4 Giugno 2025

La strategia della fame nazista e quella di Gaza

di Davide Malacaria
La strategia della fame nazista e quella di Gaza
Tempo di lettura: 5 minuti

“Cinquantotto anni di occupazione. Cinquantotto anni di una menzogna crudele e folle, i cui ideatori ci hanno preso tutto ciò che avevamo accettato di dare loro, e ora vogliono di più. Cinquantotto anni durante i quali ci siamo ripetuti che tenevamo i territori occupati perché ‘non c’è scelta’ e ‘per la sicurezza’. E di anno in anno la nostra sicurezza svaniva, diventando una barzelletta grottesca e spaventosamente gravosa”. Così su Haaretz Zehava Galon.

“In qualche modo, anche adesso, anche dopo l’orribile massacro del 7 ottobre, dopo quasi due anni di questa guerra persa a Gaza, con attacchi terroristici quotidiani in Cisgiordania [il riferimento è alle azioni dei coloni, vedi anche The Guardian ndr.], quei delinquenti ci stanno propinando la stessa menzogna. ‘È per la sicurezza!’ dichiarano Benjamin Netanyahu, Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir. Netanyahu, in realtà, sta promuovendo la sicurezza del suo governo e i suoi partner stanno promuovendo la sicurezza dei futuri insediamenti a Gaza e negli avamposti dell’orrore che le loro camicie brune hanno creato in Cisgiordania“.

‘It’s not the damage, it’s the terror’: Israeli settlers run riot after ceasefire deal

La condanna della Storia

No, continua la Galon, “non è questione di sicurezza né di ostaggi: si tratta dell’uccisione di decine di migliaia di civili, tra cui tanti bambini, per godere di proprietà immobiliari a Gaza e sulle colline del Libano. È tutto alla luce del sole; solo ogni tanto si preoccupano di indorare la pillola per gli ingenui che ancora non si rendono conto di ciò che gli è stato propinato”.

“E ce lo meritiamo, perché dovevamo saperlo. Pensavamo di poter ingannare la Storia, di poter eludere il destino di altri colonialisti, di poter fingere che ci fosse una terra senza popolo per un popolo senza terra. Ma qui c’è un popolo; e nel tentativo di ignorarlo, espellerlo, cancellarlo dalla terra sulla quale ha vissuto e si è formato, abbiamo cancellato noi stessi”.

Le immagini degli abitanti di Gaza affamati che assaltano i centri di distribuzione degli aiuti umanitari ne sono un’orribile testimonianza. Ogni ebreo sopravvissuto all’Olocausto sa di cosa sto parlando. I miei genitori sapevano cos’era la fame provocata dall’uomo e se la sono cavata per il rotto della cuffia”.

“I nostri ministri vedono queste immagini e si battono il petto con orgoglio: l’abbiamo fatto noi! Sì, l’hanno fatto loro e ne sono orgogliosi: bambini affamati calpestati a morte mentre cercano di afferrare una scatoletta di tonno. Allo stesso modo, questi ministri sono orgogliosi dei loro giovani che bussano alle porte dei palestinesi il Giorno di Gerusalemme e cantano ‘che il tuo villaggio bruci’ – e uno o due villaggi sono già bruciati in Cisgiordania. Sì, qualcosa di cui gli israeliani possono essere orgogliosi, di cui gli ebrei possono essere orgogliosi, di cui il mondo può essere orgoglioso”.

Già nel lontano ’68, continua la Galon, il filosofo Yeshayahu Leibowitz aveva messo in guardia da questa perversa deriva: “Il mostro chiamato ‘Grande Israele’ non sarà altro che il perpetuarsi di un apparato di governo-amministrativo. Uno Stato che governa una popolazione ostile di 1,4 – 2 milioni di stranieri sarà inevitabilmente uno Stato dello Shin Bet [di polizia ndr.], con tutto ciò che questo comporta per l’istruzione, la libertà di parola e di pensiero e la democrazia”.

