Poche prospettive di successo per la rivoluzione degli ombrelli

Prospettive di successo «esigue» per la rivoluzione degli ombrelli made in Hong Kong. Lo scrive Roberto Toscano sulla Stampa del 20 ottobre: innanzitutto «perché gli abitanti di Hong Kong sono molto divisi e anzi, secondo alcuni sondaggi di opinione, si registrerebbe una prevalenza di chi è contrario alla protesta. I gruppi favorevoli al governo centrale sono numerosi (uno dei principali si chiama “Maggioranza silenziosa per Hong Kong“), e sono scesi in piazza in contromanifestazioni imponenti che in alcuni casi sono degenerate in scontri con i giovani della protesta democratica. Non basta dire, anche se in parte è senz’altro vero, che questi gruppi sono promossi e manovrati da Pechino
».
Per Toscano il punto della questione, infatti, è tutt’altro, ovvero che mentre la rivoluzione degli ombrelli è un «movimento di classe media, e di classe media istruita. A Hong Kong sia i potenti vertici del mondo economico che gli strati meno abbienti e meno colti della popolazione vedono invece con preoccupazione e ostilità una protesta che minaccia la stabilità e la prosperità – stabilità e prosperità che, assieme al nazionalismo, sono la base del consenso che il regime di Pechino continua ad essere in grado di raccogliere
».
Stando così le cose, e date le forze sociali in campo, Toscano prevede che gli ombrelli di Hong Kong «finiranno comunque per chiudersi
».
(Titolo dell’articolo: I fragili ombrelli di Hong Kong).
Nota a margine. Come tutti i moti di piazza è difficile fare previsioni, anche se quella di Toscano appare realistica. Se così fosse non è detto comunque che tutto finisca in un nulla di fatto. È possibile che le forze di opposizione si trasformino in un movimento carsico pronto a riesplodere (è successo in Ucraina), come è possibile che questo confronto inneschi meccanismi virtuosi di apertura e dialogo sociali e politici. Prospettiva quest’ultima di difficile da realizzazione, perché il movimento si è posto in antagonismo netto con l’autorità (accarezzando l’idea di una rivoluzione colorata), innescando un rigido meccanismo di autodifesa. Eppure sarebbe la più feconda.