11 Dicembre 2025

Haaretz: Israele, il genocidio e la santificazione della morte

di Davide Malacaria
Haaretz: Israele, il genocidio e la santificazione della morte
Tempo di lettura: 4 minuti

“Nello spinoso dibattito se il termine ‘genocidio’ si possa applicare alle politiche e alle azioni di Israele nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, i fatti chiave non sono in discussione. Certo, c’è una discussione statistica su quanti abitanti di Gaza siano stati uccisi e quanti abbiano perso casa, ma questo dibattito tecnico chiarisce in realtà la posizione di Israele. Stiamo discutendo se 70.000 persone uccise siano sufficienti a dimostrare un genocidio o se sia necessario un numero più alto”. Inizia così un articolo di Zvi Bar’el su Haaretz che collega quanto sta accadendo nella Striscia e in Cisgiordania alla repressione degli arabi-israeliani e di quanti difendono le loro ragioni, e la loro esistenza, all’interno di Israele.

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“Ma questo conteggio – indipendentemente dal fatto che sia grande, piccolo o equivalente a un genocidio – nasconde una verità ancora più orribile”, continua Bar’el. “Una parte considerevole dell’opinione pubblica israeliana ritiene che l’uccisione e l’espulsione degli abitanti di Gaza siano giustificate e che, anche se ciò rientrasse nella definizione di genocidio, sia stato giusto perpetrarlo”.

“Fortunatamente, desiderare non attira nessuna punizione. Così gli israeliani possono continuare a sognare, felici, la scomparsa dei palestinesi non solo da Gaza, ma anche dalla Cisgiordania, da Gerusalemme Est e da Israele. Il pericolo che ciò comporta è che nel momento in cui il desiderio di annientare un’etnia e una nazione diventa legittimo, esso trova i canali attraverso i quali trasformarsi in realtà anche senza l’annientamento fisico”.

Quest’ultimo cenno fa riferimento “all’annientamento politico” della minoranza araba e alla “campagna di pulizia politica e culturale contro un’ampia fetta della società ebraica israeliana”, la cui leadership “è stata definita un nemico interno che, ‘per il bene dell’unità nazionale’, deve essere annientato”. Un processo che vede una stretta capillare contro gli arabi israeliani e quanti li sostengono, accettata più o meno da tutte le forze politiche non arabe.

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Israele non ha più la necessità di atteggiarsi all’unica democrazia del Medio oriente, così che disvela al mondo un volto ben noto ai palestinesi, ai quali era noto da tempo. Ed è il volto di un regime oppressivo, espansionista e sanguinario.

Quest’ultima connotazione, palesata ampiamente in questo genocidio, negli ultimi giorni vede una nuova declinazione orrorifica: la proposta di legge per condannare a morte i terroristi, eliminando la discrezionalità dei giudici su tale imputazione. Se si tiene presente con quanta facilità i palestinesi sono accusati di terrorismo, si può comprendere la portata di tale prospettiva, rigettata anche dall’Associazione medica israeliana i cui associati rifiutano di fare i “boia”.

A proporre la norma il ministro della Sicurezza Itamar Ben-Gvir, il quale per l’occasione si è presentato al parlamento israeliano con sulla giacca una spilla raffigurante un cappio, declinazione depravata della spilla usata per ricordare la sorte degli ostaggi e ne sollecitava la liberazione.

Ne scrive un editoriale di Haaretz che ricorda come la spilla precedente santificava la vita, “mentre quella di Ben-Gvir e dei suoi colleghi santifica la morte […]. Non è un caso che i politici che si erano appuntati le spille raffiguranti il cappio siano gli stessi che si opponevano a ogni proposta di accordo per la liberazione degli ostaggi”.

“Santificare la morte è ormai qualcosa di ostentato, di pubblico e di dimostrativo all’interno di Israele, sia attraverso gli appelli per affamare la popolazione di Gaza, sia attraverso la celebrazione dell’enorme bilancio delle vittime di Gaza o la normalizzazione delle violenze in Cisgiordania. Questa spilla calza a pennello a chi la indossa”.

La proposta di legge, laddove rende “obbligatoria la pena di morte”, continua l’editoriale, è addirittura più punitiva di quella applicata ai “nazisti e ai collaborazionisti del nazismo”. Inoltre, non tiene conto che i tribunali sono fallibili e tale obbligatorietà “non lascia spazio a correzioni. Ma non dobbiamo dimenticare che, agli occhi di Ben-Gvir e dei suoi kahanisti, anche i bambini sono potenziali terroristi, purché siano arabi, quindi non sono possibili errori nel comminare la pena di morte”.

“La legge non è solo inaccettabile dal punto di vista costituzionale e morale”, conclude Haaretz. “È anche completamente inutile dal punto di vista della sicurezza. Nessuno studio ha mai dimostrato che la pena di morte scoraggi i terroristi. Se Israele vuole ancora considerarsi un Paese che santifica la vita, deve gettare il cappio e la visione del mondo che rappresenta nella pattumiera della storia”.

Non accadrà, purtroppo, non certo nell’immediato, data la follia dilagante nel Paese, palesata, tra le altre cose, dal delirante editoriale del Jerusalem Post secondo il quale il genocidio, la fame e l’espulsione dei palestinesi è da ascriversi alla crudeltà di Hamas, capace di manipolare l’opinione pubblica mondiale.

Quanto al cosiddetto cessate il fuoco, durante il quale gli attacchi israeliani hanno ucciso 379 persone e ferito altre 922, dopo la restituzione dei corpi degli ostaggi – ne manca solo uno – si dovrebbe passare alla fase due, che prevede il ritiro di Israele dalla Striscia e l’arrivo di una forza di stabilizzazione arabo-islamica.

Trump, che l’ha annunciata come prossima e ha invitato Netanyahu negli Usa per far pressione perché proceda. Non sarà facile, ché Netanyahu sta brandendo il mancato disarmo di Hamas per evitare il ritiro.

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Piccolo passo avanti: Hamas, dopo vari tentennamenti, ha accettato la forza arabo-islamica, ma solo come forza di interposizione, cioè senza compiti di sicurezza interna che la vedrebbero procedere al disarmo di Hamas. Allo stesso tempo, la milizia ha proposto di deporre le armi pesanti e di non attaccare Israele stabilendo una tregua duratura. Non basterà a convincere Netanyahu, ma offre leve a Trump per far pressioni su di lui.

Intanto, oltre alle bombe israeliane, alla fame e alle malattie, a Gaza si è aggiunta la pioggia incessante, che ha allagato le tende dove sopravvivono i palestinesi. Icastico un titolo di Haaretz: “Gaza sta annegando nel sangue e nell’acqua piovana”.

 

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