16 Febbraio 2024

La morte di Navalny

Il decesso di Navalny nel carcere siberiano arriva a pochi giorni dall'intervista di Putin a Tucker Carlson, oscurandola. Nuovo ossigeno per la propaganda anti-russa e per la guerra ucraina
La morte di Navalny
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La morte di Alexei Navalny ha fatto il giro del mondo. Incarcerato dopo il suo ritorno in Russia a seguito di un asserito avvelenamento per il quale era stato trasferito in Germania (con il consenso di Mosca), è morto oggi in un carcere siberiano.

La morte di Navalny, l’intervista di Putin e la guerra ucraina

La sua morte giunge come una manna per la propaganda anti-russa che negli ultimi tempi stava arrancando. L’intervista di Tucker Carlson a Putin, “probabilmente l’evento di informazione più visto della storia”, come scriveva Ron Paul, aveva rilanciato l’immagine dello zar nel mondo.

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La morte di Navalny avrà l’effetto di oscurare quell’intervista, se non di sommergerla con effetto tombale. E chiunque si azzarderà a parlarne in termini elogiativi o a rilanciarla sarà bollato come lacché del dittatore che ha fatto morire un dissidente in un gulag (sempre che vada bene).

Il decesso non avrà solo conseguenze sulla propaganda, ma anche pratico. I sostenitori della guerra infinita ucraina non riescono a vincere le resistenze dei repubblicani della Camera degli Stati Uniti, ostinati nel loro rifiuto di votare nuovi finanziamenti per Kiev.

Un nuovo pacchetto di aiuti – collegato ad altri diretti a Israele e Taiwan – è ora all’esame della Camera. La morte di Navalny sarà usata come una clava contro i repubblicani contrari, i quali verranno bollati come quinta colonna del dittatore russo. Se cederanno, la guerra, al momento destinata, in prospettiva, a chiudersi per mancanza di fondi, verrà rilanciata. E la morte di un uomo sarà foriera di morte per tanti altri (da considerare peraltro che, finché non si chiude, il rischio di un ampliamento del conflitto resta).

Inoltre, il decesso del detenuto coprirà la ritirata ucraina da Adviika, prossima a cadere. Più che della disfatta della folle strategia ucraino-Nato, si parlerà della triste sconfitta inflitta alle valorose forze ucraine (inutile dire che sono state mandate al macello…). E sarà brandita per denunciare con maggior veemenza l’allarme per la minaccia russa, che attenterebbe alla fulgida libertà dell’Europa e del mondi intero. Ancora più armi a Kiev…

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Navalny e Assange, narrative opposte

Insomma, Navalny, che dei neocon era al servizio, servirà la loro causa anche da defunto, laddove il decesso dovrebbe lasciare posto alla pietà umana, che non si dovrebbe negare a nessuno. Quanto all’asserito dittatore dell’Impero d’Oriente che ha relegato in prigione il dissidente, è facile il parallelo con la sorte di Julian Assange, il dissidente che l’Impero d’Occidente sta facendo morire in un gulag di altro segno e colore nel silenzio più assoluto dei media ufficiali.

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Potrebbe essere di qualche interesse notare che i media che hanno vigilato sull’osservanza del silenzio sulla sorte di Assange sono i primi a piangere per la triste sorte di Navalny e a indignarsi contro l’oppressore, ma è inutile sottolineare l’ovvio.

Da ultimo, questa notizia coprirà gli orrori di Gaza per alcuni giorni (o almeno si spera in una tempistica limitata), così che la macelleria possa proseguire con minor disturbo per il conducente. Si può scommettere che scorrerà più inchiostro per la morte di Navalny che non per la morte delle migliaia di bambini di Gaza. È il meccanismo, deve essere così, scriveva Aldo Moro nel suo memoriale.

Probabile che lo zar sia addirittura accusato di aver eliminato il dissidente, esercizio facile per certi ambiti propagandistici più o meno estremi. Sul punto si può solo notare che Navalny, dal carcere, non recava alcun disturbo. La sua morte, invece, sarà riecheggiata come un colpo di frusta tra le mura del Cremlino, che solo alcuni giorni prima aveva ospitato Carlson.

Inutile aggiungere che il decesso raffredderà ancor più i rapporti Est – Ovest, già degradati ai minimi livelli. Tempi da Guerra Fredda 2.0, nella quale, però, i rischi sono ben altri di allora, quando l’Occidente era ancora guidato una leadership Politica, con la P maiuscola, e non da omini alla mercé dell’apparato militar industriale Usa e dalla Tecno-Finanza collegata.