30 Ottobre 2025

L'incontro Xi-Trump e la Russia, per tacere di Taiwan

di Davide Malacaria
L'incontro Xi-Trump e la Russia, per tacere di Taiwan
Tempo di lettura: 4 minuti

Nell’incontro tra Xi Jinping e Donald Trump c’era un convitato di pietra, la Russia, che poi era uno dei punti nodali a tema, dal momento che era ovvio che il summit avrebbe prodotto un accordo commerciale sciogliendo le tensioni accumulate finora (anche se la competizione rimarrà, com’è ovvio che sia).

L’altro nodo cruciale era Taiwan, ma ci torneremo di seguito. A segnalare l’ombra del convitato di pietra il fatto che, prima che si tenesse il summit, Xi ha dovuto dichiarare che la Cina ridurrà l’importazione del gas russo e l’annuncio di Trump sulla ripresa dei test nucleari del suo Paese, interrotti nel 1992. E che tutti i media occidentali hanno preannunciato, ed esultato come cosa fatta, che Pechino avrebbe indotto Putin a più miti consigli sull’Ucraina, costringendolo a una pace alle condizioni di Kiev e dei suoi sponsor.

Annunci e considerazioni alquanto aleatori e dalle tante sfaccettature. Anzitutto la concessione della Cina sul gas russo è solo fomale, non avrà alcun esito, sia per l’esistenza della flotta ombra russa che continuerà a trasportarlo agevolmente da costa a costa (distanze relativamente brevi e di libera circolazione), sia perché Pechino non può rinunciare all’investimento sul Power Siberia 2, avviato a inizi settembre, che potenzierà il flusso del gas russo alla Cina.

Quanto all’annuncio di Trump sui test nucleari, appare una risposta alle iniziative di Mosca che in questi giorni ha annunciato due nuove e più potenti armi: due missili a propulsione nucleare, il Burevestnik, per i cieli, e il Poseidon, per i mari. La ripresa dei test nucleari Usa sembra dove innescare analoghe iniziative russe, e forse anche cinesi, con l’esito probabile che, al termine del giro di boa, si avviino negoziati per reintrodurre controlli sulle armi atomiche, che negli ultimi anni sono stati cancellati dall’orizzonte.

Quanto alla possibilità che la Cina forzi Mosca a dismettere i suoi obiettivi in Ucraina, appaiono pari a zero, data l’alleanza strategica tra le due potenze: sia Xi che Putin sanno perfettamente che simul stabunt simul cadent

Ma il possibile ritorno di Pechino nelle trattative, dalle quali era stata esclusa da Kiev e dal partito della guerra anglosassone, forse aiuterebbe l’Europa a liberarsi dalle attuali fumisterie belliche dato che ha leve e libertà di manovra che Trump non ha (basti pensare a come abbia rifiutato la visita del ministro degli Esteri Johann Wadephul, il quale intendeva pietire un aiuto alla disastrata economia teutonica).

La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco: annullata la visita di Wadephul

L’incontro con Xi ha chiarito che di Taiwan a Trump non importa nulla, dal momento che non è stata neanche messa a tema (al contrario dei vertici Xi – Biden). Trump ha già ereditato la guerra ucraina e non vuole ulteriori fronti. Per fortuna la contesa per l’isola non ha prodotto una guerra nel corso della presidenza precedente, benché cercata con ossessione da neocon e soci, non sarà lui a innescarla.

Per dare un’idea della follia ingenerata dai neocon sulla questione Taiwan, bastano le dichiarazioni del presidente dell’isola Lai Ching-te: “Il popolo taiwanese guarda spesso all’esempio del popolo ebraico quando si trova ad affrontare sfide alla propria reputazione internazionale e minacce alla propria sovranità da parte della Cina”.

Citing David and Goliath story, Taiwan president says Israel a model for island’s defense

Rifarsi a Tel Aviv mentre questa sta consumando un genocidio, accreditando se stessi come tedofori di libertà e democrazia, non è forse il massimo dell’intelligenza. Certo quello di Chin-te era un grido di aiuto dettato dall’urgenza di ricevere il sostegno dei neocon alla sua causa – che poi è la loro – per via del disinteresse di Trump, ma forse poteva escogitare qualcosa di meglio.

A tale proposito, e a margine, si può notare come i neocon, che sostengono sia l’indipendenza di Taiwan che il genocidio israeliano e dai quali Chin-te attende il sospirato ausilio, siano alquanto ondivaghi nei loro distinguo tra buoni e cattivi e tra cosa sia cattivo e cosa no.

Lo evidenzia un articolo di Robert Spalding III e Ramon Marks sul National Interest, nel quale si sostiene che Taiwan dovrebbe affrontare la cosiddetta minaccia cinese alla maniera di Hamas. Difficile da comprendere la tortuosità, ma sintetizziamo.

Nell’articolo si sostiene che “senza sparare un colpo, la Cina sta già combattendo una guerra contro Taiwan e sta vincendo. L’attuale strategia di Pechino si concentra principalmente sull’assorbimento economico, l’intimidazione e l’influenza. Il suo obiettivo è conquistare Taiwan attraverso una silenziosa integrazione nell’economia cinese, respingendo al contempo, con minacce militari se necessario, qualsiasi impulso politico taiwanese verso una dichiarazione di indipendenza”.

In sintesi, si sostiene che il processo di riavvicinamento che Pechino sta portando avanti con una sua regione che parte del mondo vorrebbe strappare alla sua sovranità alimentando la frattura tra di esse – frattura che parte dei taiwanesi rigettano (vedi le dichiarazioni di  Cheng Li-wun, neoeletta segretaria del Kuomintang, il più antico partito dell’isola e la principale forza di opposizione) – è una vera e propria guerra.

Una guerra che va combattuta da indipendentisti taiwanesi e suoi sostenitori esteri così: “Sotto un aspetto particolare, Taiwan dovrebbe prendere esempio da Hamas per respingere la Cina. Deve ricorrere maggiormente a strategie politiche o mediatiche per neutralizzare la schiacciante forza militare cinese […]. Un’efficace campagna di guerra dell’informazione è una necessità immediata per Taipei, così come lo è un aumento delle foniture di armi. Se Hamas riesce a avere successo su Israele, allora Taiwan dovrebbe essere in grado di sviluppare una strategia di guerra digitale altrettanto efficace per sé stessa”.

Bizzarro che si chieda alla forza politica che si ispira a Israele di adottare, da subito e senza attendere la fantomatica invasione cinese, una strategia in stile Hamas.

 

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