25 Maggio 2017

L'Isis conquista una città delle Filippine... mentre Duterte è a Mosca

L'Isis conquista una città delle Filippine... mentre Duterte è a Mosca
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Il Terrore tracima nelle Filippine. Con un attacco a sorpresa miliziani dei gruppi Abu Sayyaf e Maute, organizzazioni legate all’Isis, hanno attaccato e conquistato Marawi, una città dell’isola Mindanao (una delle più importanti dello Stato-arcipelago).

 

Questa la cronaca di Giordano Stabile sulla Stampa di oggi: «Gli islamisti hanno cacciato la polizia locale, ucciso numerosi agenti, occupato l’ospedale principale, assaltato e distrutto la prigione, issato la bandiera nera sugli edifici governativi del distretto. Poi hanno assaltato la Cattedrale di Nostra Signora, dato alle fiamme l’edificio e sequestrato il sacerdote Teresito Sugano, assieme a 13 fedeli, come ha confermato la Conferenza episcopale delle Filippine».

 

Si tratta di un’operazione militare altamente sofisticata e anomala rispetto alle consuete operazioni dell’Isis al di fuori del Califfato, che normalmente hanno portata molto più limitata.

 

Tale iniziativa bellica si può paragonare, seppur in misura molto minore, all’epifania dell’Isis in Iraq, quando, da un giorno all’altro, i tagliagole del Terrore conquistarono quasi metà Paese.

 

Più che importante la scelta dei tempi: proprio in questi giorni il presidente delle Filippine Rodrigo Duterte è a Mosca. Una visita la cui portata va al di là delle usuali iniziative diplomatiche.

 

Con questo viaggio di cinque giorni, infatti, Duterte vuole portare a     termine la svolta annunciata da tempo: abbandonare la storica alleanza con gli Stati Uniti in favore di un nuovo e più fecondo rapporto con Russia e Cina.

 

Peraltro proprio la sfida lanciata dall’Isis al suo Paese è uno dei principali temi dei colloqui con i russi. Sul punto i due Paesi hanno siglato degli accordi volti a creare un coordinamento militare in funzione anti-terrorismo.

 

È evidente che l’Isis ha nella Russia un nemico esistenziale. Senza l’intervento russo il Califfato avrebbe dilagato in Medio Oriente. L’attivismo del Terrore nelle Filippine deve quindi essere inquadrato sotto questo profilo: si vuole tentare di impedire la svolta filo-russa di Duterte.

 

Il problema è che Mosca deve essere molto cauta nel dispiegare la sua politica estera. Anche una grande potenza rischia di consumare energie e risorse essenziali se impegnata su più fronti, e la Russia è già fin troppo impegnata in Siria.

 

Sotto questo profilo, a Mosca è ancora vivo il ricordo della guerra in Afghanistan, che consumò allo stremo le risorse dell’Unione sovietica tanto da risultare uno dei fattori del suo crollo.

 

Forse anche perché consapevoli di tali difficoltà gli Stati Uniti si sono subito premurati di offrire il loro aiuto alle Filippine.

 

La reazione di Duterte alla nuova sfida ad oggi resta imprevedibile. Nonostante abbia palesato a più riprese la sua lontananza dall’America, ha assimilato da essa un approccio in stile western alle problematiche interne e internazionali.

 

Al di là delle incognite future, resta che la conquista di Marawi sembra aprire una stagione nuova per il Terrore in terra d’Asia. Come accennato, tale sfida potrebbe avere ripercussioni geopolitiche di portata globale.

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