16 Dicembre 2025

Ucraina: Trump dà a Kiev tempo fino a Natale per decidersi

di Davide Malacaria
Ucraina: Trump dà a Kiev tempo fino a Natale per decidersi
Tempo di lettura: 4 minuti

Sembra che si sia rotto lo stallo dei negoziati sulla crisi ucraina. Al di là dei commenti enfatici di Trump, un mantra già sentito e smentito in precedenza, a conferma che qualcosa si sta muovendo sono le dichiarazioni dei tanti che hanno partecipato alle trattative, che fanno trapelare ottimismo.

Al di là degli aspetti secondari, più o meno tutti gli altri, l’unica vera querelle su cui tutto sta o crolla è il riconoscimento del controllo russo sui territori ucraini già conquistati e lo status di quelli che Mosca si era prefissata di conquistare, cioè la parte del Donbass ancora sotto la sovranità ucraina.

Mentre su quelli già conquistati Kiev, nonostante le rigidità, potrebbe cedere – d’altronde anche i “volenterosi” europei, dediti al sabotaggio delle trattative, avevano proposto un cessate il fuoco lungo la linea del fronte – sulla parte rimanente del Donbass non sembra cedere di un millimetro.

Prima di tornare su questo punto va esaminato il progresso compiuto in questi negoziati, un cedimento di Kiev che i media spacciano per grande passo avanti. Si tratta dell’adesione dell’Ucraina alla Nato, richiesta che finalmente Zelensky ha riposto nel cassetto.

In realtà, al di là dell’immaginazione di Zelensky, tale richiesta era da tempo diventata aleatoria, dal momento che anche i “volenterosi” europei si erano adeguati al niet statunitense, che della Nato è l’azionista di maggioranza. E, peraltro, già in precedenza tale richiesta era sempre stata accolta con enfatico entusiasmo dagli sponsor di Kiev, ma con altrettanto rigetto sostanziale.

Pur se i “volenterosi” non rinunciano alla loro opzione di una guerra di larga scala contro la Russia, preannunciata praticamente ogni giorno da diversi leader come necessaria a respingere la fantasmatica minaccia russa al Vecchio Continente, non sono così folli da iniziarla subito, senza preparazione e soprattutto senza essere sicuri dell’ausilio americano (certo, c’è sempre la possibilità di trascinare l’America in guerra come avvenne per le due guerre mondiali, ma tale prospettiva, di certa riuscita con Biden, appare più che dubbia con Trump).

Così, il cedimento di Zelensky sul punto non è altro che fumo, utile a far vedere che è aperto a negoziati e a concessioni per placare il pressing americano che stavolta è serio (Trump vuole arrivare alle elezioni di midterm con questa pace in tasca).

Tale concessione ha richiesto un’opera di maquillage, cioè delle garanzie di sicurezza sostitutive a quelle offerte dalla Nato, che gli Usa si sono affrettati a dare, seguiti dai “volenterosi”, i quali però non sembrano aver rinunciato alla loro idea di mandare truppe in Ucraina a sostegno della pace, rilancio che rischia di far collassare un’altra volta le trattative.

Al di là del particolare, che incontrerà l’ovvio niet russo, resta da capire cosa siano queste garanzie di sicurezza. Secondo i media sarebbe qualcosa di simile all’ombrello Nato, ma il diavolo sta nei dettagli: se tale ombrello resterà ben chiuso in assenza di criticità, Mosca potrebbe anche accettarlo; ma se sotto tale ombrello si provvederà a preparare la prossima guerra Nato-Russia, risulterà inaccettabile.

Particolari che saranno oggetto di trattative con Mosca e su cui è inutile discettare ora. Resta che la rinuncia ufficiale di Kiev alla Nato non è cosa da poco. Lo denota quanto ha detto Amanda Sloat in un’intervista carpita dai burloni russi dediti a fare scherzi a politici e funzionari Nato.

Membro del Consiglio di Sicurezza nazionale durante la precedente presidenza, con Politico che la definiva “l’ideatrice della politica europea del presidente degli Stati Uniti Joe Biden”, la Sloat ha detto apertis verbis che se Kiev avesse accettato di ritirare la richiesta di adesione alla Nato, come aveva chiesto Mosca, la guerra “avrebbe potuto benissimo” essere evitata.

Top American official for Europe is leaving her post

“Sarebbe stato meglio [mantenere la neutralità dell’Ucraina] prima dell’inizio della guerra [o]… durante i colloqui di Istanbul. Avrebbe certamente evitato la distruzione e la perdita di vite umane”. Nel riportare le parole della signora, Trita Parsi, del Quency Institute, ricorda quanto venissero criticati allora coloro che avvertivano che quella richiesta era un vero e proprio casus belli.

L’obiezione di quanti negavano la tesi che bastava rigettare questa richiesta per placare le preoccupazioni russe era che ‘l’espansione della NATO non ha nulla a che fare con la guerra e se dite il contrario, siete dalla parte di Putin'”. Oggi, dopo tanti morti (un milione, un milione e mezzo?) quanti hanno appiccato l’incendio che sta divorando l’Ucraina continuano a sedere su scranni importanti e a discettare su Russia e Ucraina come se niente fosse successo.

Peraltro, si decise di insistere sulla porta aperta all’Ucraina, spiegando a Putin che la Nato non poteva chiuderla, anche se “gli Stati Uniti non avevano comunque intenzione di far entrare l’Ucraina nella NATO”, come annota Parsi. Tant’è.

Per tornare alla questione del destino dei territori ucraini, nodo cruciale dei negoziati, perfetta la sintesi di Strana: “A quanto pare, gli americani stanno proponendo a Kiev un accordo: garanzie di sicurezza in cambio del ritiro delle truppe ucraine dalla regione di Donetsk”.

"Kyiv has only a few days." US offer of security guarantees for Ukraine is valid until Christmas – media

Quanto alla tempistica, Trump ha dato una scadenza: se entro Natale Kiev non si deciderà, l’offerta sulle garanzie di sicurezza Usa decadrà. Un modo elegante per dire che abbandoneranno l’Ucraina al suo destino. Resta che non è il primo ultimatum lanciato da Trump a Kiev e forse non sarà neanche l’ultimo.

Sui negoziati, meglio, sulla dirigenza ucraina chiamata a negoziare, pende anche la spada di Damocle delle inchieste sulla corruzione, che hanno ristretto nelle patrie galere funzionari e politici e provocato le dimissioni di altri. Nelle ultime settimane, il capo della delegazione ucraina Rustem Umerov, giunto negli Usa per incontrare i mediatori americani, ha anche tenuto incontri segreti con il direttore dell’FBI Kash Patel e il suo vice Dan Bongino. Se si tiene conto che l’FBI collabora con gli inquirenti ucraini, si può comprendere l’importanza di tali colloqui.

 

"Kyiv has only a few days." US offer of security guarantees for Ukraine is valid until Christmas – media