1 Agosto 2023

I droni su Mosca: un inutile show

Fallita l'offensiva i droni (inutili) su Mosca. I droni su Mosca: un inutile show
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Una settimana fa il New York Times annunciava che era iniziata la l’offensiva vera e propria, che avrebbe segnato una svolta nel teatro di guerra ucraino dopo tanto vacuo attaccare. L’annuncio aveva trovato eco in tutto il mondo, in particolare sui medie e nelle cancellerie occidentali, che da inizi giugno avevano assistito perplessi alla serie di inutili attacchi in cui si era prodotto l’esercito ucraino.

Offensiva: retorica o suicidio 

I preliminari si erano conclusi, si spiegava nell’articolo, entrava in scena la cavalleria, cioè le unità ucraine addestrate dalla NATO “trattenute” fino a quel momento per scagliare il colpo di maglio nel momento decisivo.

A una settimana di distanza, la svolta è uscita dai radar. Dopo aver tentato in tutti i modi di accreditare qualche successo a Kiev, i media occidentali hanno dovuto calare il sipario su uno spettacolo che non sta affatto seguendo il copione scritto nelle segrete stanze della NATO.

Tutto come prima, peggio di prima anzi, ché lanciare attacchi contro le formidabili difese erette dai russi senza supporto aereo o di artiglieria era ed è un suicidio assistito. Ma di questo, della macelleria scientemente prodotta dagli strateghi NATO, ne parliamo ampiamente in altra nota, alla quale rimandiamo.

Attaccare Mosca per ampliare il conflitto? 

Negli ultimi giorni si sono intensificati gli attacchi di droni in territorio russo, di ieri uno contro Mosca. Fallita anche la seconda fase della controffensiva, a Kiev non resta che cercare in qualche modo di ferire l’avversario con attacchi in profondità, del tutto inutili ai fini bellici, ma buoni per la propaganda. The show must  go on.

Questa è la nuova prospettiva, anche se gli attacchi sul fronte proseguiranno, e continueranno a mietere vittime, non tanto perché i falchi d’Occidente credano più in un prossimo sfondamento decisivo, quanto perché, se cessassero, sarebbe conclamato quello stallo che vogliono evitare a tutti i costi (per eludere il rischio di una cessate il fuoco sul modello coreano).

Difficile immaginare quanto possa durare una guerra siffatta. Un ambito politico ragionevole avvierebbe trattative, ma in Occidente la ragione è ormai bene residuale nelle élite.

In tal modo, però, la prospettiva di un ampliamento del conflitto si fa più concreta, dal momento che è ovvio che, stando così le cose, Kiev non può durare, né a livello militare né economico. Alla lunga servirà un supporto esterno, quale esso sia, di forze nuove (i fanti polacchi e baltici sono i più gettonati).

Lo sanno anche a Mosca, tanto che si stanno preparando. La decisione di creare un esercito di un milione e mezzo di soldati non è un’azione deterrente – per quello bastano le atomiche  ma è appunto per far fronte a un’eventuale guerra su scala europea.

Non che sia una prospettiva certa, ovviamente, ma esiste e bisogna farci i conti, in Oriente come in Occidente, con i cittadini europei che dovrebbero iniziare a interpellarsi su sviluppi tanto perigliosi, ricordando che le guerre su larga scala iniziano sempre da un conflitto minore. Morire per Kiev?

La chiama dell’Arabia Saudita

Infine, di ieri c’è da registrare la chiama dell’Arabia Saudita per una riunione a porte chiuse per tracciare una via di pace per l’Ucraina. Vi parteciperanno, sembra, circa 30 Paesi, tanti dei quali sono in quota Brics, organismo economico-politico che fa riferimento a Cina e Russia.

In realtà, celato dietro questo obiettivo, ce n’é un altro non dichiarato: tale consesso permetterà all’Occidente di fare pressioni su alcuni Paesi che si sono collocati all’interno dell’orbita russa e sui neutrali perché accettino di sottostare nuovamente alle regole imposte da Washington (questo il significato dello slogan “il mondo basato sulle regole”).

Questo sembra indicare il fatto che la Russia non sia stata invitata neanche come osservatore e che cinque giorni fa, cioè a ridosso dell’annuncio del principe saudita Mohamed bin Salman, a Riad sia giunto in visita di Jake Sullivan, Consigliere per la Sicurezza nazionale Usa. Ma non sempre le ciambelle riescono col buco. Sviluppi da seguire.