Gli Usa frenano Netanyahu sul Libano, ma resta l'orrore di Gaza
L’inviato Usa per il Libano Amos Hochstein è giunto in Israele per dissuadere Tel Aviv dal lanciare una guerra su larga scala contro Hezbollah, ammonendo che scatenerebbe una guerra regionale e aggiungendo che Washington può trovare una soluzione diplomatica al conflitto che ha incendiato il confine israelo-libanese “con o senza un accordo a Gaza”.
Al di là della fattibilità di quanto asserisce Hochstein sulla possibilità di un accordo con Hezbollah anche senza intesa su Gaza, il suo intervento ribadisce che Washington non vuole una guerra su ampia scala perché dovrebbe necessariamente coinvolgersi direttamente.
Si conferma, dunque la linea americana sul punto, già evidenziata dal ritiro, avvenuto alcuni giorni fa, di una delle due portaerei che Washington aveva inviato al largo delle coste libanesi a supporto di Israele.
Il missile Houti e le voci sulla dismissione di Gallant
La visita di Hochstein arriva in un momento critico, dal momento che tanti in Israele urgono per una soluzione muscolare alla crisi, che ha costretto quasi centomila cittadini israeliani ad abbandonare il confine col Libano.
Va ricordato che Hezbollah si è attivato con la guerra di Gaza e si è detto pronto a chiudere le ostilità se la mattanza della Striscia finisce, particolare spesso dimenticato nei report giornalistici perché distruggerebbe la narrativa che inquadra Hezbollah nella casella dei cattivi e Tel Aviv come vittima della prepotenza altrui.
Al di là del particolare, pure essenziale, resta da vedere se l’intervento di Hochstein riuscirà a dissuadere Netanyahu dall’aprire il nuovo, devastante, fronte.
Per parte sua, il cosiddetto asse della resistenza ha inviato un messaggio non proprio velato a Israele, con il lancio da parte degli Houti di un missile diretto nel cuore del Paese. L’attacco non è riuscito a far danni, anzi il missile è stato abbattuto, anche se parte ha colpito ugualmente il suolo israeliano.
Ma è riuscito nel suo aspetto simbolico, sia perché ha sorvolato gran parte del territorio israeliano prima di venire colpito, sia perché ha costretto nei rifugi tanti cittadini.
Il messaggio inviato era chiaro: se Tel Aviv attaccherà Hezbollah, gli Houti colpiranno dal Mar Rosso, avendo certo altri vettori simili nel loro arsenale. Resta da capire se vero, come dichiarato dagli Houti e smentito da Israele, che si trattava di un missile ipersonico. Se vero, la minaccia sarebbe molto più grave, essendo tali vettori di ardua intercettazione, specie se accompagnati da sciami di droni.
In attesa di vedere quanto avverrà sul confine libanese, e proseguendo indisturbata la mattanza di Gaza, c’è da registrare con certa inquietudine che Netanyahu si appresterebbe a sostituire il ministro della Difesa Yoav Gallant con Gideon Sa’ar, politico fuoriuscito dal Likud (il partito di Netanyahu) per farsi leader di un partito di opposizione.
L’inquietudine discende dal fatto che Gallant, pur essendo un falco – si ricordino le sue dichiarazioni a inizio guerra sulla chiusura totale di Gaza – ha avuto, però, un approccio più realistico al conflitto, giungendo alla conclusione che è necessario un accordo con Hamas. Prospettiva di cui è diventato ormai il portabandiera, trovandosi in una posizione di forza in quanto ministro della Difesa.
Una posizione che l’ha portato più volte a scontrarsi con il premier, avverso all’intesa, sia in pubblico che in privato. La sostituzione con Sa’ar, un altro falco che per la carica accetterebbe senza fiatare tutte le direttive di Netanyahu, soffocherebbe l’unica alternativa reale al premier, motivo da cui discende l’idea di defenestrarlo.
Di mercenari e scudi umani
Per restare agli interna corporis di Tel Aviv, giunge notizia della decisone di arruolare come mercenari gli africani che chiedono la cittadinanza israeliana , ai quali sarebbe accordato, dopo aver fatto strage di palestinesi – lasciando pulite le mani israeliane ed evitandogli ulteriori perdite – quanto richiesto.
L’editoriale di Haaretz critica aspramente la decisione, perché basata, come scrive, sul ricatto e perché equivarrebbe a mettersi sullo stesso piano della Russia con la sua Wagner, dimenticando che la pratica dei mercenari, per restare in epoca moderna, appartiene anche alla civilissima Francia (la Legione straniera) come alla beneamata Ucraina, agli Usa e tanti altri Stati.
Più incisiva sarebbe la critica se facesse notare l’ironia di come la Grande Israele del puro ebraismo messianico ricorra al sangue altrui per imporsi. E di come l’idea sia uno specchietto per le allodole, con gli africani usati nell’occasione che, dopo aver fatto il lavoro sporco, saranno trattati alla stregua di quanti saranno chiamati a uccidere.
Se abbiamo citato l’editoriale di Haaretz, però, è perché vi si legge altro e ben più interessante, cioè che tale rivelazione “si aggiunge al fatto che le Forze di difesa israeliane stanno usando civili palestinesi, rapiti a caso, per ispezionare i tunnel di Gaza. Questi miserabili palestinesi vengono mandati nei tunnel con le mani legate, le telecamere legate al corpo, per ‘ripulire’ i tunnel al posto dei cani dell’Unità Oketz, tanti dei quali sono stati uccisi nel corso del conflitto”.
Si tratta “praticamente di una missione suicida. ‘Le nostre vite sono più importanti delle loro’, ha detto un ufficiale dell’IDF. Il dossier su tale pratica ha rivelato anche che l’alto Comando è a conoscenza della cosa”.
“La guerra a Gaza – continua Haaretz – è diventata una leva che sta trascinando lo Stato in abissi di abiezione finora sconosciuti. Il fatto che i vertici dell’IDF e altre agenzie di difesa siano responsabili di tali azioni, annoverate tra i peggiori crimini di guerra, rende la rivelazione ancora più significativa”.
Quindi, dopo aver accennato che l’uso degli scudi umani è, ovviamente, contro le Convenzioni di Ginevra, Haaretz prosegue denunciando che “tutto ciò non è sufficiente a scoraggiare gli ufficiali delle Forze di Difesa Israeliane, i quali (falsamente) hanno sostenuto di essere ‘l’esercito più morale del mondo’. Dopo un anno di guerra nella Striscia di Gaza, non possono più nemmeno provare a indossare il mantello di questa vuota pretesa senza che suoni come un’amara barzelletta”.
E conclude: “Persino un esercito che è ben lungi dall’essere ‘il più morale del mondo’ non può continuare a usare metodi di guerra così spregevoli”.