13 Dicembre 2013

Lucio Fontana, Ambiente spaziale, 1960

Lucio Fontana, Ambiente spaziale, 1960
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È semplice foglio di carta su cui vediamo tracciato un segno nero e una forma rossa al centro. Tutto con inchiostro di china, semplicemente contornato da una linea a biro blu con cui l’idea è stata all’inizio sbozzata. È un foglio di Lucio Fontana, realizzato nel 1960, sull’onda di quell’intuizione che tanto è stata importante per l’arte del secondo novecento. L’intuizione è quella dell’“arte spaziale”, in base alla quale l’opera poteva essere vista  come qualcosa che travalicava il perimetro di spazio che le era assegnato (la tela o la carta), perché il suo essere travalicava e, ad esempio, invadeva l’ambiente. Per questo  Fontana aveva iniziato a forare i suoi lavori (poi sarebbe passato ai celebri Tagli), proprio per indicare un continuare dell’opera anche aldilà della superficie. È una ricerca della terza dimensione che l’arte già con il barocco aveva tentato e che con Fontana arriva a una concettualizzazione nuova.

Ma più che fare teoria, è bene porsi davanti ad opere come queste e calibrare le emozioni con dei  ragionamenti. Il lavoro che vediamo, come detto, è del 1960, ed è una delle sorprese contenute nel recentissimo catalogo dell’opera di Fontana su Carta pubblicato a cura di Luca Massimo Barbero (Skira editore). Ho detto “sorpresa” e con questo termine ho già introdotto un elemento importante che Fontana suscita: magari non razionalizziamo il senso della sua opera, ma questa opera  ci sorprende, per la sua vitalità e freschezza. È un lavoro che esprime la gioia del disegnare e del creare forme. Ma nella sua elementarità ed istintività l’opera sembra anche disporsi per una possibile interpretazione: sembra di vedere un arco che chiude e protegge qualcosa di prezioso. L’oggetto rosso ha una forma vagamente geometrica, ma è poi il colore a definirlo. E questo rosso ha qualcosa di palpitante, di commosso, di fisico. È proprio sul rosso che Fontana ha poi operato i suoi buchi, come a dire che quella forma non è chiusa, non è definita da se stessa, ma è luogo dinamico, aperto nel dare nel ricevere.

Si sa che l’arte moderna spesso ha una potente carica di suggestione che permette di cogliervi cose magari non pensate dall’autore di turno. Ed è proprio in questa libertà lasciata all’interlocutore il fascino con cui l’arte moderna ci conquista: in un certo senso, siamo noi a completarla con il nostro sguardo e con le suggestioni che ci procura. Per tornare a Fontana, io in un’immagine come questa, così elementare, ma anche così cordiale, arrivo a vederci una metafora del Natale. È la grotta che custodisce quel mistero che ancora commuove il cuore degli uomini, e che si dispone ad accogliere le attese di tutti.

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