9 Agosto 2025

Per il disgelo Usa-Russia Trump e Putin scelgono l'Alaska

di Davide Malacaria
Per il disgelo Usa-Russia Trump e Putin scelgono l'Alaska
Tempo di lettura: 4 minuti

Il summit tra Putin e Trump si terrà in Alaska il 15 agosto, dopo aver scartato la bizzarra ipotesi romana e la più realistica Abu Dhabi, alla quale aveva accennato lo zar dopo il recente incontro al Cremlino con il principe Mohamed Bin Zayed, presidente degli Emirati arabi uniti.

Trump ha parlato di un possibile scambio di territori, che per diversi analisti si riferirebbe al riconoscimento dell’annessione delle regioni di Donetsk e Lugansk alla Russia, con l’Ucraina che si riprenderebbe le altre aree attualmente sotto il suo controllo di Mosca. Ma si saprà al momento opportuno.

Dall’Ucraina filtrano dichiarazioni contrastanti, che valgono poco o nulla fino al summit, mentre suscitano curiosità le accuse della deputata ucraina Anna Skorokhod, la quale ha dichiarato che circa 400mila soldati hanno disertato, che le truppe sono esauste e lamenta la repressione delle voci critiche; inoltre, ha aggiunto che la guerra produce tanti dividendi ai pochi, che la leadership di Kiev ha sabotato i tentativi di pace per conservare il potere e tanto altro, tra cui la denuncia dei diuturni abusi subiti dai soldati e coscritti. Coraggiosa (la denuncia è stata ripresa da Mirror now, con immagini istruttive sugli abusi).

Il fatto che l’America stia facendo sul serio sembra suggerirlo un’indiscrezione della CNN: “Secondo quattro persone che l’hanno letto, un promemoria redatto il mese scorso dal responsabile politico del Pentagono dà al Dipartimento della Difesa la possibilità di dirottare armi e attrezzature destinate all’Ucraina verso le scorte statunitensi: un cambiamento radicale che potrebbe portare miliardi di dollari precedentemente stanziati per il paese dilaniato dalla guerra a rifornire le scorte americane in calo”.

Tale promemoria “classifica le scorte statunitensi in categorie ‘rosse’, ‘gialle’ e ‘verdi’, hanno aggiunto le fonti”. Le categorie rosse e gialle segnalano le armi che scarseggiano nelle riserve Usa così che, per essere destinate altrove, serve l’approvazione esplicita del Capo del Pentagono. Certo, un ordine presidenziale può superare eventuali niet, ma il flusso di armi sarà necessariamente più meditato (a redigere il promemoria Eldbrige Colby, la cui nomina avevamo atteso con speranza…).

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Nel frattempo, continua la CNN “il Dipartimento della Difesa ha collaborato con la NATO per sviluppare un nuovo sistema per la vendita di armi agli alleati europei, che poi potranno essere girate all’Ucraina […]. Il meccanismo creerebbe essenzialmente un conto bancario NATO che gli alleati potranno utilizzare per acquistare armi dagli Stati Uniti” [siamo arrivati al bancomat… ndr].

“[…] Secondo le fonti, in base a questo sistema, l’Ucraina dovrebbe inviare alla NATO la lista di armi e di equipaggiamenti che ritiene necessari e il generale statunitense Alexus Grynkewich, attuale capo sia del Comando europeo degli Stati Uniti sia delle operazioni militari alleate della NATO, dovrebbe decidere se gli Stati Uniti hanno abbastanza scorte da vendere prima di sottoporre la lista ai partner europei per un potenziale acquisto”. Un sistema alquanto farraginoso, obbligato dalla drastica erosione dei depositi, che rende molto più complesso far arrivare armi a Kiev.

La mossa di Trump di vincolare la Ue a tale sistema sembra abbia avuto come esito quello di raffreddare i bollenti spiriti dei “volenterosi”, in particolare i prodi tedeschi: ultra-belligeranti quando avevano immaginato di ripristinare l’imprenditorialità perduta a causa della guerra ucraina puntando sulla costruzione di un potente apparato militar-industriale teutonico, hanno dovuto fare i conti con la nuova realtà, che li costringe a continuare a ingrassare l’apparato militar industriale Usa…

Tale circostanza dovrebbe favorire il buon esito del vertice, ma i sabotaggi sono sempre possibili, anche a ridosso dell’incontro. Se avrà l’esito sperato, Trump incasserà quel successo che gli serve per riguadagnare appeal presso i suoi elettori, che sta perdendo a causa della vicenda Epstein e, anche se in minima parte, anche per l’appoggio incondizionato al genocidio palestinese (si spera che i due, a margine, parlino anche di questo). Probabile che nel summit si dialoghi anche della criticità nucleare, ripristinando il dialogo Usa-Russia sul controllo delle testate atomiche, come abbiamo accennato in altra nota; aiuterebbe non poco.

A spingere l’America a forzare la mano anche, e forse soprattutto, la consapevolezza che l’offensiva avviata dai russi sta talmente logorando le forze ucraine che potrebbe causare un collasso del fronte da qui a fine anno. Anche se Trump ha sempre definito il conflitto ucraino come “la guerra di Biden”, sa perfettamente che la sconfitta sarebbe addebitata a lui.

E sarebbe una sconfitta epocale, dato il coinvolgimento di tutta la Nato e dei Paesi a essa subordinati. Tale da accelerare il processo di erosione dell’Impero d’Occidente. Un colpo durissimo per l’America First, che invece la pace rilancerebbe.

In attesa dell’incontro, e nella speranza che si riesca a tenere i guastatori sotto controllo, è da notare che, mentre tanto si muoveva sull’asse Washington – Mosca, altrettanto si dipanava lungo l’asse Mosca – New Dehli.

L’india ha reagito ai dazi di Trump con stizza, sia verbalmente sia nei fatti, come segnala anche la notizia di una pausa nell’acquisto di armi made in Usa che, se anche fosse solo una minaccia, è comunque un’iniziativa forte.

India’s existential angst to confront Western imperialism

Non solo: dopo aver annunciato l’intenzione di partecipare al vertice dell’Organizzazione multilaterale per la cooperazione di Shanghai, recandosi in Cina dopo sette anni di gelo con il potente vicino, il premier indiano Narendra Modi ha inviato il suo consigliere per la Sicurezza nazionale a Mosca e ha telefonato personalmente a Putin per invitarlo a New Delhi.

Come spiega Mk Bhadrakumar su Indianpunchline, le élite indiane sono troppo legate all’Occidente per permettersi di strappare con leggerezza certi vincoli. Ma le iniziative di Modi indicano che qualcosa si sta muovendo in tal senso, e non poco.

 

P.S. Per inciso, l’incontro tra lo zar e il presidente Usa cade il giorno dell’assunzione della Beata Vergine Maria in cielo. Non sembra una scelta casuale.

 

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