12 Aprile 2016

La Cina crea la prima base militare all'estero

La Cina crea la prima base militare all'estero
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«I cinesi sbarcano nel Corno d’Africa. Sono cominciati i lavori per la prima base permanente all’estero della Cina, a Gibuti, dopo l’accordo dell’anno scorso fra il minuscolo Stato africano e il Gigante dell’Asia. Gibuti, appena 900 mila abitanti, è però in una posizione strategica: all’ingresso del Mar Rosso e di fronte alla rotta dove passa il 40 per cento del traffico merci del mondo».

 

«La base di Tadjoura, proprio di fronte alla capitale Gibuti, ospiterà fino a 5500 militari e complessivamente 10 mila uomini, fra soldati e civili. Potrà accogliere grandi navi da combattimento, avrà alloggiamenti sia per le forze di marina che dell’esercito e sarà completata da una base aerea». Così Giordano Stabile sulla Stampa del 12 aprile.

 

Nota a margine. La base di Gibuti, al di là delle improbabili rassicurazioni cinesi riguardo la marginalità dell’uso al quale è destinata, indica che la Cina vuol darsi una proiezione globale e difendere i suoi interessi nel mondo. E anzitutto in Africa, dove ha investito molte risorse per accedere alle materie prime e teme possano essere loro strappate di mano.

 

Ma indica anche l’ingresso di Pechino nel complesso rebus del Medio Oriente, che così acquisisce un nuovo attore globale oltre a Stati Uniti e Russia. Infine, indica anche la crescente preoccupazione cinese per il terrorismo internazionale, che proprio nel quadrante mediorientale ha il suo brodo di coltura (almeno quello rilevabile).

 

Questa nuova proiezione globale cinese irrita Washington e i suoi alleati, tanto che, ieri, i membri del G7 riuniti a Hiroshima hanno stigmatizzato in maniera categorica l’allargamento della sfera di influenza di Pechino nel Mar Cinese meridionale, attuata tramite la costruzione di isole artificiali adibite a basi militari. 

 

Le basi americane costruite un po’ in tutto il mondo non suscitano altrettanta contrarietà, essendo giustificate come normale proiezione globale delle potenza Usa. Il problema è che la seconda (o prima a seconda delle interpretazioni) potenza economica mondiale chiede per sé uno spazio adeguato. Ciò suscita resistenze. Che al di fuori del dialogo e del compromesso potrebbero causare disastri.

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