“[…] Si parla molto degli errori dei militari e dell’intelligence che hanno portato al 7 ottobre e certo non mancano. Ma il primo e più grande fallimento è stata la convinzione di poter andare avanti così, gestire i conflitti e spegnere gli incendi fino alla fine dei giorni. Non è stato l’approccio del solo Netanyahu, è quanto abbiamo vissuto decennio dopo decennio, perdendo la nostra strada e noi stessi nei territori che abbiamo occupato”.

“Abbiamo deriso la possibilità di un accordo di pace”, ma la “soluzione dei due Stati come parte di un accordo regionale non è un’illusione. È l’unica opzione realistica perché possiamo vivere, ricostruire, guarire e lottare per la libertà e la pace”.

“È l’unico modo per liberarci dai cappi che abbiamo legato intorno a loro [ai palestinesi ndr]. E quando tutto questo sarà finito, ci guarderemo intorno e ci chiederemo: come abbiamo potuto permettere che questo incubo tossico continuasse per così tanti anni?”

Le camice brune e la strategia della fame nazista

Più che interessante, nello scritto riportato, l’accenno alle “camice brune” scatenate in Cisgiordania, ma anche a Gaza dove bloccano i camion di aiuti condannando a morte per fame innocenti (BBC) – camion assaltati anche da bande di predoni sotto gli occhi distratti dell’esercito israeliano (Washington Post) – rendendo ancora più straziante la condizione degli oppressi.

Israeli protesters block aid trucks destined for Gaza

Ma soprattutto il parallelo tra la strategia della fame applicata a Gaza e quella applicata al tempo dai nazisti. Riportiamo quanto scrive sul tema Soumaya Ghannoushi su Middle East Eye: “Nel 1941, nelle settimane che precedettero l’invasione dell’Unione Sovietica da parte della Germania, il ministro dell’alimentazione del Reich, Richard Darre, e il suo segretario di Stato, Herbert Backe, elaborarono il Programma Fame, una strategia volta a sterminare per fame civili sovietici ed ebrei […]”.

War on Gaza: How Israel is replicating Nazi starvation tactics

Tale programma ha portato alla morte di “almeno sette milioni di persone, non come conseguenza collaterale, ma di proposito […]. Nei ghetti ebraici, il cibo veniva trasformato in un’arma. L’accesso alla carne o al pane era controllato. I negozi erano vuoti. La fame non era un fallimento: era una politica”.

“Il fatto che condanniamo 1,2 milioni di ebrei a morire di fame dovrebbe essere menzionato solo marginalmente”, scrisse sul suo diario Hans Frank , governatore nazista della Polonia occupata.

Sul punto rimandiamo anche al documento “Il piano di Hitler per la fame” pubblicato dal Nobel Peace Center con questo sottotitolo: “La fame fu una strategia centrale del genocidio nazista contro gli ebrei. Hitler era da tempo consapevole del potere che risiedeva nel controllo degli alimenti”.

La Gaza Humanitarian Fondation, alla quale è stato affidato il compito di “sfamare” gli affamati, è parte integrante di tale programma. Lo rivela la scarsità dei beni distribuiti, la disumanizzazione dei palestinesi, gli spari sulla folla affamata (al Jazeera), la scomparsa di persone andate a recuperare un po’ di cibo (al Arabya) etc…

Significativo, sul punto, quanto rivela Max Blumenthal su Grayzone: “Avigdor Lieberman, esponente dell’opposizione israeliana di destra e membro della Knesset, ha dichiarato che il misterioso angelo finanziario [ignoto ai più ndr] della GHF è, in realtà, il governo israeliano. ‘I fondi per gli aiuti umanitari provengono dal Mossad e dal Ministero della Difesa’,  ha scritto Lieberman su Twitter/X, lamentando: ‘Centinaia di milioni di dollari a spese dei cittadini israeliani'”.

Il Mossad israeliano nominato finanziatore della Gaza Humanitarian Foundation

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