28 Aprile 2023

Ancora pressioni per inviare bombe a grappolo a Kiev

Una bomba a grappolo M483 fabbricata negli Stati Uniti viene vista con sottomunizioni non esplose in una località sconosciuta nel Sahara occidentale. Ancora pressioni per inviare bombe a grappolo a Kiev
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“L’Ucraina potrebbe fare un uso ‘molto efficace’ delle cosiddette bombe a grappolo che gli Stati Uniti finora si sono rifiutati di fornire”. Così Christopher G. Cavoli, comandante delle operazioni statunitensi in Europa nel corso di una riunione della commissione per le forze armate della Camera.

Smaltire i magazzini

La dichiarazione del generale è riportata dal Libertarian Institute che spiega come Mike Rogers, esponente repubblicano a capo di detta commissione, abbia raccolto la sollecitazione del generale affermando che “L’amministrazione [non sta] dando all’Ucraina le armi di cui ha bisogno per vincere, anzitutto le bombe a grappolo“.

Gli Stati Uniti, ha aggiunto Rogers, hanno “in magazzino 3 milioni” di bombe a grappolo e inviarle in Ucraina consentirebbe al governo di risparmiare sullo stoccaggio e smaltire esplosivi dell’era della Guerra Fredda, che altrimenti dovrebbero essere distrutti con costi aggiuntivi (in realtà, probabilmente costerebbe più spedirli a Kiev, ma tant’è).

La sollecitazione di Rogers ha trovato l’entusiastica adesione di un altro repubblicano della Commissione, Joe Wilson, perché tali armi, ha spiegato, avrebbero portato l’Ucraina alla vittoria (sic). Gli ucraini hanno chiesto più volte agli Stati Uniti tali munizioni, ma finora l’amministrazione Biden ha risposto niet.

“Le dichiarazioni di Rogers e Wilson [e quelle più autorevoli del generale ndr] giungono mentre si assiste a una rinnovata spinta al Congresso per fornire a Kiev bombe a grappolo”, annota il Libertarian Institute, che riferisce di una lettera di sollecito in tal senso inviata all’amministrazione Biden lo scorso mese a firma di diversi esponenti bipartisan del Congresso.

Bombe a grappolo e crimini contro l’umanità

Tali bombe sono state concepite per contrastare un assembramento militare, dal momento che, una volta sparato il vettore principale, questo dissemina sul terreno una rete di ordigni meno potenti, ma sempre micidiali. Tali armi sono state messe al bando da una Convenzione internazionale del 2010 alla quale hanno aderito 120 Paesi (non hanno aderito Usa, Russia, Ucraina e pochi altri).

Il divieto nasce da motivi umanitari perché spesso gli ordigni espulsi dal vettore principale non esplodono, causando successivamente “innumerevoli morti civili nel dopoguerra, a volte anche per decenni a seguire. Dopo la guerra del Vietnam, in Laos sono rimaste inesplose ben 20 milioni di bombe . Migliaia di bambini sono rimasti uccisi e feriti”, annota il Libertarian Institute.

Sul punto, anche  un articolo del Washington Post dal titolo: “Le bombe a grappolo sono troppo rischiose per usarle in Ucraina”, che spiegava come tali armi avrebbero fatto strame di civili ucraini nel dopoguerra.

Nel conflitto in corso sono state utilizzate, anche se russi e ucraini negano. E val la pena rammentare come i media mainstream denunciavano con forza il loro uso  da parte dei russi (Human Rights Watch), anche se poi si è scoperto che anche gli ucraini ne hanno fatto uso (New York Times).

Ma proprio tali denunce circostanziate fanno capire che finora l’utilizzo è stato limitato. Ben altra cosa sarebbe se si desse fondo ai magazzini Usa, come da scellerate richieste.

Peraltro, l’uso conclamato di tali ordigni renderebbe i Paesi alleati degli Usa nel sostegno all’Ucraina conniventi di un crimine contro l’umanità, come da denuncia di Amnesty international fatta al tempo contro i russi.

Infine, avendo quasi tutti questi Paesi (Italia compresa) firmato la Convenzione che le mette al bando, si troverebbero di fronte un problema giuridico perché sarebbero di fatto correi della sua violazione.