24 Luglio 2014

I terroristi dell'Is alla conquista del gas naturale siriano

I terroristi dell'Is alla conquista del gas naturale siriano
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Pierangela Zanzottera, sul sito Sibialiria del 23 luglio, denuncia la più efferata strage compiuta dai terroristi dell’Is (già Stato islamico dell’Iraq e del levante) da quando hanno travolto l’Iraq in un’ondata di follia. Luogo della strage è Shaer, poco lontano da Homs, che ospita i giacimenti di gas più importanti della Siria. A facilitare il compito dei terroristi, che conoscevano bene la dislocazione dei checkpoint, la connivenza di alcuni elementi dell’esercito regolare. Spiega Sibialilria: «Diversi video diffusi in rete e le oltre 80 foto mostrano corpi perlopiù di guardie e militari, colpiti alla testa o al cuore, la maggior parte stesi con il viso schiacciato al suolo; molti assassinati, dopo essere stati fatti prigionieri, con armi da taglio e decapitati, la testa posta tra le gambe […] Dopo i primi giorni di incertezza, le cifre ufficiali si sono assestate sui 270 morti. Ma fonti dello “Stato islamico” (già stato islamico dell’Iraq e del Levante) vantano più di 300 morti alawiti e in Homs, i residenti, dicono che il numero tra morti e dispersi è superiore a 500».
«Dopo l’occupazione della zona di Deir Ezzor, ricca di petrolio – conclude la Zanzottera -, che ora viene estratto dai terroristi e rivenduto ai ricchi uomini d’affari iracheni per 20-40 dollari al barile (e ai residenti siriani a 12-18 dollari per tentare di conquistare il sostegno della popolazione) e da dove nel solo mese scorso sono sparite quasi 30 persone, un’altra ricchezza del sottosuolo siriano finisce nelle mani di terroristi senza scrupoli».

 

Nota a margine. I terroristi dell’Is, anzi chi muove le fila di questa masnada di tagliagole, hanno cambiato strategia: si muovono alla conquista delle riserve naturali dei Paesi bersaglio della loro ira funesta; così in Iraq, così in Siria. Dove finisce questo petrolio? Di certo i ricchi uomini d’affari iracheni lo rivendono e non certo in Iraq. Comprare questa ricchezza che gronda sangue equivale a sostenere il terrorismo internazionale. Ci vorrebbe un’inchiesta internazionale, magari dell’Onu. Ma difficilmente si farà mai. O forse avrà luogo quando non servirà più a fermare la mattanza. Ma non ci stupirebbe apprendere che questo oro nero, o rosso sangue che dir si voglia, è rivenduto a qualche Paese occidentale o alla Turchia…  

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