28 Ottobre 2022

Il Washington Post: urge creare una comunicazione stabile con Mosca

Putin al Valdai discussion club. Il Washington Post: urge creare una comunicazione stabile con Mosca
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“È tempo di discussioni urgenti su come evitare che questa terribile guerra diventi qualcosa di enormemente peggiore”. Così David Ignatius sul Washington Post, in un articolo in cui spiega che Biden dovrebbe prendere sul serio le aperture fatte da Putin nel discorso tenuto al Forum di Valdai (1).

L’urgenza di Ignatius è dettata dall’imprevedibilità della guerra, nella quale possono innestarsi variabili impazzite. La Casa Bianca, spiega, ha chiarito a Kiev che il suo sostegno è forte, ma non “illimitato”, tanto è vero che ha negato sia la no-fly zone che la fornitura di missili a lunga gittata.

L’allarme sulla “bomba sporca” ucraina

E questo anche perché Kiev “sembra disposta a correre rischi sempre maggiori”, che potrebbero dar vita a un’escalation, come dimostra l’attentato a Darja Dugina, figlia dell’ideologo del Cremlino Aleksandr, come accenna Ignatius, e altro.

E sembra che tale spinta si sia ripetuta nei giorni scorsi, quando Mosca ha allarmato sull’incombente uso di una bomba sporca da parte di Kiev. L’Occidente ha rigettato l’allarme, ritorcendo le accuse contro la Russia stessa. Una reazione che Ignatius sposa. E però…

Ecco però… Così scrive Ignatius, “è anche possibile che Putin ci credesse davvero e pensasse di avere prove”. Così, dopo aver ricevuto l’allarme, aggiunge il cronista, la Casa Bianca, “ragionevolmente, pur respingendo le accuse, si è mossa rapidamente per incoraggiare un’indagine da parte di Rafael Grossi, il capo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica delle Nazioni Unite”.

“Per facilitare il viaggio di Grossi in Ucraina, alti funzionari della Casa Bianca e del Dipartimento di Stato hanno chiamato le loro controparti ucraine. In 24 ore, l’amministrazione Biden ha creato un forum internazionale per disinnescare questa crisi (almeno momentaneamente) e affrontare la forte denuncia della Russia”.

Ovviamente Ignatius non poteva che affermare che l’allarme di Mosca era una boutade, se non peggio. Ma immaginare che al Pentagono abbiano mosso mari e monti solo in base a una boutade di Mosca è alquanto ingenuo. Evidentemente c’era qualcosa e quel qualcosa, per ora, è stato disinnescato.

E proprio questo allarme deve aver spinto Ignatius a scrivere il suo pezzo, nel quale, pur ribadendo che spetta a Kiev decidere del destino della guerra, urge l’America a stabilire contatti sottotraccia stabili con Mosca per evitare il ripetersi dei rischi.

Resta che stiamo fornendo armi a un regime folle, o meglio a un regime gestito da circoli internazionali consegnati alla follia, come dimostra la vicenda della “bomba sporca”. E continuare su questa strada non promette nulla di buono. Se il rischio di cui sopra è stato evitato, non è detto che potrà esserlo in futuro. E ripetere che spetta a Kiev decidere, quando la pace del mondo è così a rischio, è assurdo, per non dire altro.

La notizia inventata

Purtroppo non si intravede alcuno spiraglio positivo. Tutte le iniziative diplomatiche vengono soffocate. Come evidenzia anche quanto accaduto ieri, giorno in cui su stampa e Tv è rimbalzata la notizia che Biden avrebbe detto che “non ha alcuna intenzione di incontrare Putin al G – 20”.

Abbiamo cercato la provenienza di questa affermazione. Nel lancio Ansa si riporta solo che a riferirlo è stata la Casa Bianca, altrove viene specificato che sarebbe stata fatta durante la conferenza stampa tenuta ieri dall’addetta stampa della Casa Bianca Karine Jean-Pierre e dal portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale John Kirby.

