17 Febbraio 2022

Ucraina: l'allarmismo Usa produce disastri. L'Onu, il grande assente

Ucraina: l'allarmismo Usa produce disastri. L'Onu, il grande assente
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La Russia si appresta a inviare una risposta scritta alla missiva americana riguardante la sicurezza internazionale. Così il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, aggiungendo che renderanno pubblica la risposta, eludendo così la richiesta di riservatezza avanzata dagli Usa.

Una decisione che Lavrov spiega così: “Riteniamo che sia essenziale che la società civile dei nostri paesi, interessati alla vicenda, abbiano un’idea di ciò che sta accadendo. Altrimenti, se tutto viene tenuto segreto, come preferirebbero i nostri colleghi di Washington e Bruxelles, l’opinione pubblica verrà intasata dalle bugie e dall’aperta propaganda che già riempiono lo spazio delle informazioni” (Ria novosti).

D’altronde rischiava di fare la fine della pregressa missiva Usa, inviata nel segreto ma pubblicata poi sul Pais, con gli americani a dare la colpa ai russi (Reuters).

Si tratta di un ulteriore segnale di distensione da parte della Russia, dopo il ritiro di parte delle truppe stanziate presso l’Ucraina, un ritiro negato dalla controparte per limitare i danni d’immagine derivanti dall’ennesima pessima figura.

Già, perché dopo aver allarmato il mondo per un mese affermando che la Russia era prossima ad attaccare, gli Usa avevano anche dato una data precisa per l’evento: il 16 febbraio.

Una scadenza presa sul serio dai maggiori media occidentali, tanto che, come riporta il Guardian, “l’agenzia di stampa Reuters ha organizzato un live streaming da piazza Maidan a Kiev per documentare il potenziale attacco. Mercoledì mattina il video ha mostrato lo sparuto traffico della Khreshchatyk, la strada principale del centro, e lo stop-and-go delle auto agli incroci. I suoni della strada si mescolavano a un rilassante rumore di fondo. Più di 2.000 persone sono rimaste sintonizzate mentre un drone sorvolava la piazza sventolando una bandiera ucraina”.

L’attacco che non c’è stato è stato irriso (1) da tanti, da qui la decisione americana di non mollare la presa, dichiarando false le affermazioni russe.

È istruttivo ricordare quanto ha dichiarato in più occasioni David Arahamiya, leader della fazione politica “Il servo del popolo”, partito del presidente ucraino Volodimir Zelensky, non certo un fan di Mosca. Il 31 gennaio Arahamiya aveva dichiarato:  “Gli Stati Uniti e altri stanno seminando panico sull’invasione dell’Ucraina; non è una cosa amichevole da fare”. aggiungendo che le prospettive di una guerra in piena regola tra Russia e Ucraina vengono “amplificate artificialmente” dai media occidentali (The New Voice of Uckraine).

Il 14 febbraio aveva rincarato la dose: “Ricordatevi che nel 2020 c’è stato un afflusso di truppe dalla Federazione Russa […] c’erano 220 mila soldati, allora, equipaggiamento militare e così via (220 mila – questa è una cifra sufficiente per l’offensiva). E ora, dicono che domani ci sarà un’invasione con 127 mila soldati. Non sono abbastanza per un attacco su larga scala! Pertanto, voglio che tutti si calmino, che tutti facciano la loro vita normale” (Lb.Ua).

 “L’isteria occidentale costa al paese 2-3 miliardi di dollari al mese – ha aggiunto -. Penso che quando questa fase si concluderà. tra due-tre settimane, dovremmo fare un’analisi retrospettiva di come i principali mass media abbiano iniziato a diffondere informazioni anche peggiori di Skabeeva e Solovyov [due conduttori televisivi russi]”, snocciolando media come CNN, Bloomberg e il Wall Street Journal. “Dovremmo studiarlo perché sono elementi di guerra ibrida” (Guardian).

Peraltro, si può notare che già dal giorno prima dell’asserito attacco, e mentre tanti media d’Occidente lo davano per certo, il ministro della Difesa russo Sergey Shoigu si trovava in Siria: bizzarra location per coordinare un’invasione in Ucraina…

Ma l’America non può cedere. Anzitutto per la spinta dei falchi, la cui perseveranza sta fruttando al complesso militar-industriale miliardi di dollari (vedi Reuters) e consegnato all’America il primato globale nell’esportazione di gas e petrolio (Wall Street Journal).

Ma essi sperano possa fruttare di più: anzitutto la rescissione, da parte della Germania, del North Stream 2, obiettivo che si propongono come minimale rispetto ad altri vantaggi geopolitici pure sul tavolo, come una guerra a bassa intensità in Ucraina che veda la Russia dissanguarsi sul campo di battaglia come avvenne con l’intervento in Afghanistan.

Biden, in realtà, vorrebbe tirarsi fuori, dal momento che aveva solo intravisto nella crisi ucraina la possibilità di trattare con Mosca senza subire le critiche dei falchi – potendo presentare il negoziato come alternativa alla guerra atomica -, ma adesso è in gioco l’immagine della Casa Bianca e quando c’è di mezzo l’immagine son dolori.

Come disvelato già al tempo dei Pentagon Papers da Hannah Arendt, gli Stati Uniti hanno prolungato per anni la guerra in Vietnam, pur sapendo che era persa, solo per non ledere l’immagine degli Stati Uniti, che non potevano dichiarare chiuso il conflitto, ammettendo così la sconfitta.

E dopo il ritiro dall’Afghanistan, dipinto dai detrattori di Biden come una sconfitta, una nuova débacle per mano dell’odiato Putin, sarebbe un disastro per la Casa Bianca.

Ma Biden si è talmente incartato con la guerra “imminente” che è davvero difficile uscirne. Così la CNN: “All’interno di Washington, ci sono pochi che dubitano che il governo affermi che Putin è pronto a invadere in qualsiasi momento. Ma l’intensità degli avvertimenti statunitensi e il loro prolungarsi per settimane potrebbe presto sollevare la questione di quanto tempo Biden possa mantenere lo stato di allerta e se la continua assenza di tale invasione nonostante gli avvertimenti sempre più allarmanti possa aprire dei divari tra gli alleati della NATO e tra il governo statunitense e quello ucraino. Tali stress giocherebbero direttamente in favore degli obiettivi strategici a lungo termine di Putin”. Tale dilemma apre altri spazi di manovra ai falchi, perché una guerra risolverebbe l’imbarazzo.

Da capire il ruolo dell’Onu, silente nonostante sia nato per risolvere i conflitti. Non potrebbe inviare i suoi ispettori per verificare il ritiro russo? Ha i mezzi e Mosca non potrebbe certo rifiutare tale richiesta. Ma forse il gioco è troppo alto per tali banalità…

 

(1) anche l’ambasciata Russa ha dimostrato un certo umorismo.

 

 

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