15 Dicembre 2025

Gli attentati alla sinagoga australiana e all'Università Usa: torna la Paura

di Davide Malacaria
Gli attentati alla sinagoga australiana e all'Università Usa: torna la Paura
Tempo di lettura: 5 minuti

Il Terrore rialza la testa. L’attacco parallelo alla sinagoga di Bondi Beach e quello alla Brown University, benché di natura differente, come probabilmente di altra estrazioni gli autori, hanno avuto un effetto cumulativo. Un’ondata di Paura ha travolto il mondo.

Diverso l’impatto dei due attentati a causa del numero delle vittime, 15 in Australia 2 negli Stati Uniti, ma i morti della Brown potevano essere molti di più dal momento che l’attentatore ha infierito in un’aula magna affollata di studenti; se il bilancio è stato limitato è solo perché qui le vittime predestinate erano tutte giovani, più atte alla fuga, e nell’Università in passato si erano svolte esercitazioni che prefiguravano eventualità del genere.

Infine, gli attentatori che hanno infierito in Australia hanno agito del tutto indisturbati, colpevolmente assenti le forze di polizia, e solo l’intervento di un passante islamico, che ha disarmato un attentatore, ha evitato lutti peggiori.

Come accennato, è ovvio che i due attentati hanno cause diverse, ma la ristretta cronologia degli eventi li collega necessariamente agli occhi degli osservatori e di quanti sono chiamati a contrastare il Terrore.

Se azzardiamo un parallelo tra i due eventi è anche per una nota della CNN, che lo ha fatto prima di noi, spiegando che entrambi gli attentati “presentavano i rituali ormai di routine delle sparatorie di massa, tra cui i filmati sincopati ripresi dai cellulari delle persone in fuga per salvarsi la vita. E due comunità che sono rimaste sconvolte dalla stessa incomprensibile realtà: la morte giunta all’improvviso a ghermire persone […] che svolgevano le usuali attività quotidiane”.

L’attacco alla sinagoga ha ovviamente portato nuovo alimento all’allarme di Benjamin Netanyahu sull’antisemitismo dilagante, che sarebbe alimentato dal cedimento di tanti Paesi, tra i quali l’Australia, alle ragioni di uno Stato palestinese: “La vostra richiesta di uno Stato palestinese”, ha polemizzato rivolto al premier australiano Anthony Albanese, “getta benzina sul fuoco antisemita e premia i terroristi di Hamas”.

A fronte di tale denuncia, non certo del solo Netanyahu, la voce, non isolata ma certo di minoranza, di due cronisti di Haaretz. “Qualsiasi tentativo deliberato di sfruttare il dolore dopo un simile attacco non rende giustizia alle vittime; anzi, fa il gioco di coloro che hanno perpetrato l’attacco”, ammonisce David Issacharoff.

 Australia Has Become the Epicenter of Antisemitic Violence. But We Can't Surrender to Fear

E Cory Alpert, che presta la sua penna anche ai media australiani, sempre su Haaretz, ha scritto: “La cosa più destabilizzante in questo momento non è la paura di questi attacchi, ma piuttosto il fatto che questa paura non punti in modo netto in nessuna direzione. Il timore reale che gli ebrei di tutto il mondo provano all’indomani del terrorismo letale è che la morte di innocenti venga usata per giustificare danni a persone che non hanno nulla a che fare con questo attacco. Sono esausto da questo cinismo. Non possiamo combattere questa epidemia di odio preparando il terreno per un’altra”.

Anche Alpert è preoccupato per l’antisemitismo diffuso in Australia, stanco di aver paura. E annota come esso discenda anche da una generalizzazione che distorce quanto sta avvenendo in Palestina: “Un gruppo di giovani progressisti si è mobilitato l’anno scorso nei campus, giustamente preoccupato per le atrocità, ma a volte con una definizione variabile del bersaglio della propria opposizione. Per loro, ‘sionista’ non significa più qualcuno che sostiene pubblicamente gli obiettivi letali di una guerra ingiusta condotta da Israele, ma qualsiasi ebreo che cammini per strada”.

“La profonda preoccupazione per la sorte dei palestinesi è condivisa anche da una comunità di migranti musulmani cresciuta negli ultimi decenni, soprattutto dal Libano. Si tratta di persone, come noi della comunità ebraica, preoccupate per la sorte di persone come loro, dall’altra parte del mondo”.

Detto questo, pochi fanno notare che certe follie discendono anche dall’ambiguità con cui il potere di questo mondo, in particolare quello occidentale di cui partecipa Israele, si approccia al magmatico mondo islamico. Non è un mistero che il regime-change siriano sia stato sostenuto dagli Stati Uniti, da Israele e dall’Europa sostenendo l’Isis e al Qaeda, con l’uomo che ha guidato entrambe queste organizzazioni ora intronizzato a Damasco e osannato da cancellerie e media.

E se, come sembra, gli attentatori di Bondi Beach sono collegati all’Isis, oltre che a Damasco Netanyahu dovrebbe guardare meglio anche a Gaza. Ma non ad Hamas, come da sue denunce pubbliche, ma alle bande che egli ha sostenuto – con armi e soldi – per contrapporle alla milizia palestinese, dal momento che sono collegate all’Isis (alleanza denunciata dall’ex ministro della Difesa Avigdor Lieberman e confermata dallo stesso premier israeliano). Una coazione a ripetere sempre gli stessi errori; basta ricordare come prima avesse sostenuto Hamas contro l’Anp, che pure riconosceva lo Stato israeliano.

ISIS claims deadly attacks on Iran parliament, shrine

Peraltro, l’Isis, e con esso al Qaeda, è un nemico irriducibile di Hamas, considerato “apostata” e pertanto “scomunicato” per il suo nazionalismo pro-palestina, contrapposto all’afflato globalizzante del Califfato, di al Qaeda e dei vari rami associati. Come anche per la sua relativizzazione della shariʿa, che la milizia islamica di Gaza ritiene insufficiente per il governo di una società (vedi l’approfondito studio di Christopher Anzalone pubblicato sul sito ufficiale dei Marines Usa). Né va dimenticato che un altro avversario irriducibile dell’Isis è l’Iran, che Usa e Israele stanno tentando da decenni di far collassare.

Why Differences between Globalist and Nationalist Armed Islamist Groups Matter

Infine, un’altra stridente contraddizione del potere d’Occidente si può ritrovare scorrendo il citato articolo di Alpert, laddove annota come indice dell’antisemitismo dilagante la marcia dei neonazisti che quest’anno hanno sfilato “pubblicamente” a Sydney e Melbourne.

Palese, quanto negato allo stremo, il neonazismo che dilaga in Ucraina da tanti ambiti politici che oggi condannano l’attentato alla sinagoga, perché riconoscerlo minerebbe nel profondo la propaganda in favore dell’alleato. Una negazione che ne ha favorito la diffusione. Del tutto ignorato l’allarme lanciato da Rita Katz, a capo di una rete di intelligence per contrastare l’estremismo, che già nel marzo del 2022 denunciava sul Washington Post come il neonazismo globale avesse trovato nuova linfa vitale a Kiev.

Ps. Nel video che immortala l’attentato a Bondi Beach: 10 minuti in cui gli attentatori sparano indisturbati mentre si sentono vicine, molto vicine, le sirene della polizia. Dopo alcuni secondi del filmato (0.22), un’auto della polizia passa  a dieci metri da uno degli attentatori, mentre questi spara tranquillamente…

Neo-Nazis are exploiting Russia’s war in Ukraine for their own purposes

 

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