21 Settembre 2022

Putin: quando l'Occidente ordinò a Zelensky di non trattare

L'incontro tra Putin e Zelensky nel dicembre 2019, con Macron e Angela Merkel. Putin: quando l'Occidente ordinò a Zelensky di non trattare
Tempo di lettura: 4 minuti

I media del mondo hanno rilanciato il discorso tenuto ieri da Putin, ma pochi si son dati pena di leggerlo integralmente, limitandosi a dire che lo zar ha chiamato alle armi la nazione e minacciato la guerra atomica.

In realtà, Putin ha dichiarato che userà l’atomica solo in caso di un attacco alla Russia, che è altra cosa, riferendosi alle improvvide dichiarazioni di tanti Stranamore nostrani che non escludono la possibilità di una guerra nucleare. E ha aggiunto significativamente: “Non è un bluff” (anche perché gli Stranamore di cui sopra assicurano che Putin non sarà conseguente).

Putin: la richiesta di un intervento più massiccio

Sulla leva dei riservisti va detto che si tratta di un passo inevitabile per la Russia dopo i guadagni territoriali ucraini e necessario a difendere un fronte troppo lungo per le sue relativamente esigue truppe. L’operazione speciale come continua a chiamarla lo zar, non prevedeva un confronto così serrato con la NATO, come accenna anch’egli nel discorso.

Operazione speciale e non guerra, come invece viene definita in Occidente, accusando la controparte di ipocrisia sul punto. In realtà c’è una ragione in questa distinzione, che è quella che separa un conflitto limitato da uno su ampia scala, che comprenderebbe massicci bombardamenti su Kiev e le altre città ucraine, cosa finora non avvenuta. Non è questione di lana caprina. Tanto che, riguardo al conflitto, Putin ha ribadito che si tratta di un’operazione limitata al Donbass.

Tale surge, per usare un termine americano, non è un’idea di Putin, che troppo ingenuamente viene descritto come un monarca indiscusso. In realtà, anche se le élite russe lo sostengono, è pur vero che egli deve ascoltare la loro voce. E tali élite, preoccupate per l’andamento della guerra, hanno chiesto a Putin di porvi rimedio.

Per fare un esempio, Indianpunchline ha pubblicato un intervento di Gennady Zyuganov, segretario generale del Partito comunista e “voce potente della Duma di Stato”, il quale ha dichiarato che “l’operazione speciale’  è diventata una guerra a tutti gli effetti e la situazione sul fronte è ‘cambiata drasticamente […] ogni guerra richiede una risposta. Innanzitutto, richiede la massima mobilitazione di forze e risorse'”.

Da qui si comprende anche perché Putin abbia affiancato alla chiamata dei riservisti uno sforzo di tutta la nazione per sostenere la macchina bellica russa, in particolare delle industrie delle armi. Di fatto appare una svolta verso un’economia di guerra, passo che lo zar finora aveva evitato di fare.

Ha poi ribadito i motivi che hanno spinto la Russia a questo “inevitabile” passo, computo, ha detto, per evitare l’ennesimo tentativo di Kiev di attaccare le regioni autonome del Donbass, iniziativa che, secondo lo zar, avrebbe necessariamente preceduto l’attacco alla Crimea e alla stessa Russia.

Cosa, quest’ultima, invero difficile da credere, ma Putin ha ricordato che poco prima dell’inizio dell’invasione, le autorità ucraine avevano dichiarato di voler rivedere il memorandum di Budapest in base al quale l’Ucraina si impegnava a essere un Paese de-nuclearizzato. Dichiarazioni foriere di grandi preoccupazioni per Mosca, incoraggiate dagli ambiti atlantisti.

Nel suo discorso ha poi ribadito più volte la natura nazifascista del governo instaurato dopo il colpo di stato di Maidan (per l’Occidente una rivoluzione) e dichiarato: “È nella nostra tradizione storica, nel destino del nostro popolo, fermare coloro che lottano per il dominio del mondo, che minacciano lo smembramento e la riduzione in schiavitù della nostra Patria”.

