8 Gennaio 2016

La sfida del terrorismo alla stabilizzazione libica

La sfida del terrorismo alla stabilizzazione libica
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L’attentato a Zlitan che ieri ha fatto 75 vittime è solo uno dei tanti attacchi perpetrati dall’Isis in Libia in questi giorni. Il network del terrore ha infatti lanciato una vera e propria offensiva in varie zone del Paese, in particolare in quelle più ricche di petrolio. Interpellata da Vincenzo Nigro per la Repubblica dell’8 gennaio, Claudia Gazzini, ricercatrice dell’international Crisis group, ha spiegato: «È chiaramente partita un’offensiva per sabotare la nascita del governo di unità nazionale, ma qualcuno dei libici riporta la voce che i jihadisti vorrebbero attirarsi addosso un attacco straniero, che avrebbe l’effetto di far riaffondare la Libia nel caos» (Camion bomba in Libia L’Is fa strage di reclute).

 

Spiega infatti Nigro: «Un attacco straniero prima della formazione del governo farebbe saltare il negoziato politico e permetterebbe all’Isis di radunare tutti i jihadisti presenti oggi in Libia sotto varie sigle».

 

Nota a margine. Il governo del primo ministro Fayez Serray si dovrebbe insediare a metà gennaio, ma i negoziati fra le varie fazioni libiche per la formazione del suo governo sono ancora in corso. Si rischia la procrastinazione. L’obiettivo degli agenti destabilizzatori quindi è allungare i tempi e, contemporaneamente, dilatare il loro raggio di azione, così da vanificare l’accordo raggiunto in sede Onu e rendere inevitabile l’intervento diretto della comunità internazionale (con le conseguenze descritte nella nota). 

 

Serve pazienza e fermezza. Ma soprattutto capacità di compromesso, parola tanto disprezzata nel lessico comune quanto importante nella prassi Politica (con la P maiuscola): va allargata al massimo l’area di consenso attorno al nuovo governo, perché sia veramente espressione di quell’unità nazionale che finora è più sulla carta e nei desiderata della comunità internazionale. Partita di altissimo valore strategico: stabilizzare la Libia avrebbe ricadute positive su tutta l’Africa (e non solo). 

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