Gaza, doppio intervento Usa: aiuti e armi nello stesso giorno

Nella sola giornata di martedì 27 maggio, gli Stati Uniti hanno fornito due tipologie di aiuti: quelli umanitari, per cercare di arginare la fame a Gaza; e quelli militari a Israele, per continuare deliberatamente la pulizia etnica in corso nella Striscia. Un tempismo curioso, oltre che crudele, che ben rappresenta la dinamica del genocidio in atto contro il popolo palestinese.
Con quest’ultimo carico, gli Usa hanno consegnato a Israele un totale di 90.000 tonnellate di bombe, armi e altre attrezzature militari dal 7 ottobre 2023. Molto meno consistenti, invece, sono stati gli aiuti umanitari destinati ai palestinesi, che da 19 mesi cercano di sopravvivere alla furia israeliana e alla fame ormai dilagante, dopo tre mesi di blocco totale imposto da Tel Aviv.
Del resto, il premier Benjamin Netanyahu lo aveva dichiarato senza mezzi termini: “Dobbiamo concedere l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza per non perdere il sostegno internazionale, senza il quale non potremmo proseguire la nostra missione” — missione che, per inciso, consisterebbe nella pulizia etnica della Striscia. Detto fatto: il blocco è stato parzialmente revocato e l’ottocentesimo aereo statunitense carico di armi e veicoli blindati è atterrato.
Tutti gli “aiuti” militari statunitensi
Dall’inizio del massacro, oltre 100mila tonnellate di esplosivi sono state sganciate a Gaza – una quantità che supera di gran lunga i bombardamenti combinati su Dresda e Amburgo durante la Seconda guerra mondiale, che totalizzarono circa 32.300 tonnellate.
Negli ultimi 19 mesi, il governo degli Stati Uniti ha approvato quasi 30 miliardi di dollari in vendite di armi a Israele, tra cui 7,4 miliardi in missili e bombe a febbraio e un pacchetto “di emergenza” – ça va sans dire – da 3 miliardi a marzo.
Secondo un rapporto pubblicato lo scorso anno dal progetto Costs of War della Brown University, Washington ha speso almeno 22,76 miliardi tra il 7 ottobre 2023 e il 30 settembre 2024 per sostenere il genocidio israeliano dei palestinesi a Gaza.
In fila per gli aiuti come bestiame in corsie metalliche
E mentre l’utilizzo delle bombe è un fatto tragicamente assodato, la distribuzione degli aiuti umanitari desta non poche perplessità. L’obiettivo di tali aiuti non sarebbe quello di sfamare la popolazione palestinese, come dimostra la congiunta consegna di attrezzature militari, quanto quello di ammassare due milioni di persone nella zona meridionale della Striscia al fine di occuparla militarmente dal corridoio di Moran. I centri di distribuzione, infatti, sono quattro, di cui tre nel solo Sud dell’enclave – tra Rafah e Khan Younis. L’unico più a Nord si trova all’altezza del corridoio di Netzarim.
Eloquenti, a tal proposito, le foto del centro di distribuzione di Tal as-Sultan, che mostrano esseri umani disperati visibilmente consumati dalla fame e dalla guerra implacabile, rinchiusi in corsie di metallo come bestiame.
Per Netanyahu nessun palestinese è denutrito
Oltre 90 giorni di fame imposta, decine di morti per denutrizione accertati dalle Nazioni Unite e numerosi appelli — tra cui quelli del World Food Programme — non sono bastati a Benjamin Netanyahu, che ha sostenuto come nessuno dei palestinesi in fila per ricevere aiuti umanitari fosse deperito. Riportiamo la sua dichiarazione letterale: “Migliaia e migliaia di prigionieri che si tolgono la camicia, e non ne vedi uno, nemmeno uno, emaciato dall’inizio della guerra ad oggi.”
Parole talmente mendaci che non occorre commentare. E che sono state seccamente smentite dal New York Times che titola, non certo a caso, un reportage da Gaza in questo modo: “Nei bambini emaciati, la fame di Gaza viene messa a nudo”.
Martedì 27 maggio, migliaia di persone — tra cui molti bambini — confinate in corsie metalliche in attesa di una scatoletta di cibo, hanno iniziato a spingersi in avanti per la disperazione. Gli appaltatori della sicurezza privata – impiegati da un’agenzia sostenuta dagli Usa – hanno aperto il fuoco, e la consegna degli aiuti è stata interrotta.