11 Dicembre 2013

Matteo Renzi e l'interventismo umanitario

Matteo Renzi e l'interventismo umanitario
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Pubblichiamo un breve articolo del nostro collaboratore Lorenzo Biondi, scritto per il sito del quotidiano Europa.

 

Se la politica estera è rimasta ai margini di queste primarie, a Matteo Renzi è bastato un accenno per far capire da che parte si posizionerà il suo Partito democratico sulle grandi questioni globali.

Un attacco miratissimo all’«immobilismo» delle istituzioni internazionali, servito in salsa generazionale: «Noi siamo quelli del 1994», dice Renzi, abbiamo visto l’Onu che restava a guardare mentre si consumava il genocidio dei Grandi laghi, in Rwanda. «Noi siamo quelli del 1995», scandalizzati perché i caschi blu dell’Onu lasciavano che si consumasse la strage di Srebrenica, «gli uomini separati dalle donne, le donne stuprate, gli uomini ammazzati».

Torna l’interventismo liberale, le due missioni di pace “vittoriose” dell’era clintoniana. Non è un accenno casuale, è un riferimento coerente con la tela di rapporti che il sindaco ha già cominciato a tessere. Marco Damilano e Denise Pardo, sull’ultimo numero dell’Espresso, spiegavano che – tramite le ambasciate romane – la relazione con David Cameron è già avviata, mentre a breve si dovrebbe tenere un incontro col ministro dell’interno francese Manuel Valls. I due campioni europei dell’interventismo liberale: il primo, artefice insieme a Nicolas Sarkozy dell’attacco contro la Libia di Gheddafi; il secondo, uomo forte del governo Hollande, uno dei registi del rinnovato attivismo francese sul fronte africano, dal Mali alla Repubblica centrafricana.

Rwanda e Srebrenica, due immagini dal passato che dicono molto anche per il futuro. E la questione del futuro, se si parla di interventismo liberale, è sempre quella: la Siria.

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