11 Luglio 2014

Halter e la destabilizzazione continua del Medio Oriente

Halter e la destabilizzazione continua del Medio Oriente
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«L’ultima volta che incontrai Khaled Meshal, il capo di Hamas, mi disse che presto non avrebbe più controllato Gaza, dal momento che la situazione gli stava sfuggendo dalle mani. Mi disse che era giunto il momento di negoziare con Israele, perché nella Striscia stavano nascendo falangi jihadiste, le quali non avrebbero mai trattato con lo Stato ebraico. Ebbene, a Gaza sono proprio quei gruppi paramilitari, molto più intransigenti e radicali di Hamas, che oggi stanno mettendo fuoco alle polveri. Per opportunismo politico, a Netanyahu e ai suoi alleati della destra israeliana conviene dire che è soltanto colpa di Hamas, perché in questo modo giustificano l’impasse dei negoziati con Abu Mazen. Il leader palestinese ha firmato un trattato con Hamas per formare un governo comune: dunque, dice Netanyahu, se Hamas continua a lanciare razzi su Israele, noi non possiamo certo negoziare con il suo sodale o con il suo alleato […]. In realtà Hamas ha teso la mano ad Abu Mazen nella speranza, un giorno, di vincere democraticamente le elezioni in Palestina e governare sia in Cisgiordania sia a Gaza, costringendo Israele a trattare anche alle sue condizioni. Ma Hamas non può più contare sull’appoggio egiziano, perché il generale Al Sisi li considera alla stregua dei Fratelli musulmani. E, a parte il Qatar e qualche principe saudita, nessuno è più disposto ad aiutarlo. In questo momento, avrebbe troppo da perdere se scoppia una vera guerra con Israele. Al contrario, i jihadisti non hanno nulla da perdere. Senza contare che se Israele conosce tutte le basi militari di Hamas e le bombarda con precisione chirurgica, ignora dove siano ubicate le cellule islamiche della Striscia, che continuano indisturbate a lanciare i loro sofisticati razzi». Così Marek Halter, scrittore ebreo di origine polacche ma francese d’adozione, sulla Repubblica dell’11 luglio in un articolo dal titolo: L’errore strategico di “Bibi” e l’ombra lunga del Califfo nero.

L’articolo conclude così: «Se volessimo risalire negli anni, uno degli artefici di questo disastro è l’ex presidente George W. Bush, il quale usando la menzogna ha destabilizzato quella parte del pianeta, dall’Iraq alla Siria. Bush è un criminale di guerra che andrebbe processato dal Tribunale internazionale dell’Aja».

 

Nota a margine. Invero interessante questa testimonianza di Halter, per tanti motivi. Forse un po’ forte la finale, ma non certo priva di ragionevolezza. Il problema è che quel Tribunale diverrebbe un po’ affollato, dal momento che oltre a G. W. Bush (e a Tony Blair) potrebbero essere chiamati a rispondere delle stesse accuse diversi politici occidentali, europei e americani, molti dei quali ancora in servizio attivo. Da qui anche il perdurare e l’allargarsi di questa ondata destabilizzatrice, altrimenti inspiegabile.

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