9 Febbraio 2017

"Irrevocabile"

"Irrevocabile"
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Dopo la Brexit e la vittoria di Trump la nuova battaglia sui destini della globalizzazione si gioca in Francia. Forse la battaglia finale. Tale il valore assunto dalle elezioni che si terranno tra aprile a maggio al di là delle Alpi.

 

Non si fronteggeranno, infatti, due schieramenti con visioni opposte circa i destini della République, ma il Front National, che vuole la Frexit, ovvero l’uscita di Parigi dall’Unione europea (che determinerebbe la fine definitiva della globalizzazione), e uno schieramento più o meno disomogeneo che comunque resta ancorato all’idea che la globalizzazione è sistema «irrevocabile».

 

Già, è stata proprio la parola «irrevocabile» quella usata dal Presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, riguardo il destino della moneta europea.

 

E, nella terminologia e nell’ideologia sottesa alla globalizzazione, l’euro coincide con l’eurozona, ovvero con l’Unione europea (anche se di tratta di cose diverse). L’Unione non può quindi essere revocata. Anche perché, insieme ad essa, finirebbe l’idea stessa di globalizzazione.

 

La determinazione di Draghi è rimbalzata sui giornali del mondo negli stessi giorni in cui Marine Le Pen dava ufficialmente inizio alla campagna elettorale, facendo garrire al vento la bandiera della Frexit. E, ovviamente, non è un caso.

 

Se è ancora presto per indovinare gli sviluppi della campagna, si può iniziare a fare qualche considerazione sulla natura dello scontro, che vede protagonista una forza fondamentalista che, come tale, ha al suo interno pulsioni estremamente pericolose.

 

No, il riferimento non è al Front National, che pure ha i suoi estremismi come tutti i movimenti rivoluzionari che attingono la loro forza dal consenso di massa (da qui l’accusa di populismo), ma alle Forze della globalizzazione che vi si oppongono.

 

«Irrevocabile», infatti, non è una parola causale: appartiene a un lessico fondamentalista e connota una determinazione che non concede spazi di trattativa o compromesso. La lotta che sottende, quindi, non è concepita come una conquista di spazi di libertà o di potere, ma come esistenziale (d’altronde tale è).

 

Non si tratta di attribuire a Mario Draghi chissà quali cadute morali, solo constatare che, al di là delle intenzioni del singolo, le Forze della globalizzazione sono per loro natura fondamentaliste.

 

Basta guardare il mondo che hanno modellato, meglio “formato” (e “informato”), in questi anni nei quali hanno acquisito il potere assoluto.

 

Dal punto di vista economico hanno attratto a sé tutta la ricchezza mondiale lasciando alla moltitudine briciole, e briciole precarie, se non povertà assoluta.

 

Un potere finanziario che ha annichilito la res publica riducendola a squallido teatrino, utile a occultare (parola non casuale) il vero Potere.

 

Se tale Potere concepisce se stesso come indiscutibile (irrevocabile, appunto), è inevitabile che si rapporti ai suoi avversari con l’unico mezzo che può immaginare: la Forza.

 

Da qui la permanente conflittualità e le guerre di questi decenni, che oltre a eliminare i nemici dichiarati della globalizzazione e a intimorire quelli non dichiarati, sono necessarie ad aprire nuove opportunità attraverso l’abbattimento delle barriere e la destabilizzazione permanente.

 

Anche il Terrore globale, che nasce e si nutre di questa destabilizzazione permanente, pur nel suo antagonismo, non fa altro che concorrere all’affermazione del Potere globalizzante. L’uno necessita l’altro, come un mostro a due teste.

 

Da qui anche l’impossibilità di sconfiggerlo. Anche il Terrore, insomma, è «irrevocabile», come d’altronde hanno spiegato in questi anni tutti gli analisti “globalizzanti” su tutti i media.

 

E però c’è stata la Brexit. E poi Trump. Il Potere globalizzante, certo di essere «irrevocabile», si è scoperto «revocabile».

 

Nei due Paesi anglosassoni ha perso per vari motivi, ma soprattutto perché, accecato dalla propria supposta onnipotenza,  non ha avuto la minima percezione delle forze che gli si opponevano (sul punto vedi anche nota precedente).

 

In Francia non ripeterà l’errore di sottovalutare l’avversario, benché la realtà politica transalpina e il meccanismo elettorale rendano praticamente impossibile la vittoria della Le Pen. Al ballottaggio le forze di opposizione al Front si sommeranno, sconfiggendola.

 

E però anche la Brexit e la vittoria di Trump erano date per impossibili.. Le Forze della globalizzazione non possono permettersi un’altra impossibile sconfitta. Perché sarebbe quella finale.

 

Certo, la sfida francese ha molte variabili (da seguire): le forze della globalizzazione potrebbero cercare un compromesso con altre forze. Ciò che non è avvenuto in America, quando la Clinton ha rifiutato ogni accordo con Sanders, che pur contestando la globalizzazione era portatore di istanze riformiste (e non rivoluzionarie come Trump).

 

Ma su queste e altre variabili torneremo. In questo articolo era importante mettere a tema il punto nodale dello scontro che si consumerà in Francia nei prossimi mesi. Uno scontro di portata globale, appunto.

 

Poche ore fa, presso la centrale nucleare di Flamanville è avvenuta un’esplosione che poteva causare danni ben più vasti di quelli registrati. Un incidente, ovvio, che però suona funesto presagio in questi giorni così nervosi per la République.

 

 

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