2 Novembre 2012

Libia: il caos dopo la guerra

Libia: il caos dopo la guerra
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Finita la guerra, in Libia non si fermano gli scontri tra opposte fazioni, in quella che potrebbe trasformarsi in una «nuova Somalia» al centro del Mediterraneo. Conseguenze di una guerra della Nato, spiega un articolo pubblicato sull’Oriental Review a fine settembre, iniziata senza alcuna legittimazione internazionale. Scrive la rivista: «Prima di tutto non c’era un mandato del Consiglio sicurezza delle Nazioni Unite per l’intervento in Libia. Se si dà una lettura alla Risoluzione 1973 (2011) sulla “no-fly zone in Libia”, si scopre che non contiene una sola parola riguardo un eventuale intervento. La flessibilità di tale risoluzione è stata l’unica ragione della sua fatale approvazione al Consiglio di Sicurezza.
Oggi la Libia è divisa in tribù rivali. Durante il regime di Gheddafi vi era una confederazione di tribù per lo più fedeli all’autorità centrale. Ora non lo sono. Le tribù orientali hanno già dichiarato la secessione di fatto e ignorato le elezioni parlamentari. Stanno cercando di intascare i proventi delle esplorazione nei giacimenti di gas e petrolio dei loro territori. Uno dei paesi economicamente più prosperi del Maghreb, si sta rapidamente trasformando nell’Afghanistan o nella Somalia.
Ogni tribù libica ha ora le sue milizie armate, con una stima totale di oltre 100.000 armati. Si combattono tra di loro in modo permanente per terre, pascoli, sorgenti d’acqua dolce, ma soprattutto giacimenti petroliferi. Ad esempio si profila una guerra su larga scala tra i clan di Misurata e Bengasi, per il bacino di Sirte. Nessuno ha la minima intenzione di cedere tali attività alle autorità centrali a Tripoli».

Una guerra vinta dal fondamentalismo salafita e dai fratelli musulmani, spiega la rivista, e persa dall’Europa. Così la rivista: «Il perdente principale è ovviamente l’Europa (per non parlare del popolo libico, che vive in un nuovo Afghanistan). Non ha raggiunto alcun obiettivo originariamente perseguito. Il tentativo di mostrare la sua potenza politica e militare si è quasi trasformato in un fiasco e, di fatto, in una seconda crisi di Suez. Neanche l’idea di creare uno stato liberale laico in Libia è riuscito (…). Inoltre l’operazione in Libia ha creato nuovi problemi per il continente europeo. Ha perso un fornitore affidabile di gas (nessuna ditta seria investirebbe in quella che ora è chiamata Libia). Si affaccia moltiplicata l’immigrazione clandestina dall’Africa. La minaccia della comparsa di un enorme hub terroristico-petrolifero dall’altra parte del Mediterraneo, dotato di armi sofisticate tra cui Manpads, è tangibile come non mai. Ma forse più pericolosa è la perdita di fiducia dei leader “del “Terzo Mondo”. Ora sanno che flirtare e avvicinarsi all’Occidente non li immunizza dai bombardamenti democratici».

 

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