Abbiamo letto e riletto il briefing pubblicato sul sito ufficiale della Casa Bianca, esplorato il testo con la funzione “cerca” (caricando nell’apposito spazio il testo riferito dai media internazionali e parte di esso) e… sorpresa: di tale dichiarazione non c’è traccia…

L’unica traccia trovata – che contiene parte del testo – si riferisce a Putin, nel punto in cui Kirby dice: “Putin non ha intenzione di sedersi presto al tavolo dei negoziati”.

Il punto è che è tale la paura del partito della guerra che i due possano incontrarsi da inventarsi notizie inesistenti, che i media internazionali subordinati rilanciano senza alcuna verifica.

Combattere la Russia all’ultimo sangue, ma ucraino

Ma perché inventarsi una simile dichiarazione? Perché ieri Putin, parlando al Forum Valdai, aveva accennato all’ipotesi che potesse recarsi al G – 20 di Bali. Certo, non aveva aggiunto che intendeva incontrare Biden, ma anche la mera ipotesi che accada deve essere esclusa.

E tale mera possibilità, nonostante tutte le forze di contrasto, era stata espressa chiaramente dal presidente Usa quando gli era stata posta la domanda: “Senti, non ho alcuna intenzione di incontrarlo [Putin]. Ma per esempio, se venisse da me al G20 e dicesse che voglio parlare del rilascio della Griner [cittadina Usa prigioniera in Russia], lo incontrerei. Voglio dire… dipende” (The Hill).

Al di là della possibilità di un tale incontro, ad oggi remota, restano i rischi collegati a questa guerra, che un contatto costante, sottotraccia, tra Stati Uniti e Russia, come da auspicio di Ignatius, non dissiperebbero.

L’idea di tenere aperta questa guerra per procura contro la Russia evitando i rischi di escalation resta estremamente pericolosa perché rimane esposta alle interferenze indebite degli ambiti che stanno manovrando nell’ombra per l’escalation. Tant’è.

Siamo entrati nel decennio più pericoloso dopo la fine della Seconda guerra mondiale, ha detto Putin al Forum citato. E così è, come sanno in tutte le Cancellerie del globo, che nulla fanno per spegnere l’incendio, anzi.

Ma in ballo non ci sono solo i rischi per il pianeta. C’è anche il costo che sta sopportando il popolo ucraino. All’inizio del conflitto, Blair aveva scritto: c’è una guerra in corso tra i Paesi anglosassoni, che guidano la nuova crociata contro Hitler reincarnato a Mosca, ma “i combattimenti saranno condotti dagli ucraini”, i quali “dicono che combatteranno fino all’ultima goccia di sangue”. Già, fino all’ultima goccia di sangue…

E così sta accadendo. Ma dubitiamo fortemente che gli ucraini siano tutti concordi sul punto. Il fatto è che ormai nessuno in Ucraina può dare voce a chi voce non ha, essendo stati chiusi tutti i media di opposizione, dichiarati decaduti tutti i partiti non di governo e, all’interno dello stesso governo, estromessi i vacillanti.

Tutto è rigidamente controllato e a dare voce all’Ucraina è solo la cerchia ristretta prossima a Zelensky, in mano ai circoli di cui sopra. E, sì, combatteranno fino all’ultima goccia di sangue, come chiede chi vuole che questa guerra per procura contro la Russia non finisca mai.

(1) Per una (forse voluta) coincidenza, l’articolo di Ignatius è stato pubblicato il 27 ottobre, giorno che precede un anniversario importante della crisi dei missili cubani del ’62, da tanti (tra cui lo stesso Ignatius) richiamata come esempio da seguire per sbloccare l’attuale. Infatti, il 28 ottobre Cruscev diede l’ordine di ritirare i missili da Cuba, primo passo concreto per la risoluzione della controversia.

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