9 Luglio 2013

Platone e le "forze retrosceniche" che dominano il mondo

Platone e le "forze retrosceniche" che dominano il mondo
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Repubblica del 6 luglio ha pubblicato un dialogo tra Luciano Canfora  e Gustavo Zagrebelsky dal titolo Le nuove oligarchie. Per Canfora, viviamo in un momento in cui sono tornate le vecchie oligarchie, fondate sulla ricchezza e la discendenza aristocratica. E spiega come, per fare un esempio, se vero che il Presidente degli Stati Uniti è eletto democraticamente, «le decisioni fondamentali le prendono altri: forze decisive e retrosceniche che possono in fondo infischiarsene dei riti elettorali». Sono forze nuove, continua Canfora, diverse dalle oligarchie del passato,  «forze di ben altra dinamicità, consistenza e potenza, totalmente sottratte al “gioco” elettorale o alla “verifica” popolare. Sono queste le nuove oligarchie. L’imperativo del momento è riuscire a squadernarne la natura e la dominanza […]. Platone aveva sognato, nei libri centrali della Repubblica, che al vertice dello “Stato ideale” giungessero dei “filosofi-reggitori”, assurti con ascetica dedizione alla comprensione e contemplazione del sommo bene e del giusto e perciò legittimati a governare tutti gli altri. Al posto dei filosofi-reggitori, il nostro onnipotente, ricco e armatissimo “primo mondo” ha collocato i grandi conoscitori protagonisti della finanza. Essi sanno quello che vogliono, ma è da temere che non vogliano né il sommo bene né la giustizia».

Anche Gustavo Zagrebelsky parla di «forze retrosceniche». E spiega: «Sono sempre esistite. Che la politica “sulla scena” delle istituzioni sia una messinscena per distogliere gli occhi del pubblico dalla realtà del potere (che “sta nel nucleo più profondo del segreto”, ha scritto Elias Canetti) è un’idea realistica. Un tempo, il retroscena era visto come il luogo dell’oscurità, degli intrighi, dei complotti, delle cose indicibili: tutte cose negative, da combattere in pubblico, attraverso istituzioni veritiere […]. Oggi siamo di fronte a qualcosa di nuovo. Le conseguenze sulla vita delle persone sono evidentissime, la matrice anche: il predominio dell’economia sregolata e manovrata dalla finanza speculativa. Ma è una matrice incorporea che, per ora, sembra inafferrabile, non stanabile “sollevando un velo”. Constatiamo il declino della politica, fino alla pantomima dei suoi riti: personaggi inconsistenti, che talora si presentano come “tecnici”, rivelandosi così esecutori di volontà altrui; “posti” come posta d’una lotta che, usurpando la parola, continua a chiamarsi politica; nessun progetto dotato d’autonomia; parole d’ordine tanto astratte quanto imperiose: lo chiedono “i mercati”, la “Europa”, lo “sviluppo”, la “concorrenza”. Questo degrado, che si manifesta macroscopicamente come immobilismo e consociativismo, è la conseguenza di quello che è oggi il vero “nucleo del potere”. Per poter essere contrastato con i mezzi della democrazia, deve essere innanzitutto compreso, senza fermarsi solo a deplorarne le conseguenze, scambiandole con le cause».

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