29 Settembre 2017

Il referendum della Catalogna e l'Europa

Il referendum della Catalogna e l'Europa
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Pronte le schede per il referendum

La controversia sul referendum per l’indipendenza della Catalogna è al centro dell’attenzione internazionale, in particolare europea. Il braccio di ferro tra il governo di Madrid e le autorità catalane rischia di danneggiare non poco il Paese.

Significativo in tale senso quanto riporta Omero Ciai sulla Repubblica del 29 settembre, che accenna alle preoccupazioni destate dal «dossier della Banca Centrale, pubblicato ieri, che sottolinea le ricadute negative sull’economia del conflitto catalano».

Sulla querelle riportiamo parte di un’intervista della regista Isabel Coixet pubblicata sul Corriere della Sera dello stesso giorno. Catalana e decisamente contraria all’indipendenza tanto da attirarsi l’accesa avversione dei suoi sostenitori, afferma: «Tutti dovrebbero abbassare i toni per sedersi e discutere. Il governo centrale non vuole ascoltare la domanda legittima degli indipendentisti che vogliono contarsi».

«Una rivendicazione legittima che merita un voto vero, con censimento, quorum, osservatori neutrali, una campagna a favore e una contro. Merita democrazia».

Dal canto loro, aggiunge la Coixet, le autorità catalane «invece di lavorare in questa direzione tengono orecchie e bocche chiuse perché in fondo sanno di non essere maggioranza. In questo momento ai separatisti conviene il martirologio. Il costante vittimismo. Però se né Madrid né Barcellona faranno il primo passo, il confronto porterà a cose molto brutte».

Secondo la regista, la maggioranza silenziosa dei catalani sarebbe contraria alla secessione, da qui anche la necessità di tenere un referendum vero, altro dalla consultazione indetta dalla Generalitat per domenica prossima, il cui esito appare scontato dal momento che voteranno solo i fautori della secessione mentre i contrari resteranno a casa.

Detto questo, non si può negare che il consenso verso l’indipendentismo ha avuto negli ultimi anni una crescita esponenziale. La Coixet afferma che fattore determinante di tale fenomeno è stata la «brutale» crisi economica, che ha polverizzato posti di lavoro e distrutto destini.

«La politica ha risposto con l’immobilismo», spiega la regista, «senza idee, senza progetti. A Madrid è nato il movimento degli Indignati e anche a Barcellona la gente è scesa in piazza. Ma in Catalogna c’era a disposizione l’indipendentismo».

Convince la spiegazione e certo non si può negare che «se si vuole, una soluzione democratica si trova», come conclude la Coixet, ma ad oggi non sembra ci sia tale volontà. Si aggiunga che la Catalogna vale un quinto del Pil spagnolo, come rammenta Omero Ciai nel suo scritto, cosa che complica ancor più le cose.

Madrid semplicemente non può perdere questa fetta di Pil: il Paese collasserebbe. Situazione delicata. Che rischia di avvitarsi sempre più in un crescendo di repressione e rivendicazioni.

Peraltro l’iniziativa catalana ha attirato sulla vicenda l’attenzione delle oscure forze che muovono – primo motore immobile – la globalizzazione,

Dopo aver perso in Gran Bretagna con la Brexit e negli Stati Uniti con l’isolazionismo di Trump, non possono permettersi altre sconfitte, soprattutto in un momento in cui sono in rimonta, essendo riuscite a frenare il processo di allontanamento di Londra dalla Ue e ad erodere la carica isolazionista della nuova amministrazione americana.

L’indipendenza catalana sarebbe un vulnus difficilmente recuperabile, stante che potrebbe innescare processi emulativi in Europa. Il contrasto, quindi, da parte di tali forze è e sarà feroce, come da storia recente.

Tale opposizone alza il livello di rischio e di imprevedibilità della querelle catalana. L’Unione europea potrebbe aiutare, tentando una mediazione tra le parti o proponendo soluzioni di compromesso che tutelino l’integrità nazionale spagnola e diano una risposta a parte delle richieste degli indipendentisti.

Avrebbe carte da giocare in tal senso. Ad oggi si limita ad attendere gli sviluppi, derubricando la criticità a questione interna del Paese iberico. Ma se la situazione dovesse degenerare sarebbe costretta a mettere la vicenda all’ordine del giorno della sua agenda.

Un passo che a prescindere dalla contesa referendaria sarebbe una vittoria per gli indipendentisti. A Madrid dovrebbero tener presente anche questo possibile sviluppo nell’approcciare il problema.

Dal canto loro i fautori dell’indipendenza dovrebbero tenere in debito conto il fatto che evitare la via del dialogo e del compromesso non gli porterà fortuna. Se pure il contrasto aperto e la repressione in una prima fase può attirare simpatie alla loro causa, alla lunga, danneggiando il Paese, farà esacerbare gli animi degli spagnoli, catalani compresi, contro tutti i contendenti.

Da qui a domenica, giorno della consultazione, la tensione sembra destinata a salire. Si spera che prima che l’incendio divampi giungano i pompieri.

Abbiamo accennato al possibile ruolo dell’Europa in tal senso. Il problema è che la Germania non ha ancora un governo. E la sua gestazione si prevede più lunga del dovuto stante l’imprevisto risultato elettorale.

La Ue è consegnata all’egemonia tedesca. Così al momentaneo vuoto politico di Berlino corrisponde un vuoto politico a Bruxelles. Non aiuta. Ed evidenzia che la dipendenza dell’Europa dalla Germania non è un bene.

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