5 Dicembre 2025

I dilemmi di Zelensky, l'affanno dei "volenterosi"... e Putin va in India

di Davide Malacaria
I dilemmi di Zelensky, l'affanno dei "volenterosi"... e Putin va in India
Tempo di lettura: 4 minuti

Tutto tace sui negoziati Usa – Russia, ma è ovvio che quanto concordato nell’incontro tra Putin e il duo Witkoff – Kushner si sta elaborando sottotraccia. Ieri, infatti, l’incontro tra Witkoff e Umerov a Miami, nel quale l’inviato statunitense avrà riferito al Consigliere per la Sicurezza nazionale ucraino le nuove.

Quanto all’inchiesta sulla corruzione della leadership ucraina, tutto tace. Di interesse quanto riferisce Strana: il potente Yermak, il capo staff di Zelensky, pur costretto alle dimissioni, non ha ricevuto nessun avviso di garanzia. E, come lui neanche gli ex ministri dell’Energia e della Giustizia, anch’essi finiti nel mirino degli inquirenti e dimissionari.

A week since the searches at Yermak's. What has become clear

Tutto ciò, annota Strana, “è un’ulteriore prova del fatto che l’obiettivo primario” delle iniziative degli organi inquirenti “non è quello di denunciare i sistemi di corruzione e punire i responsabili, ma piuttosto di costringere Zelensky a prendere determinate decisioni”.

Così, se la loro attività dovessero riprendere e il nome di Yermak dovesse tornare nuovamente in auge “significherebbe solo che sarebbero sorti nuovi interrogativi sul conto di Zelensky”. Insomma, è più che probabile che a tirare le fila dell’inchiesta siano gli oppositori del presidente in combinato disposto con gli Usa.

Questa situazione lascia a Zelensky, che ha già dovuto rinunciare “al solutore di problemi” Yermak, poco spazio di manovra sui negoziati, come poco spazio di manovra, a livello politico, hanno i “volenterosi europei”. Infatti, il loro tentativo di sabotarli appare meno efficace dei precedenti.

Certo, possono spingere sulle provocazioni di natura militare, come ad esempio aiutare Kiev ad affondare navi che trasportano petrolio russo, ma a livello politico sono ai margini. E ciò non solo per la netta presa di posizione contro le ingerenze europee dell’amministrazione Usa, ma anche perché i leader europei sono ricattabili alla stregua degli ucraini.

Infatti, erano pienamente coscienti della corruttela dilagante a Kiev, e da anni, come ha accertato la recente inchiesta del New York Times. Una corruzione “criticata in privato”, ma “tollerata” in nome della difesa dell’Ucraina.

Zelensky’s Government Sabotaged Oversight, Allowing Corruption to Fester

Al di là della domanda, niente affatto fuori luogo, se tale corruttela ricomprendesse anche funzionari, imprenditori e politici occidentali, resta la constatazione che i leader occidentali hanno inviato centinaia di miliardi a una classe politica che, invece di comprare armi, medicine e quanto altro per i suoi soldati o costruire infrastrutture difensive, ordinavano water in oro massiccio.

Tollerando l’immane corruttela della leadership ucraina, cioè, condannavano a morte quei soldati di cui esaltavano la resilienza e di cui piangevano il destino. Non è tolleranza, è un crimine.

Accoglievano Zelensky nelle capitali europee ben sapendo che tale corruzione discendeva dalle sue decisioni: sempre il NYT, infatti, ha rilevato che la richiesta dei donatori occidentali di istituire degli organi di sorveglianza sui finanziamenti è stata vanificata.

“L’amministrazione del presidente Volodymyr Zelensky – scrive il NYT – ha riempito i consigli di amministrazione di fedelissimi, ha lasciato posti vuoti o ne ha bloccato la costituzione. I leader di Kiev hanno persino riscritto gli statuti delle aziende per limitare la supervisione, mantenendo il controllo del governo e consentendo di spendere centinaia di milioni di dollari senza che potessero curiosare occhi estranei”.

Bizzarro che quando altri in passato denunciavano questi crimini venissero additati come filo-putiniani dallo stesso media, ma ciò fa parte del gioco al massacro di questi anni, non ancora finito. Infatti, c’è da chiedersi perché il NYT abbia pubblicato un articolo tanto devastante per Zelensky, prima esaltato come eroe.

Domanda che corre in parallelo al perché gli inquirenti non forzino la mano sul presidente, costringendolo alle dimissioni. Una domanda che ne produce un’altra: e se il successore di Zelenky fosse peggiore di lui?

Da cui la cautela e la delicatezza del momento. I “volenterosi” non si rassegnano, da qui il pressing sul Belgio per usare gli asset russi congelati nelle sue banche all’inizio del conflitto per sostituire i flussi finanziari per l’Ucraina interrotti da Washington.

Finora il Belgio ha tenuto duro contro un’iniziativa tanto dirompente, che non solo rischia di innescare una risposta analoga in Russia, ma anche di stornare dall’Europa i flussi finanziari di Paesi extra-europei che potrebbero reputare non più affidabili le banche europee. Il sequestro dei beni russi, infatti, pone un precedente. Secondo Bloomberg, l’America sta contrastando tale iniziativa, rafforzando la resistenza del Belgio.

Mentre l’Europa si dibatte nell’insignificanza alla quale è stata condannata dall’ostinata cecità della sua leadership, la Russia, che Bruxelles si era illusa di incenerire con la guerra per procura fino all’ultimo ucraino, continua a tessere la sua tela nell’agone globale. Così il trionfale viaggio di Putin in India, preceduto dalla visita del ministro degli Esteri cinese Wang Yi in Russia per il “20º round di consultazioni sino-russe sulla sicurezza strategica“.

Il tour di Putin non ha solo vanificato la narrazione pregressa dei media mainstream – tanto insistita quanto fuori dalla realtà – di un’India decisa a rescindere i rapporti con Mosca, ma sta anche riuscendo in quella che sembrava una missione impossibile: creare un ponte tra i due giganti asiatici, considerati antagonisti irriducibili.

Il secolo asiatico è alle porte e prima l’Europa ne prenderà atto, prima inizierà a prendere le misure di un mondo il cui centro di gravità si sta spostando velocemente. Non più presso le rive americane dell’Atlantico, ma al centro del Pacifico.

 

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