31 Ottobre 2017

L'Iran frena il suo programma missilistico

L'Iran frena il suo programma missilistico
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Il capo dei guardiani della rivoluzione, generale Mohammad Ali Jafari, in una conferenza stampa tenuta il 31 ottobre, ha dichiarato che la guida suprema dell’Iran, ayatollah Alì Khamenei, ha chiesto che «la gittata dei missili balistici fabbricati nel Paese sia limitata a 2.000 km (1.240 miglia)».

Un raggio di azione che «limita la loro portata ai soli obiettivi regionali del Medio oriente». Inizia così una nota dell’Associated press ripresa dal Times of Israel del 31 ottobre.

Le dichiarazioni del generale Jafari, prosegue la nota, sono «il primo riconoscimento che l’Ayatollah Ali Khamenei ha imposto limiti al programma missilistico del Paese».

«Si tratta di uno sforzo delle autorità iraniane per frenare il suo programma, spesso indicato come limitato ai soli scopi difensivi, al contrario di quanto accade per la Corea del Nord, che usa del suo arsenale per minacciare gli Stati Uniti».

Per gli iraniani, il raggio di azione delle loro batterie missilistiche è giudicato «sufficiente», dal momento che «le forze degli americani e i loro interessi sono situati all’interno di un raggio di 2.000 chilometri intorno a noi», ha aggiunto il generale, «in questo modo siamo in grado di rispondere ad ogni possibile attacco disperato da parte loro».

Al di là dell’usata scortesia dei toni che contraddistingue il dialogo a distanza tra Washington e Teheran, la notizia è di grande rilevanza.

Anzitutto perché rivela che gli iraniani non hanno alcuna intenzione di minacciare direttamente gli Stati Uniti al modo di Pyongyang, togliendo così dal campo di gioco di questo estenuante scontro a distanza la variabile che rende tanto pericolosa la crisi coreana.

Ma anche perché in qualche modo sembra venire incontro alle richieste avanzate da Trump e da diversi leader occidentali di porre un freno al programma missilistico iraniano.

In particolare, quando Trump ha denunciato il trattato sul nucleare iraniano, rimandando al Congresso americano la possibilità o meno di emanare sanzioni conseguenti, aveva anche anche rilevato la pericolosità del sistema missilistico sviluppato da Teheran.

Al tempo, i Paesi europei firmatari del trattato (Francia, Germania, Gran Bretagna) avevano contraddetto la Casa Bianca, e in un comunicato congiunto avevano ribadito la validità dell’accordo perché era evidente la conformità di Teheran allo stesso (come da verifiche dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica).

Quel comunicato, però, pur implicitamente critico della decisione americana, accennava anche al programma missilistico iraniano, condividendo sul punto le preoccupazioni di Washington.

Da qui l’importanza dell’annuncio di Teheran, che ha tutta l’aria di un passo per risolvere tale controversia, foriera di nuove tensioni mediorientali.

Infatti, le preoccupazioni dell’Occidente (come quelle di Israele e dell’Arabia Saudita che ritengono i missili iraniani una minaccia) possono essere condivisibili, pur tuttavia è impensabile che l’Iran rinunci del tutto al suo programma missilistico, che ritiene indispensabile al suo apparato sicurezza.

Quello di limitare la gittata dei suoi missili, decisione alla quale Teheran ha voluto accreditare il massimo dell’autorevolezza in quanto discendente dalla guida suprema del Paese, appare quindi un passo in vista di un possibile compromesso.

D’altronde un compromesso dovrà pur essere trovato se non si vuole la rottura con Teheran che innescherebbe ulteriori conflitti in Medio oriente.

La tempistica con la quale Teheran ha dato tale annuncio non sembra affatto casuale. Teheran si appresta ad accogliere Vladimir Putin, che giungerà nella capitale iraniana il 1º novembre.

Una visita che servirà al rilancio dei rapporti bilaterali e durante la quale si parlerà anche di potenziare la centrale nucleare di Busheir, costruita con l’aiuto dei russi a scopi puramente energetici.

Più che probabile che la mossa iraniana, volta ad «attutire la tensione sul programma missilistico», come accenna il Times of Israel, sia stata concordata con i russi, anche loro intenzionati a evitare una rottura tra Occidente e Iran.

 

 

 

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