10 Febbraio 2022

Crisi Ucraina: la guerra Usa al gas russo e all'Europa

GAS
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La missione di Macron in Russia e Ucraina non è servita a nulla, nonostante le pretese del presidente francese e le dichiarazioni successive su un’asserito beneficio riguardo la crisi ucraina. Né la recalcitrante Germania può far granché per attutire le tensioni: chiamato a rapporto a Washington, Olaf Sholz si è messo sull’attenti come un obbediente soldatino, anche se la sua Germania continua a essere recalcitrante rispetto alla crociata anti-russa chiamata da Washington.

Il punto è che l’Europa da tempo ha perso la sua pregressa autorità, tanto da non avere più alcun potere neanche sul proprio territorio quando si tratta di geopolitica alta, quella che decide il destino delle nazioni.

Non che abbia dopo Yalta abbia mai avuto piena libertà di manovra, dati i vincoli dell’accordo Urss – Usa, ma nel post dopoguerra ha goduto di ampi margini di libertà, che si sono progressivamente ridotti quando, nel corso delle guerre infinite, i Paesi europei hanno assecondato le folli pulsioni di controllo globale di Washington (ultima follia, il tragico allineamento sul regime-change siriano).

Ora, esauriti i margini di manovra, al massimo i Paesi del Vecchio Continente possono far sponda a una fazione americana più in sincronica ai propri interessi, ma nel caso ucraino non ha alcuna chanche, perché la Russia vuol trattare con il padrone non con i burattini.

Ciò perché è in gioco la sua sfera esistenziale, perché come tale è percepita lo spazio a ridosso dei suoi confini (come ha scritto Pat Buchanan, politico statunitense di certo rilievo, la Russia sta mettendo in atto una propria dottrina Monroe, sul modello di quella americana).

Ha avuto molto più peso, nell’attutire le tensioni internazionali, l’intervento di Matt Lee alla conferenza stampa del povero Ned Price, il portavoce del Dipartimento di Stato americano, letteralmente fatto a pezzi dalle domande del cronista dell’Associated Press (ancora esiste il giornalismo…).

(VIDEO NON PIU’ DISPONIBILE)

Nella conferenza, il povero Price aveva dichiarato che l’intelligence Usa aveva prove che la Russia stesse pensando di creare un’operazione false flag con un filmato nel quale sarebbero stati utilizzati anche “attori di crisi” per simulare un attacco ucraino contro il Donbass.

Il povero Price non si sarebbe mai immaginato che un cronista, e un cronista di lungo corso come Lee, per di più in forza all’Associated Press (la più autorevole agenzia di stampa americana), gli chiedesse di vedere le prove delle sue affermazioni, così ha provato a barcamenarsi spiegando che le prove erano le sue stesse dichiarazioni.

Irriso sul punto, il povero Price ha provato a metterla sul format, magari non gradito al suo interlocutore ha ipotizzato, il quale invece gli ha replicato che non era questione di format, ma di contenuto, e il contenuto non potevano essere le sue affermazioni. Uno scambio di battute tutto da vedere, al quale rimandiamo, molto più istruttivo di tanti articoli.

Sulla crisi ucraina, dunque, poche nuove, se non che anche il ministro degli Esteri britannico si è recato in Russia, nel tentativo di ritagliarsi uno spazio di manovra tra Germania e Francia, con evidente nocumento dei tentativi diplomatici altrui, dal momento che i russi si trovano a parlare con interlocutori diversi, che sanno bene di non contare nulla sulle possibilità di guerra e pace, ma cercano di arraffare qualcosa per sé stessi usando del braccio di ferro tra potenze.

Di interesse che anche Dagospia, spesso voce dello Stato profondo italiano (che per quanto diluito, infiltrato e spappolato ancora esiste), ha pubblicato un articolo nel quale finalmente si dice che la tensione ucraina serve solo a Biden per creare un pericolo esterno e sviare così l’attenzione dell’opinione pubblica dai fallimenti della sua amministrazione in vista delle elezioni di midterm di novembre, nel quale i democratici rischiano la debacle.

Riportiamo da Dagospia: “Così Biden, anche sparando parolacce da coattello ai giornalisti, per raccattare voti deve apparire all’elettorato americano come il Rambo che combatte la Russia e l’inflazione. Non a caso ha messo in moto la Cia per diffondere cazzate-news, e lo fa attraverso l’autorevole ‘New York Times’’, del tipo: Putin ha schierato al confine orientale ucraino il 70 per cento delle sue forze armate, che potrebbe prendere Kiev in massimo 72 ore, che l’invasione provocherebbe fino a 50 mila morti civili e 5 milioni di profughi. E tra i due litiganti chi ci lascia le penne è l’Europa, a partire dall’Italia…”.

Questa crisi, infatti, si è innescata con una tempistica niente affatto causale, cioè  a conclusione dei lavori del North Stream 2, che gli Stati Uniti hanno avversato per anni.

Il braccio di ferro ucraino ha bloccato, forse per sempre, il gasdotto che univa la Russia alla Germania, cioè all’Europea, mandando in tilt la fornitura di energia del Vecchio Continente e innescando un forte rincaro dei prezzi di tutte le merci, perché il costo dell’energia si ripercuote su tutta la produzione, su tutti i prodotti, su tutti gli scambi e su tutti i consumi. Vedremo.

 

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