16 Aprile 2020

La breccia nel Muro di Berlino e il nuovo uomo forte

La breccia nel Muro di Berlino e il nuovo uomo forte
Tempo di lettura: 3 minuti

L’Unione europea, dopo tanto latitare, batte un colpo, per bocca della Commissaria Ursula von der Leyen, che ha recitato un quasi mea culpa sul passato, lanciando un appello per un sussulto di “coraggio” in ambito Ue e chiedendo quella solidarietà che, sebbene registrata tra i cittadini europei, non ha fatto breccia nelle élite dominanti.

Il nuovo Muro di Berlino

Non solo, la  von der Leyen ha riconosciuto che alcuni Paesi stanno soffrendo più di altri, da cui la necessità di una maggiore solidarietà verso questi ultimi. E sul sostegno necessario all’emergenza, pur elogiando quanto fatto finora, ha dichiarato che occorre “fare di più”.

Le sue parole arrivano nel giorno in cui la Merkel riapre parzialmente la Germania, e forse non a caso, dato che in questi giorni la Commissaria si è fatta portavoce degli interessi tedeschi.

Ed è possibile che l’idea che gli interessi teutonici, cioè la ripresa della loro economia, non possano esser raggiunti a detrimento degli altri Paesi Ue, che da un po’ circola in Germania (come dimostra l’intervento pasquale del presidente Karl Walter Steinmeyer), abbia guadagnato consensi tra le élite germaniche.

Una prospettiva nuova sembra aprirsi, che si potrebbe paragonare alla caduta del Muro di Berlino. Allora quel Muro divideva non solo la Germania, ma anche l’Europa dell’Est da quella dell’Ovest. Il Muro di Berlino attuale separa invece il Nord dal Sud, con divisione altrettanto ferrea.

Ma è presto per parlare della caduta del Muro, dato che alle parole devono seguire i fatti, e alimentare speranze è altro dal coltivare illusioni. Anche perché sulla tenuta dell’attuale Muro vigilano interessi altrettanto forti di quelli che allora vigilavano sul Muro che divideva l’Est dall’Ovest.

L’apertura della von der Leyen dovrà essere confermata il 23 aprile, quando si riunirà lo Stato Maggiore della Ue. In quella sede vedremo se i cordoni della borsa andranno ad allargarsi ulteriormente e soprattutto come verrà modulata tale apertura, dato che il “modo” è altrettanto importante, se non più importante, dell’allargamento stesso.

Gli eurocrati cui le élite della Finanza hanno affidato la gestione di Bruxelles sono maestri nell’arte dell’illusionismo e sanno dissimulare alla perfezione le loro trappole tra le pieghe degli esoterici regolamenti che accompagnano i finanziamenti che mettono a disposizione di quei Paesi che considerano alla stregua di meri questuanti.

Così il Mes, così il patto di stabilità e altre mene similari. Così tutto si giocherà in quel fatidico 23 aprile, una scadenza differita con tempistica criminale.

L’Italia dell’uomo forte

In quel giorno si giocherà anche il destino del governo italiano, incalzato da diverse parti, sia dall’interno sia dall’esterno. Un vero e proprio assedio che fa leva sugli errori fatti e asseriti e che può portare a un cambio di guardia.

Spodestare Conte è obiettivo dichiarato dei suoi oppositori politici, cosa che fa parte del legittimo gioco politico, ma soprattutto di alcune forza oscure che mirano a usare dell’emergenza per avocare sé il potere, e tutto il potere, italiano.

Questa, in estrema sintesi, la spinta per portare un “uomo forte” a Palazzo Chigi… D’altronde la tentazione dell’uomo forte non è nuova in Italia. Se si vuole, le macerie attuali hanno sì un’analogia con uno scenario post bellico, ma con rimando ambivalente.

Nel secondo Dopoguerra, le macerie spinsero le forze politiche, economiche e culturali italiane a unirsi nella Ricostruzione. E fu De Gasperi, ma anche Togliatti, come anche tutte le altre forze convergenti in questo sforzo unitario.

La tentazione dell’uomo forte fu evitata a priori, non solo perché quelle forze antagoniste, durante la guerra, conobbero momenti alti di convergenza, ma anche perché le rovine sulle quali ricostruire erano state causate dalle scelte dell’uomo forte precedente.

Quell’uomo forte che fu portato al potere sull’onda delle rovine causate dalla Grande Guerra precedente e della Depressione conseguente, scenario che, anche qui, è simile all’attuale.

Insomma, l’odierna crisi può avere due sbocchi, e solo due, al di là dei disegni e dei sogni, pur legittimi, dei singoli protagonisti e comprimari politici, del governo e dell’opposizione.

Se si vuole evitare il secondo esito, cioè un’Italia consegnata all’uomo forte, che governi in nome e per conto dell’occulto, occorrerebbe ricercare convergenze che oggi non sono nemmeno prospettate, stante certa miopia e i veti incrociati che stanno facendo il gioco del disegno suddetto.

Tale gioco va a incrociarsi, né potrebbe essere diversamente, con quanto si sta giocando a livello europeo. La rigidità di Bruxelles finora ha giocato in favore di un cambio di guardia in Italia, così da risultare benvenuta agli ambiti italiani che perseguono l’obiettivo suddetto.

Se l’Europa dimostrerà maggiore flessibilità la spinta per tale disegno perderebbe forza. Detto questo, non svaporerebbe affatto, dato che un momento tanto favorevole non si ripresenterà in un prossimo futuro.

Da qui la necessità di un cambio di passo, più convergente e costruttivo, e del governo e delle opposizioni, almeno di quanti guardano tale disegno con legittima diffidenza, fosse solo perché tale esito li farebbe sparire dalla carta geografica della politica italiana o li renderebbe inutili corifei del nuovo avanzato. Dei Renzi qualsiasi, per dare un’ìcastica e plastica idea.