17 Giugno 2021

Biden - Putin: barlumi di speranza

Biden - Putin: barlumi di speranza
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L’atteso incontro tra Putin e Biden è andato bene. Così sul Wp: “Date le basse aspettative […] Putin e Biden sono usciti dagli incontri con una piacevole sorpresa: progressi incrementali su una manciata di questioni”.

Così sul Nyt: “Nonostante i leader abbiano conservato le loro visioni del mondo nettamente divergenti, ci sono stati momenti nelle loro conferenze stampa separate in cui sono apparsi sorprendentemente in sincronia”.

Di accordi non raggiunti e trattative avviate

Molti pseudo-analisti hanno denunciato l’inanità del summit, stante la mancanza di accordi. Ma  era ovvio non si concludesse con i fuochi d’artificio. Aspettarsi che Biden e Putin si presentassero ai cronisti per firmare qualche trattato era, infatti, folle.

Gli accordi non si fanno in un vertice, che semmai serve a concluderli. Perché ciò avvenga servono lunghe trattative preparatorie tra le parti, come accadde ad esempio per i trattati sull’atomica siglati da Gorbacev e Reagan. E nulla era stato preparato per il vertice di Ginevra, sede peraltro di quel lontano summit (scelta presumibilmente proprio per richiamare tale fausto precedente).

Né ci si poteva aspettare che Putin uscisse dai colloqui annunciando la scarcerazione di Navalny o che Biden dichiarasse che l’America avrebbe riconosciuto Assad come legittimo presidente della Siria.

E nemmeno ci si poteva attendere accordi sulle armi nucleari o sulla sicurezza informatica – temi indicati come focus dei colloqui -, che appunto avrebbero dovuto essere preceduti da intense trattative, che invece sono state annunciate dai due presidenti, i quali hanno ovviamente rimandato a negoziati di più basso livello il compito di cercare soluzioni condivise.

L’incontro serviva ad altro: a evitare che l’attuale Guerra Fredda andasse fuori controllo e scatenasse una guerra globale. Obiettivo non da poco…

Da qui il comunicato congiunto: “Stati Uniti e Russia hanno dimostrato che, anche in periodi di tensione, sono capaci di compiere progressi sull’obiettivo condiviso di garantire prevedibilità in ambito strategico, riducendo il rischio di conflitti armati e la minaccia di una guerra nucleare”.

“La recente estensione del nuovo Trattato START esemplifica il nostro impegno per il controllo degli armamenti nucleari. Oggi riaffermiamo il principio che una guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai essere combattuta“.

Per gli Stranamore, a cui serve non escludere tale orizzonte per promuovere le loro folli strategie muscolari, è una mazzata (e forse per non urtare suscettibilità in tal senso il comunicato non stato pubblicato subito sul sito ufficiale della Casa Bianca, tanto che il Nyt rimanda al sito del Cremlino…).

Certo, l’incontro di Ginevra doveva pur dare un risultato concreto, anche minimo, da qui la trovata di tenere a casa i rispettivi ambasciatori, da tempo richiamati in patria dalle due super-potenze, per poter annunciare in questa occasione il loro ritorno nelle rispettive sedi, come simbolo di un ritrovato dialogo.

I temi riservati

Nelle conferenze stampa separate, nuova trovata dei circoli che promuovono il conflitto permanente per ribadire le asperità dei rapporti tra le due potenze, i due hanno parlato anche di scambi di prigionieri e di altre possibilità, evitando però di parlare di temi di certo meno banali che pure devono essere stati affrontati nel vertice.

A dare indizi in tal senso, la composizione delle due delegazioni, che per la Russia comprendeva “il vice capo dell’ufficio presidenziale russo Dmitry Kozak e l’inviato presidenziale speciale russo per la Siria Alexander Lavrentyev”, come scrive Itar Tass, che spiega la loro presenza come necessaria per “discutere di questioni regionali, in particolare Ucraina e Siria”.

Il fatto che l’Ucraina sia stata oggetto di colloqui è denotato anche dalla presenza, nella delegazione Usa, di Victoria Nuland, attuale sottosegretario di Stato per gli affari politici, resa celebre dal suo “fuk off Europe” durante la rivoluzione di Maidan.

Più che probabile che tali delicate questioni siano state affrontate in ambito riservato dai rispettivi ministri degli Esteri, presenti anch’essi a Ginevra e non certo come spettatori. Com’è ovvio che si sia parlato della questione delle risorse dell’Artico, che tanto interessa gli Stati Uniti, i quali sul tema hanno cercato un dialogo con i russi, molto avanti rispetto a essi.

E certo hanno parlato di Cina, convitato di pietra del vertice, preceduto, non a caso, da una dichiarazione congiunta Mosca – Pechino sulla indissolubilità dei loro rapporti. Washington sa che non può ledere tale alleanza, nondimeno può tentare di rendere la Russia non partecipe di alcune diatribe aperte con Pechino.

Di certo, comunque, si è parlato dell’accordo sul nucleare iraniano, che poi è il tema più delicato e importante del momento, che l’amministrazione Usa vorrebbe chiudere in fretta, nonostante le avversità.

Sul punto Biden ha un alleato in Putin, e forse è un caso o forse no, ma alla vigilia del summit il ministro degli Esteri della Svizzera, che ha ospitato il vertice e la cui ambasciata rappresenta gli Usa in Iran, ha annunciato che Washington incrementerà l’invio di aiuti umanitari a Teheran tramite il suo Paese (al Manar).

Vertice positivo, appunto, come evidenzia la risata di Putin a una battuta di Biden, catturata da un video, e il pollice all’insù di quest’ultimo al termine dell’incontro.

Cenni che rimandano alla conclusione del Nyt: “Lev Tolstoj una volta disse: ‘Non c’è felicità nella vita, ce ne sono solo barlumi’”, ha detto Putin. “Penso che in questa situazione non possa esserci nessun tipo di fiducia o familiarità. Ma penso che abbiamo intravisto dei barlumi”.

 

 

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