16 Aprile 2016

Al Sisi e le prime turbolenze d'Egitto

Al Sisi e le prime turbolenze d'Egitto
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«Per la prima volta da quando l’esercito ha deposto l’ex presidente Morsi ed è stato incoronato al suo posto l’allora ministro della Difesa Al Sisi, l’Egitto torna massicciamente in piazza intonando «Erhal» (vattene) e «Ash-shab yurid isqat an-nizam» (il popolo vuole la caduta del regime) […]».

 

«A trasformare in protesta di migliaia di persone la rabbia degli egiziani non è stata però la repressione fattasi via via più soffocante o il barbaro omicidio di Giulio Regeni, ma la cessione delle isole Tiran e Sanafir all’Arabia Saudita, una rivendicazione iper nazionalista cavalcata da quei nasseriani che pure tre anni fa avevano assicurato pieno sostegno a Al Sisi». Si tratta degli attivisti del movimento Tamarod, i quali, scendendo in piazza contro i Fratelli musulmani, portarono al Sisi al potere.

 

A riportare la notizia è Francesca Paci sulla Stampa del 16 aprile, in un articolo nel quale si accenna anche al fermento che agita i liberal protagonisti della rivoluzione di piazza Tharir e all’attendismo dei Fratelli musulmani, pronti a dare il loro contributo per abbattere il governo. La manifestazione ha registrato scontri e arresti. Conclude la Paci: «Il presidente sorride in tv ribadendo le proprie credenziali nazionaliste, ma per la prima volta in chi lo ascolta si è aperta una breccia reale».

 

Nota a margine. Sempre più difficile la posizione di Al Sisi. La contestazione che abbiamo riportato riguarda il recente accordo tra il presidente egiziano e il monarca saudita del quale ci siamo occupati in altra nota. Isole piccole ma strategiche quelle oggetto di controversia, sull’importanza delle quali si è soffermato anche Davide Frattini in un articolo scritto il 13 aprile per il Corriere della Sera, nel quale accennava alla possibilità che tali isole possano essere usate dalle milizie jihadiste come un canale di transito tra Arabia Saudita ed Egitto.

 

Prospettiva, spiegava ancora Frattini, che però non preoccuperebbe il governo israeliano, che in questo momento ha stretto «un’alleanza segreta» con la monarchia saudita in funzione anti-sciita, dal momento che considera Iran ed Hezbollah avversari più pericolosi dei movimenti jihadisti.

 

E però quelle isole si trovano proprio all’imbocco del porto di Eliat, l’unico sbocco sul Mar Rosso di Israele. A tale proposito, Frattini cita un articolo apparso su Haaretz, a firma di Amir Oren, il quale scrive: «Solo due guerre sono state ufficialmente dichiarate per garantire la libertà di movimento nel Golfo di Aqaba ma tutti e cinque i conflitti con l’Egitto sono stati combattuti per il Sinai e questo tratto di mare».

 

Insomma, tante sono le variabili del complicato rebus egiziano, che è solo un tassello del complesso mosaico mediorientale. E tante le spinte tese a profittare del momento di debolezza dell’attuale presidente. Non sappiamo se Al Sisi riuscirà a conservare a lungo il potere. E però le nubi che si stanno addensando sul Cairo annunciano un periodo di asimmetrica turbolenza.

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