7 Agosto 2021

Il negoziato sul nucleare iraniano suscita nervosismo

Il negoziato sul nucleare iraniano suscita nervosismo
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In una dichiarazione congiunta, le nazioni del G7 hanno accusato l’Iran di aver attaccato la petroliera Mercer Street al largo delle coste dell’Oman, con conseguenti moniti verso la nazione reproba.

Nello stesso giorno Hezbollah ha lanciato una scarica di missili contro Israele, in risposta al bombardamento dei jet di Tel Aviv avvenuto il giorno prima contro il Paese dei Cedri.

E stanotte Israele ha bombardato Gaza, in risposta al lancio di alcuni palloncini incendiari fatti volare verso il Paese nemico.

Le tensioni in Medio oriente non accennano a scemare, anzi, ma, nonostante gli scambi di colpi, siamo ancora nell’ambito delle scaramucce, dato che non si registrano vittime, evidentemente evitate dai contendenti per non portare le criticità fuori controllo.

Battaglie navali

Ma andiamo per ordine e iniziamo dalla Mercer Street. Se è vero che gli sforzi diplomatici di Israele hanno avuto successo, portando alla condanna dell’Iran, è anche vero che a Teheran non è stato accreditato l’altro crimine, cioè il tentato dirottamento di un mercantile, l’Asphalt Princess, avvenuto nello stesso tratto di mare il giorno successivo.

Semplicemente non se ne parla più, come non fosse mai avvenuto. E ciò, nonostante il fatto che per due giorni era stato puntato l’indice accusatorio contro l’Iran, con il mondo a rilanciare la ricostruzione dell’Associated Press, la più autorevole agenzia stampa americana, che dettagliava le varie prove che mettevano Teheran con le spalle al muro.

L’oblio successivo denota che tale ricostruzione, e le accuse conseguenti, non hanno convinto. Ma invece di ritrattare, si preferisce dimenticare. Per un motivo che diremo dopo.

Intanto segnaliamo l’articolo di Amos Harel su Haaretz, che spiega perché l’attribuzione di una responsabilità iraniana per l’azione contro l’Alphabet Princess sia “piuttosto dubbia”, come scrive il cronista israeliano, negazione vaga che potremmo tradurre, sciogliendo le legittime ambiguità del caso, in “totalmente falsa”.

Anzitutto un’ovvia considerazione politica, che riprendiamo da Harel: “Cosa speravano di guadagnare gli iraniani dal dirottamento di una nave britannica, soprattutto quando il suo nuovo presidente, il falco Ebrahim Raisi, stava per insediarsi alla presidenza?”

Considerazione, ovvia, che avevamo espresso anche in una nostra nota in maniera meno ambigua, osservando che la tempistica indica che l’Iran non aveva alcun interesse all’azione, anzi.

La smentita dell’intelligence israeliana

Non solo, Harel aggiunge quanto ha fatto notare la Windward, un’azienda di intelligence marittima israeliana, che ha indagato sia sul dirottamento dell’Asphalt Princess che sull’attacco hacker che, alcune ore prima, aveva mandato in tilt sei navi in transito nella stessa zona, azioni che si richiamavano a vicenda e dietro le quali si nascondeva la stessa mano.

Secondo la ricostruzione della Windward, “le navi che si sono fermate nel Golfo martedì sono state coinvolte in passato in attività legate all’industria del contrabbando di petrolio che gli iraniani gestiscono da anni in quell’area. La stessa Asphalt Princess negli ultimi mesi ha fatto più volte scalo nei porti iraniani”.

Insomma, si incolpava l’Iran di azioni delle quali invece era vittima… D’altronde i dirottatori parlavano iraniano, la nave era stata dirottata verso un porto iraniano etc etc. Indicazioni che suggeriscono che l’attacco in realtà era un false flag, attacco sotto “falsa bandiera”, andato male, forse anche per resistenze da parte di ambiti che avrebbero dovuto corroborarlo.

False flag subito archiviata come mai esistita. Ma che invece pone domande, e tante, anche sull’attacco precedente alla Mercer Street, attribuito all’Iran con asserite prove che restano chiuse nei cassetti dei servizi segreti.

Non solo perché tale attacco potrebbe essere della stessa natura, ma perché anche per esso si può porre la stessa obiezione che per il secondo: perché un’azione tanto sconsiderata a ridosso dell’insediamento di Raisi?

Tanto è vero che Amos Harel, nel suo articolo, esulta per l’errore di Teheran, che con l’attacco alla Mercer Street ha fatto un “regalo inaspettato” a Israele, dato che ha creato “un’atmosfera favorevole” alla propaganda anti-iraniana.

Ecco, tale regalo inaspettato, se visto insieme al tentato “regalo” successivo riguardante l’Asphalt Princess, suscita perplessità.

Il negoziato sul nucleare in bilico

Per quanto riguarda, invece, lo scambio di colpi tra Israele ed Hezbollah, si tratta di un incidente che non va sottovalutato, dato che era dalla guerra in Libano, cioè 15 anni, che la milizia sciita non colpiva Israele, come recita un titolo di Timesofisrael (che, come altri media, evidentemente non attribuisce a tale milizia il lancio di due razzi avvenuto dalla stessa area due giorni fa contro Israele, che ha innescato la reazione di quest’ultima).

Ma non sembra ci siano i presupposti di una guerra, come sembra confermare anche l’attacco alla Striscia di Gaza da parte dell’aviazione israeliana in risposta ai palloncini incendiari: cambiando obiettivo stanno dicendo ai propri avversari libanesi che la schermaglia può finire qui.

Resta che in Israele ferve uno strano attivismo militare, con bombardamenti quasi quotidiani su vari obiettivi. Come nervosismo sembra circolare nell’ambito politico, con il ministro della Difesa Benny Gantz che ha minacciato di colpire l’Iran e l’ambasciatore israeliano negli Usa, Gilad Erdan, che ha dichiarato che il suo Paese vorrebbe un regime-change a Teheran, osservazione che Timesofisrael indica come inusuale.

Il focus di tale nervosismo non è tanto l’Iran, ma il negoziato sul suo sviluppo nucleare con gli Usa, che dovrebbe – il condizionale è d’obbligo – riprendere dopo l’insediamento di Raisi.

Negoziato che i falchi israeliani e americani vorrebbero affondare o quantomeno modificare per renderlo più stringente (tale da diventare un cappio al collo di Teheran). Tale la vera guerra segreta in corso, che però, se salta il negoziato, non potrà che proseguire in forme più incendiarie.

 

 

 

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