13 Novembre 2025

Sconfitte, inchieste: lo tsunami che sta devastando l'Ucraina

di Davide Malacaria
Sconfitte, inchieste: lo tsunami che sta devastando l’Ucraina
Tempo di lettura: 4 minuti

L’inchiesta sulla corruzione delle alte sfere ucraine si surriscalda, causando le prime dimissioni eccellenti. Il cerchio di stringe attorno a Zelensky e, nonostante ostenti sicurezza, la sua preoccupazione è palesata da un piccolo ma simbolico particolare: due giorni fa, per la prima volta, non ha tenuto il solito discorso serale, con il quale è solito arringare i suoi concittadini sulle magnifiche sorti e progressive del Paese, prossimo a vincere la guerra…

Zelensky missed his evening address for the first time in a long time amid a corruption scandal involving his entourage.

E mentre Zelensky sta cercando di parare i colpi della magistratura, le forze russe entrano in massa a  Pokrovs’k e le truppe ucraine sono costrette ad arretrare in tutta fretta anche nell’area di Zaporizhia.

È uno tsunami, ma nessuno, né a Kiev né in Europa, ne prende atto. La guerra è persa e non sarà il ricorso agli attacchi in profondità nel territorio russo a cambiare le carte in tavola. Né a nulla portano le provocazioni per ampliare la portata della guerra, che si sono succedute senza successo dal suo inizio e arricchite, in questi ultimi giorni, col tentativo di corrompere un pilota russo per attaccare col suo areo un base Nato.

Certo, ad accusare Kiev e Londra di aver pianificato questa false flag sono i russi, quindi una parte. Eppure, anche un articolo più che prudente del Corriere della Sera deve concludere ricordando che c’è un precedente, quando nell’agosto del 2023 il pilota russo Maksim Kuzminov consegnò se stesso e il suo velivolo agli ucraini.

Peraltro, la trovata di cercare di tirare dalla propria parte dei piloti nemici al quale affidare qualche sporca missione ha recentemente trovato una declinazione caraibica con il tentativo di corrompere il pilota di Maduro perché consegnasse l’illustre passeggero a Washington. Tentativo fallito, ma che, per le modalità aviarie, rafforza la credibilità delle accuse russe.

Al di là del particolare, e in attesa degli sviluppi dello tsunami in atto, alcune notizie di rilievo. La prima è che l’Ucraina ha dichiarato “interrotti i negoziati fino alla fine dell’anno“, come annunciato dal primo viceministro degli Esteri dell’Ucraina, Serhiy Kyslytsya al Times di Londra.

Mossa più che disdicevole data la situazione disastrosa in cui versa il Paese e che certo non sarà gradita oltreoceano che, al netto delle ambiguità, non sembra aver rinnegato la propensione a chiudere il conflitto.

Ieri, ad esempio, il pur aggressivo Marco Rubio annotava su X: “Ho incontrato il Ministro degli Esteri ucraino Andrij Sybiha per discutere di come rafforzare la difesa dell’Ucraina e porre fine a questo sanguinoso conflitto. Gli Stati Uniti continuano a collaborare con i nostri partner per incoraggiare la Russia a perseguire la diplomazia e a impegnarsi direttamente con l’Ucraina per una pace duratura”.

Parole che vanno lette insieme alle dichiarazioni rese dal Capo del Dipartimento di Stato Usa in parallelo al post, nelle quali spiegava che gli Stati Uniti hanno esaurito gli obiettivi russi da sanzionare

Non è vero, perché l’escalation è sempre possibile e, proprio per questo, sembra chiudersi il capitolo sanzioni che, benché finora si siano dimostrate del tutto inadeguate rispetto all’obiettivo di piegare i russi, hanno avuto però un significato profondo nel corso del conflitto, dimostrando l’interesse americano a proseguirlo e scandendo le varie escalation (la Ue, che continua a sanzionare all’ammasso, è rimasta sola).

Messe assieme, le due esternazioni raccontano di un’America sempre più disinteressata al conflitto ucraino, nonostante la concessione di un aiutino alle difese (atto dovuto dopo l’incontro con il ministro ucraino), anche perché Washington è focalizzata su altri obiettivi; mentre il cenno sui negoziati stride non poco con la chiusura annunciata da Kiev.

A margine, si segnala la visita del presidente del Kazakistan in Russia alla quale sia Putin che Tokayev hanno accreditato una grande rilevanza, evidenziata sia dall’accoglienza predisposta da Mosca che dalle parole dei due leader, ma soprattutto dalla firma di un partneriato strategico globale sottoscritto nell’occasione, che ravvicina ancor più i due Paesi.

Visita che ha del singolare perché ha avuto luogo praticamente subito dopo l’annuncio dell’adesione di Astana agli Accordi di Abramo, baluginata come un fulmine a ciel sereno dal momento che, prima di allora, tale possibilità non sembrava neanche all’interno dell’orizzonte degli eventi data l’estraneità del Kazakistan al magmatico corso del Medio oriente.

Una vittoria simbolica di Israele, come l’hanno definita tanti, ma anche di Trump, che in precedenza aveva annunciato l’adesione di nuovi Paesi all’accordo. Altrettanti hanno parlato di un distacco di Astana da Mosca, lettura che il viaggio successivo di Tokayev smentisce.

Se resta alquanto indecifrabile, per ora, il senso di Tokayev per gli Accordi di Abramo, c’è invece un cenno di Strana del 10 novembre che va rilevato: “Negli ultimi giorni, le voci su un imminente cessate il fuoco in Ucraina si sono improvvisamente e nuovamente intensificate. Ne hanno parlato, tra gli altri, Trump, Orbán, Tokayev e Kirill Dmitriev” (quest’ultimo durante la recente visita negli States).

Va ricordato che a settembre Zelensky aveva proposto a Putin di incontrarsi ad Astana, proposta alla quale Tokayev aveva dato certo credito affermando di essere pronto a offrire una piattaforma per i negoziati tra russi e ucraini (che è altra cosa da un summit tra i due presidenti, inutile senza accordi previ). Sul punto, va ricordato che Astana ospitò i negoziati di de-escalation tra turchi e siriani durante il feroce regime-change siriano, con meditori russi e iraniani. Pregresso che rende l’idea di Zelensky e la risposta di Tokayev meno surreali di quanto appaiano.

Non sappiamo se l’attuale attivismo dell’Ufficio nazionale anti-corruzione ucraino, che dipende da oppositori interni e sponsor esteri di Kiev, nasca dalla necessità di chiudere finestre diplomatiche aperte di recente. Attendiamo chiarimenti, ma il dubbio c’è. Dubbio che s’intreccia però con la consapevolezza che oggi tali sponsor non sono più convergenti come un tempo a causa della posizione degli Usa.

 

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