22 Luglio 2019

Iran, quelle guerre segrete dietro il sequestro della petroliera

Iran, quelle guerre segrete dietro il sequestro della petroliera
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Il sequestro di una petroliera britannica da parte dell’Iran ha rilanciato le tensioni del Golfo Persico, chiudendo spiragli. Quella di Teheran appare una risposta al prolungamento del sequestro della petroliera iraniana da parte di Gibilterra, avvenuto solo alcune ore prima. Un botta e risposta che ingarbuglia tutto.

Avevamo accennato al fatto che la decisione della Corte Suprema di Gibilterra è stata un colpo di mano contro le autorità britanniche, che avevano aperto al dissequestro della nave (Piccolenote).

L’Iran e la Brexit

Sembra che in Gran Bretagna si stia combattendo una guerra sotterranea che si intreccia con uno scontro di potere interno: a giorni il premier Theresa May lascerà a un successore ancora ignoto, che dovrà guidare la nazione fuori dalle secche in cui si è arenata la controversia sulla Brexit. Così Brexit e crisi del Golfo sono cose che si rimandano.

Peraltro sia il destino della Brexit che l’intrupparsi di Londra nella crociata anti-iraniana vedono le indebite ingerenze dei neocon, come dimostra l’attivismo in tal senso di John Bolton, il quale ha affermato più volte il suo favore per una “hard Brexit”- e contro un accordo con la Ue – e salutato con entusiasmo il sequestro della petroliera iraniana a Gibilterra.

Quest’ultimo fervore ha allarmato Teheran, che paventa il ritorno di quell’asse angloamericano che, con George W. Bush e Tony Blair, diede il via alla guerra in Iraq.

Non solo, la variante Gibilterra mira a spezzare l’isolamento Usa nella crociata anti Teheran, minando la linea moderata della Ue che l’aveva allontanata da Washington.

La petroliera e l’occupazione dell’ambasciata Usa

Peraltro ciò accade mentre l’assertività Usa appariva in declino, dato il freno opposto da Trump a Bolton. Da questo punto di vista, Londra può diventare la mosca cocchiera di un intervento Usa, trascinando così sia Washington sia Bruxelles in una guerra che nessuno vuole.

Ma per capire come evolverà la situazione forse dovremo attendere il successore della May, che erediterà questa grana.

La situazione inglese, peraltro, ricorda, mutatis mutandis, quanto avvenne nelle presidenziali Usa al tempo del duello Carter-Reagan, quando la corsa alla Casa Bianca fu inquinata dall’occupazione dell’ambasciata americana a Teheran.

A sequestrare la sede diplomatica furono i falchi iraniani. Interessante a tal proposito notare che due giorni fa l’ex presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, che partecipò all’occupazione, è tornato a parlare dopo lungo silenzio, dicendosi pronto al dialogo con gli Usa (il suo, ovviamente).

Riad tra guerra e distensione

Situazione più che complessa, dunque, nella quale occorre barcamenarsi con “saggezza  e lungimiranza”, come da parole del ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif, esponente di punta dei moderati. Peraltro, a tale proposito, sono tanti gli inviti alla calma, sia dall’Europa, sia dal Golfo sia dall’Asia (anche il premier giapponese Shinzo Abe si era già proposto come mediatore).

In apparente controtendenza i sauditi, che hanno rilanciato la necessità di un asse contro Teheran. Eppure resta quanto accennato in altra nota, nella quale si registrava che anche a Riad inizia a farsi spazio l’idea di un appeasement col rivale regionale.

Cenno confermato da quanto avvenuto ieri: i sauditi hanno lasciato ripartire una petroliera iraniana ferma da maggio nel porto di Jeddah per riparazioni. Le autorità iraniane hanno ringraziato Riad per il gesto…

Condanne e contrabbando 

In questa temperie, va segnalato un altro tassello di questo complicato puzzle. Il 14 luglio aveva suscitato clamore il sequestro di un’altra petroliera da parte dell’Iran, che secondo Teheran trasportava greggio di contrabbando.

Nonostante le usuali proteste dell’Occidente, nessuno aveva reclamato la nave, né ne era nota la nazionalità. Si apprende oggi che la petroliera batte bandiera panamense, si chiama MT Riah ed è ancora sotto sequestro.

Le autorità navali di Panama hanno revocato alla nave paternità e bandiera, condannando “fermamente l’uso di navi battenti bandiera panamense per attività illecite“.

Insomma, Teheran aveva tutte le ragioni per sequestrare la nave e le condanne di allora oggi suonano affatto strumentali.

Guerre di petroliere

Così torniamo all’inizio di questa storia e alla guerra delle petroliere tra Teheran e Londra. E proviamo a dare una spiegazione di fantasia (e più banale).

Dopo aver insistito con Londra affinché rilasciasse la petroliera sequestrata a Gibilterra, l’Iran decide di agire e sequestra una nave battente bandiera panamense, ma in realtà britannica, che trasporta greggio di contrabbando.

Un’azione trasversale, che mira a forzare la mano ma senza sfide dirette, per evitare tensioni. Le autorità britanniche capiscono la lezione e chiedono a Gibilterra di liberare la nave di Teheran. Inutilmente, date anche le tante interferenze e variabili suddette.

Così Teheran decide di rilanciare, sequestrando stavolta una nave britannica. Per un pugno di petrolio, si rischia una guerra.