Gaza: l'accordo attuale era stato rigettato da Biden

Tanti i dettagli in sospeso nell’accordo tra Hamas e Israel, ma secondo Gershon Baskin, che ha svolto un ruolo cruciale nelle trattative, reggerà: “L’accordo”, scrive su Timesofisrael, “è una dichiarazione di fine guerra, non un cessate il fuoco temporaneo”.
Si spera che abbia ragione perché non rassicurano le dichiarazioni di Netanyahu, che domenica ha lasciato intendere che la “campagna militare” continua. Dichiarazioni sulle quali è stato interpellato Trump al suo arrivo in Israele, dov’è atterrato per prendersi la gloria del caso per poi spostarsi a Sharm el-Sheikh per firmare la pace alla presenza dei leader arabi che hanno favorito tale sviluppo. Richiesto il suo commento sulle parole di Netanyahu, ha risposto tranchant: “La guerra è finita. È finita. Okay? Lo capisci?”
Di grande interesse quanto scrive Baskin sulle trattative, perché svela il doppiogioco dell’amministrazione Biden, apparentemente meno schiacciata di Trump sul sogno genocidario di Netanyahu, invece…
“Questo accordo” scrive, “poteva essere raggiunto molto tempo fa. Hamas accettò le stesse condizioni nel settembre 2024, come delineato nel Three Weeks Deal che avevo ricevuto sia in forma scritta che orale, in arabo e inglese. Ma a quel punto, i negoziatori israeliani risposero che ‘il Primo Ministro non era d’accordo a chiuedere la guerra’. Sebbene la proposta del Three Week Deal fosse giunta sulla scrivania del presidente Biden, il suo responsabile, Bret McGurk, si rifiutò di discostarsi dal pessimo accordo che stava negoziando” [diverso da quello accettato da Hamas ndr.].
“Ho incontrato i membri del team negoziale americano nell’ottobre 2024 ed erano frustrati quanto me per la loro incapacità di convincere Biden e i suoi uomini a considerare seriamente l’accordo sul tavolo. I qatarioti mi invitarono a Doha nell’ottobre 2024 e gli feci vedere l’accordo accettato da Hamas, di cui erano a conoscenza, ma mi dissero che se l’America non accettava il piano non si poteva fare niente, perché l’ostacolo era Israele, non Hamas. Ricevetti lo stesso messaggio dall’intelligence egiziana: Hamas era pronta a un accordo per liberare tutti gli ostaggi, non governare più Gaza e porre fine alla guerra, ma Israele non era disposto a procedere”.
“Il 26 dicembre 2024, incontrai Ronen Bar nella sede centrale dello Shin Bet. In quell’incontro, tre settimane prima dell’ingresso di Trump alla Casa Bianca, mi fu chiesto di abbandonare i miei canali segreti perché ‘tra tre settimane ci sarebbe stato un accordo sul cessate il fuoco’. Trump aveva detto a Netanyahu che voleva un cessate il fuoco prima di entrare alla Casa Bianca e Ronen Bar sapeva che ci sarebbe stato, e così è avvenuto il 19 gennaio 2025”.
“[…] Da quel momento, dal 26 dicembre 2024, mi è stato chiaro che la fine della guerra era rimandata a quando il presidente Trump avesse deciso che doveva finire. Da quel momento, ho profuso tutto il mio impegno per comunicare con Steve Witkoff e trovare un modo per creare un canale segreto tra gli americani e Hamas, conscio che le trattative dovessero escludere Israele”.
Baskin riuscì a conttatare Witkoff e a stabilire un rapporto, quindi, “l’8 settembre 2025, Hamas ricevette dal Primo ministro del Qatar la proposta americana che Baskin aveva contribuito a redigere con i negoziatori di Hamas: “Ero al telefono con gli americani mentre i qatarioti presentavano ad Hamas la proposta americana definitiva […]. Gli americani mi dissero che che il 9 settembre Hamas avrebbe esaminato la proposta e provveduto a ottenere chiarimenti da essi per tramite mio e dei qatarioti su questioni come le linee del ritiro israeliano e sulle garanzie che la guerra non sarebbe ripresa dopo la liberazione di tutti gli ostaggi”. Ma poi Israele bombardò il Qatar e le trattative naufragarono.
“Il 10 settembre uno dei negoziatori di Hamas mi contattò e per dirmi che l’intera leadership era sopravvissuta all’attacco e che i qatarioti avevano dato loro istruzioni di non uscire e di non usare i telefoni. Hamas era convinta che l’attacco non sarebbe potuto avvenire senza il consenso di Trump. Nonostante le smentite americane, Hamas non credeva più che Trump e gli americani fossero in buona fede. Le garanzie americane non erano più rilevanti. Gli americani mi chiesero di comunicare alla leadership di Hamas che non avevano nulla a che fare con l’attacco e che gli Stati Uniti e il presidente Trump erano ancora impegnati a raggiungere un accordo”.
“Hamas, però, mi comunicò che non avevano fiducia negli americani perché Israele non avrebbe potuto attaccare Doha senza il loro consenso. Il 10 settembre alle 1:22 Witkoff mi inviò il seguente messaggio: ‘Non abbiamo nulla a che fare con questo. Loro (gli israeliani) si sono scusati con noi. La loro dichiarazione lo conferma. E il post del Presidente su Truth Social lo attesta’”.
Dopo l’attacco, continua Baskin, Hamas era “paralizzata”, ma il filo dei colloqui è stato faticosamente riannodato, così “il 19 settembre, in tarda serata, Witkoff mi ha chiamato e mi ha detto: ‘Abbiamo un piano’. Nel corso di una lunga conversazione sostenni quel piano avanzando alcuni suggerimenti su come coinvolgere Hamas. Mi è stato chiesto di convincere la leadership di Hamas che Trump faceva sul serio e voleva che la guerra finisse. Negli ultimi mesi, sono stato in contatto con otto membri della leadership di Hamas che si trovava fuori da Gaza […] Non ho dato suggerimenti agli israeliani perché, per oltre un anno, ho creduto che se il presidente Trump avesse deciso che la guerra doveva finire, avrebbe costretto Netanyahu a sottoscrivere l’accordo. E così è stato”.
In realtà, immaginare che Trump possa imporsi su Netanyahu è un po’ semplicistico. Alcuni fattori, in particolare l’attacco al Qatar, che rischiava di alienare i Paesi arabi dagli Usa, e l’omicidio di Charlie Kirk, che ha posto criticità tra Israele e movimento Maga, hanno creato le condizioni per cui Trump ha potuto costringere il riluttante alleato a cedere. Almeno per ora.
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