24 Febbraio 2014

La prima guerra del Golfo: i torti di Saddam e quelli altrui

La prima guerra del Golfo: i torti di Saddam e quelli altrui
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Saddam Hussein e Donald Rumsfeld, ministro della Difesa Usa durante il primo mandato di George W. Bush

Sul Corriere della Sera del 17 febbraio, Sergio Romano accenna alle cause della prima guerra de Golfo, 1990, spiegandone i motivi. Afferma Romano: «L’uomo forte di Bagdad non era interamente dalla parte del torto. La sua lunga guerra contro l’Iran, dal 1980 al 1988, aveva avuto l’approvazione implicita degli Stati Uniti e quella esplicita degli Stati sunniti del Golfo Persico. Il piccolo Kuwait (un villaggio di pescatori che il colonialismo britannico aveva trasformato in una importante stazione di transito sulla via dell’India) non era in grado di combattere. Ma la straordinaria ricchezza petrolifera, scoperta verso la fine degli anni Trenta, fece di questo piccolo regno l’ufficiale pagatore del conflitto. Alla fine della guerra, nel 1988, i prestiti concessi dal Kuwait all’Iraq ammontavano a una somma che si aggirava fra i dodici e i quattordici miliardi di dollari. Il creditore chiese la restituzione del denaro e il debitore replicò accusandolo di estrarre quantità di petrolio molto più elevate (fra il 30 e il 40%) delle quote fissate dal cartello dei produttori (Opec), con effetti sui prezzi che riducevano considerevolmente le entrate irachene. Quattro mesi prima dell’invasione, nel giugno del 1990, Saddam approfittò di un vertice arabo a Bagdad per dichiarare: “Le guerre si combattono con i soldati, e i danni che ne derivano sono provocati da esplosioni, uccisioni, tentativi di colpo di Stato. Ma si può fare del male anche con mezzi economici. A coloro che non intendono fare la guerra all’Iraq, ricordo che anche questa è guerra”. Il punto più critico della crisi fu raggiunto quando il prezzo del petrolio scese a 11 dollari il barile e l’Iraq non ebbe più denaro per riparare i danni provocati dalla guerra con l’Iran, pagare gli interessi sui debiti e ricostituire le scorte militari». Infine, Romano ricorda come «durante una infelice conversazione con Saddam, l’ambasciatore americano gli dette la sensazione che gli Stati Uniti non fossero particolarmente interessati al modo in cui l’Iraq avrebbe aggiustato i conti con il suo vicino. Non tutte le responsabilità del conflitto, quindi, furono dell’Iraq».

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