Trump, Putin e papa Leone XIV: telefonate incrociate

L’intreccio di telefonate intercorso ieri rende particolarmente significativa la giornata. Prima la conversazione telefonica tra Putin e papa Leone XIV, poi quella tra Putin e Trump. Diversi i temi trattati, ma un filo le collega: smorzare le tensioni crescenti nel mondo, che domenica, con l’attacco ucraino ai bombardieri strategici di Mosca, ha registrato l’ennesima violazione di quelle linee rosse che separano i conflitti convenzionali dall’Armageddon nucleare.
Trump e l’allarme nucleare
Un allarme lanciato chiaro e forte dall’inviato Usa per l’Ucraina Keith Kellog in un’intervista a Fox news: “I livelli di rischio stanno salendo vertiginosamente, intendo dire quello che è successo questo fine settimana. La gente deve capire, nell’ambito della sicurezza nazionale: quando si attacca la parte del sistema di sopravvivenza nazionale di un avversario, ovvero la sua triade, la triade nucleare, significa che il livello di rischio aumenta”.
Per questo Trump ha chiamato Putin: per fugare ogni possibile dubbio, messo in circolo ad arte, sul fatto di aver autorizzato la follia di Kiev, ribadendo di persona la smentita della Casa Bianca. E per rassicurarlo che, nonostante le sue intemerate degli ultimi giorni – “Putin è impazzito” – e che, secondo i media, sarebbe pronto a emanare sanzioni durissime contro i Paesi che commerciano con Mosca, la sua posizione sul conflitto non è cambiata.
Al di là di altre considerazioni, Putin e Trump stanno entrambi frenando la corsa alla guerra nucleare, come dimostrano sia l’impegno limitato dei russi nel conflitto – se avessero voluto, dell’Ucraina non sarebbe rimasta pietra su pietra da tempo – sia quanto riportato dal New York Times: Trump “ha detto più volte ai suoi collaboratori che Zelensky è ‘cattivo’ e sta trascinando il mondo sull’orlo di una guerra nucleare”.
Quest’ultima non è una prospettiva aleatoria, se si considera anche che Zelensky più volte ha affermato che il suo Paese dovrebbe essere dotato di armi nucleari. Affermazioni che hanno preso nuovo slancio con il dibattito creato in Ucraina dalla nefasta intervista del colonnello britannico Richard Kemp, il quale ha invitato il suo Paese ad aiutare Kiev a dotarsi dell’atomica (suggerimento che va interpretato come un invito a mandare segretamente a Kiev alcune delle testate nucleari del Regno Unito).
La pazienza di Trump sta finendo
Tale la follia che la telefonata di Trump a Putin ha rintuzzato, almeno per ora. Iniziativa ancora più significativa se si considera che il giorno precedente una delegazione ucraina di alto livello, guidata dal potente Andriy Yermak (capo dello staff di Zelensky) era sbarcata negli Stati Uniti per stringere sugli Stati Uniti. Telefonando a Putin, Trump ha vanificato la visita.
Peraltro, la diserzione del Capo del Pentagono Pete Hegseth al summit dei sostenitori di Kiev a Ramstein, la prima volta che accade, conferma in maniera plastica le affermazioni dell’ambasciatore Usa in Turchia, secondo le quali “Trump sta perdendo la pazienza” sul tira e molla dei negoziati.
Nella conversazione telefonica anche la richiesta a Putin di intervenire nelle trattative sul nucleare iraniano per convincere Teheran ad addivenire a un accordo con gli Usa. Trump ha sottolineato l’urgenza di siglare l’intesa, dovuta certo alla necessità di ostentare un successo in politica estera, ma soprattutto perché sa che l’allungamento dei tempi gli rende sempre più difficile far fronte alle pressioni interne ed esterne per sferrare un attacco.
Nel report del Cremlino anche questo: “È stato affrontato anche il tema del Medio Oriente e del conflitto armato tra India e Pakistan, fermato grazie all’intervento personale del presidente Trump” (purtroppo, per quanto riguarda il Medio oriente, Trump non riesce a sfilarsi dalla stretta dei fautori del genocidio di Gaza; nonostante anche un media come Jewishinsider, di stretta osservanza israeliana, scriva che spinga “continuamente per un cessate il fuoco tra Israele e Hamas”, ieri gli Usa hanno votato contro l’ennesima risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu sul cessate il fuoco a Gaza).
Ma forse gli aspetti più significativi del dialogo con Putin sono che Trump ha comunicato che il Cremlino reagirà agli attacchi contro i suoi aeroporti, cosa annunciata dai russi che in tal modo egli ribadisce come una sorta di placet, e che la guerra ucraina non finirà in fretta, modulando in maniera più realistica la sua spinta verso la pacificazione.
Il Papa e lo zar
Di grande interesse anche la conversazione telefonica tra Putin e il Papa, con la quale il primo ha voluto fugare le fole circolate sui media sul fatto che i negoziati sul conflitto ucraino non si siano spostati da Istanbul al Vaticano.
Si era detto che Putin aveva rigettato tale opzione, avanzata da Trump in combinato disposto con la Santa Sede, perché Putin considera il Papa un antagonista, avendo questi condannato l’invasione russa e perché americano, sia perché lo zar, e soprattutto il Patriarcato di Mosca, non vogliono dare alla Chiesa cattolica un ruolo che gli darebbe lustro.
Una narrativa che tendeva a evidenziare sia il contrasto tra Putin e il nuovo Papa, che sarebbe più assertivo di Francesco nei riguardi di Mosca, sia un distacco tra i “due polmoni della Chiesa” (come da definizione di San Giovanni Paolo II).
La telefonata, se certo non palesa un rapporto privilegiato con Putin, ha comunque spazzato via certe narrative semplicistiche e gli auguri del Patriarca Kirill di Mosca al nuovo Papa trasmessi dallo zar evidenziano che i rapporti tra Chiesa Ortodossa e Chiesa cattolica continuano sui binari consolidati, come dimostra, peraltro, l’elogio, si potrebbe dire sperticato, delle Chiese orientali fatto da Papa Leone XIV nel corso di un incontro giubilare.
I due hanno parlato del conflitto ucraino, delle sue tante criticità e dei modi con cui cercare di venirne fuori, ma ciò appartiene alla cronaca. Quel che invece appartiene alla Storia è che il Papa ha dialogato con un leader politico che quasi tutti i media e politici mainstream dipingono come l’incarnazione del diavolo, dimostrando come la grazia della fede possa conferire libertà, intelligenza e umile coraggio.
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