19 Marzo 2018

Le elezioni russe, scontate ma non troppo

Le elezioni russe, scontate ma non troppo
Tempo di lettura: 3 minuti

Putin stravince le elezioni russe, com’era ovvio e come sottolineano tutti i media. Non aveva avversari. Ma il dato delle urne resta significativo: 76.6% (fonte Ansa). Un gradimento che nessun politico occidentale può sperare di ottenere.

Le elezioni russe: di affluenza e democrazia

Un articolo della Repubblica sottolinea che l’affluenza alle elezioni russe è stata bassa: 67.49% degli aventi diritto. Dato dal quale discenderebbe che l’obiettivo del plebiscito, inseguito da Putin, è stato raggiunto solo «a metà».

Un articolo del Washington Post, riporta i dati delle ultime elezioni americane: gli iscritti a votare sono stati l’80% del totale degli elettori. E di questi ha votato solo il 67%.

Numeri che indicano che la mezza vittoria di Putin è più consistente della piena vittoria di Trump.

Bizzarro che a contribuire al plebiscito siano stati gli antagonisti di Putin.

Le durissime critiche occidentali contro lo zar di questi ultimi giorni, conseguenza del caso Skripal (Piccolenote), hanno infatti contribuito non poco a far stringere i cittadini russi attorno al loro leader, percepito come un baluardo contro le ingerenze straniere. Miopia politica dell’Occidente appunto…

Altro motivo di critica da parte degli analisti sarebbe l’autoreferenzialità del sistema russo. Vero. Ma non è che altrove brilli fulgida la stella della democrazia.

Basti pensare a quanto accaduto alle ultime elezioni americane, quando gli oligarchi del partito democratico hanno fatto carte false per favorire la Clinton contro Sanders, contribuendo non poco alla sua esclusione dai giochi.

Non solo il partito democratico. Il candidato Trump aveva impostato tutto il suo programma di politica estera sul rilancio delle relazioni con la Russia e sulla necessità di porre fine alle guerre neocon.

Intenzione che avevano fatto premio sugli elettori, stanchi di presidenti usi a dilapidare i soldi degli americani per guerre irragionevoli, fonte di ricchezza per i pochi in danno dei molti.

Intenzioni represse col tempo: Trump, incalzato dagli ambiti che avrebbero voluto al suo posto la Clinton, ha dovuto innestare la retromarcia e adeguarsi ai loro diktat anti-russi e interventisti.

Insomma, se la Russia deve prendere lezioni di democrazia, non sembra in grado di dargliele questa America.

Le elezioni russe: di ricchezze e contrasti globali

Né convince la critica che indica nello zar un accumulatore delle ricchezze russe, che avrebbe consegnato ai suoi fidi. Non tanto perché non siano vere, quanto per il pulpito dal quale provengono.

Infatti, l’Occidente ha dato asilo a quegli oligarchi che sotto Eltsin hanno saccheggiato a man bassa la Russia, per poi portare proprio in Occidente, luogo sicuro per riciclare, il frutto delle loro rapine.

Lo ha ricordato il leader laburista Jeremy Corbyn, non un fan di Putin, in un articolo al quale rimandiamo (cliccare qui).

Ma al di là di queste considerazioni, resta il dato che le elezioni russe hanno dimostrato che Putin ha ancora saldamente in mano le leve del potere.

A far premio, più che la politica interna è stata quella estera, che ha visto lo zar riportare la Russia al rango di grande potenza.

Umiliati dall’era Eltsin, che ha fatto della Russia una Repubblica delle banane preda della mafia e dei profittatori più spietati, i cittadini russi hanno chiesto un riscatto. Che Putin ha saputo dare.

Resta che influenti ambiti occidentali non accettano il nuovo ruolo russo. Avendo quasi realizzato il “loro” Impero globale, non si rassegnano a vederlo insidiato da un semplice agente del Kgb che si è fatto presidente. Da qui le tante conflittualità internazionali.

Il Trump della campagna elettorale aveva provato a cambiare marcia e a immaginare un rapporto diverso con Mosca. Quel sogno, benché appannato, resta l’unica via per evitare incidenti di portata globale.

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