wp, Ciarán Donnelly, vicepresidente dell’International Rescue Committee, il quale ha confidato ai cronisti del media americano che il raid avrà “un effetto dissuasivo” sulle organizzazione umanitarie che operano a Gaza, proprio adesso che il bisogno è salito al parossismo. Infatti, la strage “invia il segnale che nessun posto a Gaza è sicuro per nessuno”.

L’attacco al convoglio

Quanto all’impossibilità di un attacco non intenzionale, il report di Haaretz è tombale. Il convoglio della WCK, tre auto e un camion, era stato autorizzato a portare un carico presso un magazzino. Secondo l’esercito israeliano sul camion si trovava un uomo che avrebbe potuto essere armato, da cui l’allerta (del caso, era un terrorista? Un uomo di scorta, necessario a evitare che gli aiuti fossero depredati?).

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Così prosegue il resoconto del giornale israeliano: “Pochi minuti dopo, le tre auto hanno lasciato il magazzino senza il camion sul quale si trovava l’uomo apparentemente armato [il corsivo è nostro ndr.]. Secondo fonti della difesa, l’uomo armato non si sarebbe allontanato dal magazzino. Le auto viaggiavano lungo un percorso approvato preventivamente e coordinato con l’IDF [Israel defence force]”.