4 Aprile 2013

Il nuovo leader della Repubbica centrafricana dichiara chiusa la caccia al sanguinario Kony

Il nuovo leader della Repubbica centrafricana dichiara chiusa la caccia al sanguinario Kony
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Immagini da Bangui, repubblica centrafricana

Joseph Kony, il macellaio che ha guidato per anni l’Esercito di liberazione del Signore, movimento che insanguinato l’Uganda per decenni (esattamente dal 1987), usando a piene mani la pratica del rapimento dei fanciulli per trasformarli in bambini soldato, è ancora in servizio attivo. Nel 2012 il video Invisible Children ne aveva fatto conoscere al mondo i crimini, tanto che era iniziata la caccia per consegnarlo al Tribunale penale internazionale. Ma la mobilitazione è durata poco. Negli ultimi tempi sembra si sia rifugiato nella Repubblica centrafricana, teatro di un recente golpe. Scrive il sito Mondo e Missione il 3 aprile: «Da allora nessuno parla più di Joseph Kony. E così oggi sta passando sotto silenzio una notizia rilanciata in queste ore dall’Associated Press nel contesto della guerra nella Repubblica Centrafricana, riesplosa in maniera drammatica in questi giorni: il comandante dell’esercito ugandese, il generale Aronda Nyakairima, ha annunciato che nella Repubblica Centrafricana il contingente che l’Unione Africana aveva dispiegato per dare la caccia a Joseph Kony – rifugiatosi nel Paese insieme a ciò che resta dell’LRA – ha interrotto le sue attività. Il nuovo regime del presidente autoproclamato Michel Djotodia, infatti, ha sospeso la collaborazione con i militari dell’Unione Africana, in grande maggioranza soldati ugandesi. Il che significa che non solo Kony è tuttora libero, ma può contare anche su nuovi alleati in un Paese ripiombato nel caos, con conseguenze che rischiano di essere pesanti anche per i Paesi vicini».

Tra l’altro, la Repubblica centrafricana confina con la Repubblica democratica del Congo. L’Lra da tempo usa sconfinare in questa nazione, le cue regioni orientali da decenni sono teatro di una guerriglia endemica eterodiretta allo scopo di predarne le risorse: l’allarme con cui si conclude la nota di Mondo e missione è più che fondato.

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