In tal modo, la guerra ucraina non è altro, secondo lo zar, che la prosecuzione sotto altre forme della lotta contro il nazifascismo, come d’altronde aveva affermato in precedenti interventi. Una vera ossessione, per gli analisti d’Occidente, quella di Putin, ma sottovalutare tali timori è stato un errore grave da parte dell’Occidente. Tant’è.

Non solo il timore del nazismo di ritorno. A questo si aggiunge quello di una spinta a distruggere la Russia, ipotesi avanzata da tempo da tanti esperti e politici occidentali, ossessionati dal ritorno di Mosca nell’agone globale (ad esempio, si può scorrere questo studio della Rand corporation, che lavora per la Cia, su come destabilizzare la Russia: il documento è del 2019! Ci torneremo).

Secondo Putin, l’Occidente intende disintegrare la Russia dividendola in tanti Stati autonomi e in guerra tra loro. Al di là della veridicità del timore, che ovviamente sarà contestato dai suoi antagonisti, non si può, anche qui, prendere alla leggera certe paure, soprattutto se si ha a che fare con una superpotenza che ora si trova alle prese con una lotta esistenziale, con le conseguenze del caso.

L’accordo Russia – Ucraina

Ma tutto ciò appartiene alle cose note. Nel suo intervento, Putin ha voluto dire, invece, essenzialmente una cosa. Tanto che ha voluto sottolineare che è la prima volta che ne parla in via ufficiale. Riportiamo integralmente il passaggio in questione.

“Cosa voglio dire pubblicamente oggi per la prima volta? Già dopo l’inizio dell’operazione militare speciale, compresi i colloqui a Istanbul, i rappresentanti di Kiev hanno reagito in modo molto positivo alle nostre proposte, che riguardavano principalmente la sicurezza della Russia ei nostri interessi. Ma è ovvio che la soluzione pacifica non si addiceva all’Occidente, quindi, dopo il raggiungimento di alcuni compromessi, a Kiev è stato dato l’ordine diretto di interrompere tutti gli accordi”.

Questo il punto chiave dell’intervento, che ovviamente non è stato riferito dai media mainstream, perché tutto il dibattito sull’Ucraina sta o cade su questo punto: è vero che c’era un accordo e che la Nato e l’America si sono opposti? Se vero, la responsabilità della macelleria di questi mesi sta tutta sulle loro spalle.

Ovviamente la Nato, l’Occidente e le autorità ucraine non ammetteranno mai la circostanza, che quindi resterà un mistero sospeso nel tempo.  Chissà, forse tra dieci, venti anni, quando si spera che questa maledetta guerra sia finita e avremo evitato l’olocausto nucleare, la verità forse uscirà fuori, come avvenne per le armi di distruzione di massa di Saddam, con la menzogna disvelata quando ormai i giochi erano fatti (anche se, nonostante tutto, le truppe americane continuano a occupare l’Iraq).

Appare importante anche la tempistica di questa rivelazione, dal momento che arriva in concomitanza con la riunione generale delle Nazioni Unite, alla quale la Russia non ha potuto partecipare perché gli Stati Uniti hanno negato i visti necessari, decisione che rivela come si sentano i padroni di tale organismo internazionale.

In tal modo, Putin ha voluto egualmente partecipare, anche se di lontano, all’assise, rivelando un particolare che le Nazioni Unite dovrebbero chiarire (ma non lo faranno).

Al di là del discorso, resta la guerra. Il richiamo dei riservisti dice che ormai la Russia si è rassegnata al conflitto prolungato. L’ipotesi che lo spettro del freddo invernale senza gas e soprattutto la recessione incombente causata dalle sanzioni anti-russe convincesse l’Europa ad aprire una finestra diplomatica è ormai decaduta.

La macelleria continuerà, a tutto vantaggio delle industrie di armi Usa e alle élite d’Occidente che possono sfruttare tale opportunità per incenerire il dissenso interno, accusa che, ironia della sorte, rivolgono al nemico.

 

 

 

 

Mondo
12 Ottobre 2024
Biden, Trump e le guerre infinite