23 Giugno 2015

L'irredentismo russo e la crisi ucraina

L'irredentismo russo e la crisi ucraina
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Sul Corriere della Sera del 23 giugno, nella rubrica delle Lettere, Sergio Romano scrive dell’irredentismo della minoranza russa in Ucraina, fenomeno nuovo nella storia del Paese. L’ex ambasciatore italiano a Washington spiega infatti che, sia ai tempi dello zar che in quelli dell’Urss, le minoranze russe sparse negli Stati confinanti la loro patria si sentivano integrate in Paesi che con essa conservavano rapporti di mutualità.

Cosa che continuò anche dopo la fine dell’Unione sovietica, in particolare a seguito della creazione nel 1991, da parte di Boris Eltsin, della Comunità degli Stati indipendenti, cui aderirono Bielorussia, Ucraina e in seguito altri Paesi ex sovietici.

 

«Quell’accordo era fondato su una implicita condizione – scrive Romano -, che l’Ucraina continuasse a essere una sorta di Ircocervo, l’animale mitologico per metà capra e per metà cervo, uno Stato ponte con la testa nell’Europa centro-orientale e i piedi in Russia, o viceversa. La formula era opportuna anche perché i grandi centri siderurgici del Donbass (la regione in cui esiste una maggioranza russa) lavoravano per la Russia. I guai sono cominciati quando gli Stati Uniti e alcuni ambienti occidentali hanno cominciato a prospettare l’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Fu quello il momento in cui il Paese smise di essere un ponte. L’irredentismo ucraino non esisteva. È stato creato da chi voleva indurre l’Ucraina a fare una inutile scelta di campo».

 

Nota a margine. Analisi lucida e colpisce la parola “inutile” usata in conclusione. Già perché non c’era alcun bisogno di tirare il Paese nella Nato o nella Ue, dal momento che per l’Ucraina non cambiava nulla. La spinta verso la democratizzazione era ormai irreversibile e l’influenza russa sarebbe calata da sola con il crescere dei rapporti tra Russia e Ue, più che fecondi prima dello scoppio di questa crisi.

 

Oggi il Paese è in default e tutta la sua utilità sta, a stare alle dichiarazioni delle autorità locali e americane, solo e soltanto nell’essere l’avanguardia della Nato sul fronte russo. Nessuno parla di sviluppare l’economia prostrata, di dare maggior agio alla democrazia interna, ostaggio dei gruppi neonazisti, ma solo di comprare armi e prepararsi a una nuova e più sanguinosa guerra…

Una utilità che non giova affatto alla popolazione locale, che si vedrà costretta a pagare il tributo più alto di questa follia.

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