15 Aprile 2015

Il metano a volte non dà una mano, ma una scossa (sismica)

Il metano a volte non dà una mano, ma una scossa (sismica)
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«Per chi crede che il legame fra l’estrazione di metano dal sottosuolo e lo scatenarsi dei terremoti sia solo una leggenda metropolitana ecco arrivare dall’Olanda una doppia notizia choc: il governo olandese “si scusa per i terremoti causati dal prelievo di gas naturale nella provincia di Groningen”, e poi (cosa molto più concreta) i giganti del petrolio Shell e Exxon, responsabili di quelle operazioni, si dichiarano colpevoli e stanziano 1,2 miliardi di euro per risarcire i proprietari di 30 mila edifici danneggiati nella provincia dai terremoti più recenti (dopo il 2008)». Inizia così un articolo della Stampa del 15 aprile, a firma di Luigi Grassia.

Esperti interpellati dal giornalista hanno detto che la disavventura sarebbe stata provocata dal fatto che il giacimento era troppo superficiale, da qui il rischio sismico.

 

Nota a margine. La notizia è alquanto densa di significato, non solo per il precedente che crea per le Compagnie che operano nel settore.

Il problema è che anche l’estrazione dello shale-gas e dello shale-oil sono ad alto rischio sismico, anche se la materia è ancora oggetto di acceso dibattito. Ma se le Compagnie petrolifere inizieranno a dover risarcire danni, anche questo settore rischia una nuova frenata dopo lo stop causato dal ribasso del prezzo del petrolio. Si tratta di alti investimenti per un settore ancora ad alto rischio.

E un eventuale nuovo rallentamento non sarebbe cosa da poco. Su queste nuove risorse energetiche punta molto l’economia Usa (e non solo) per rilanciarsi.

 

Non è solo una questione economica: su queste nuove disponibilità energetiche made in Usa si sono basate tante considerazioni riguardanti il distacco dell’Europa dalla dipendenza energetica russa e il ridimensionamento dell’importanza del Medio Oriente per la politica estera degli Stati Uniti (e altro).

 

Detto questo non è che la sfortunata avventura della Shell e della Exxon in Olanda (in particolare per chi ha avuto la sventura di abitare nei pressi dei giacimenti) rappresenta la fine di un sogno (o di un incubo a seconda dei punti di vista) energetico. Ma certo, insieme al ribasso del prezzo del petrolio e ad altro e più nascosto, può porre un ulteriore punto di domanda su una tecnologia energetica il cui sviluppo, solo fino a un anno fa, sembrava irreversibile quanto vertiginoso.

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