5 Novembre 2018

La Grande Guerra e la fine di Roma

La Grande Guerra e la fine di Roma
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Il 4 novembre ricorreva il centenario della fine, per l’Italia, della Grande Guerra. Ovvero dell’entrata in vigore dell’armistizio firmato a Villa Giusti, a Padova, il 3 novembre del 1918, che anticipò di alcuni giorni la fine ufficiale della Prima guerra mondiale (11 novembre).

La Grande Guerra e il Terrore

Nessuno voleva la guerra, ma forte era la spinta di alcuni ambiti internazionali per un conflitto globale che rimescolasse la geopolitica mondiale.

Circoli che ebbero gioco facile dopo l’attentato di Sarajevo, nel quale fu ucciso  l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono dell’Austria-Ungheria.

Anche allora, come spesso oggi, le porte di Giano furono aperte dal Terrore, divenuto così marchio di fabbrica del cosiddetto secolo breve.

L’Europa, “travolta da una follia universale”, inizia così la sua corsa verso “l’abisso”, come ebbe a scrivere Benedetto XV nella nota lettera sull'”inutile strage“.

La Grande Guerra e Roma

In realtà essa fu utile ai pochi. E ridisegnò il mondo. Storia nota, ma c’è un particolare poco noto, che forse è utile evidenziare.

La Grande Guerra pose fine all’impero austro-ungarico, che era “pur sempre l’erede del sacro romano impero”, come da definizione del filosofo Augusto del Noce.

Peraltro l’imperatore tedesco e quello austriaco avevano il titolo di Kaiser. Kaiser, da Caesar. Così quel conflitto pose fine all’ultima eredità di Roma in Occidente.

Non solo l’Occidente. La Grande guerra ebbe come appendice la fine dell’Impero russo, travolto dalla rivoluzione del ’17. Finiva l’era degli zar, anche qui traduzione russa del titolo Caesar (K’zar).

Infine, la guerra accelerò il disfacimento dell’Impero Ottomano, alleato degli Imperi centrali. Il Sultano di Istanbul, dopo la conquista di Costantinopoli da parte di Maometto II, aveva preso anche il titolo di Imperatore dei romani (Qayser da Caesar).

La fine di Roma: evocazioni suggestive

Insomma, la Grande Guerra pose fine all’eredità, variegata e residuale, di Roma nel mondo (il Terzo Reich aveva tutt’altra natura, come dai suoi richiami mitici ed esoterici).

Un particolare suggestivo, quello della fine di Roma, che può dar vita a ulteriori suggestioni.

Come ad esempio quella risultante dall’identificazione, in ambito cristiano, dell’Impero romano con il katéchon, ovvero l’entità che “trattiene” e frena l’anticristo (30Giorni).

Così che la fine di Roma potrebbe coincidere con lo scatenamento della perversione satanista nel mondo, del quale il nazismo sarebbe una delle manifestazioni apicali…  suggestioni, appunto.

Eppure quella eredità perduta non è stata affatto dimenticata dalla storia, ché tanti hanno immaginato improbabili e impossibili paragoni tra certo imperialismo moderno (quello Usa ad esempio) e quello romano.

La terza Roma

Ma da poco, in termini storici, è sortito un altro impero, quello russo, che con Vladimir Putin cerca di richiamarsi a quell’antico modello, almeno nella sua variante zarista, in maniera più precipua.

Tanti i richiami di Putin a tale eredità. Significativa in tal senso anche la rivalutazione dell’antica capitale imperiale, San Pietroburgo, dove il vecchio Palazzo di Costantino è stato eletto a sede presidenziale e ospita i più alti incontri del presidente.

Non è un caso che al momento dalla scissione della Chiesa ucraina dall’Ortodossia russa (per un ri-orientamento verso Costantinopoli), il presidente ucraino Petro Poroshenko abbia salutato l’evento esclamando: “Questa è la caduta della Terza Roma“.

Lo zar russo, come spesso è definito non a caso Putin, sembra dunque voler riproporre nel mondo un modello che la Grande Guerra sembrava aver spazzato via per sempre dalla storia.

Una suggestione anche questa, che però, come da cenno di Poroshenko, ha certa valenza simbolica in ambito internazionale.

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