Ucraina: il piano di pace, sabotatori all'opera
Tempo di lettura: 4 minutiLe delegazioni di Kiev e Washington sono convenute a Ginevra per confrontarsi sul piano di pace Usa per l’Ucraina. Il Capo del Dipartimento di Stato Marco Rubio ha parlato di un incontro “molto significativo… probabilmente il migliore che abbiamo avuto finora“. Parole che sembrano confermate dal generale Keith Kellog, l’inviato Usa per l’Ucraina dimissionario, secondo il quale “siamo molto vicini a porre fine a questa guerra“. Insomma, sembra che si siano aperti spiragli, ma…
Ma – appunto – tanto ottimismo stride con il commento prudente di Trump, che suona insolito anche per la propensione del personaggio a brandire successi immaginari. Così, infatti, Trump su Truth social: “È davvero possibile che si stiano facendo grandi progressi nei colloqui di pace tra Russia e Ucraina??? Non crederci finché non lo vedi, ma potrebbe succedere qualcosa di buono”.
Prudenza alla quale ci atteniamo perché consapevoli della complessità del processo in corso. Difficoltà prevedibili sono nate in seno alla Ue, che finora ha parlato solo di guerra e, quando si è materializzato il piano Trump, si è affettata a predisporre un suo piano di pace, che intende confrontare con quello Usa per approntarvi delle modifiche.
Gli ingredienti del piano Ue sono sempre gli stessi: “Nessuna limitazione all’esercito ucraino, porte della NATO spalancate, invio di truppe straniere, sanzioni che si accendono e spengono come luci di Natale – e nemmeno un centimetro di territorio ceduto” alla Russia, come sintetizza Gerry Nolan sul Ron Paul Institute.
“Non una tabella di marcia verso la pace – commenta Nolan – ma la più pericolosa finzione politica dai tempi del dossier sulle armi di distruzione di massa in Iraq. Non è stato scritto per porre fine alla guerra. È stato concepito per riaccenderla, da tecnocrati che non hanno mai visto una trincea, non hanno mai seppellito un figlio, eppure presumono di ridisegnare un campo di battaglia sul quale non hanno mai combattuto. Un piano che distruggerebbe ciò che resta dell’Ucraina e farebbe sprofondare l’Europa in un’instabilità permanente, se non in una guerra vera e propria”.
L’Europa non avrebbe la forza per contrastare il piano trumpiano se non avesse la sponda dei neocon Usa, che stanno lavorando alacremente al sabotaggio. Sabotaggio che è stato avviato la scorsa settimana, quando qualcuno ne ha rivelato i dettagli al sito Axios diretto da Barak David, il quale proviene, come altri influenti cronisti Usa, dall’Unità 8200 dell’esercito israeliano, preposta alle operazioni informatiche segrete e alla guerra psicologica.
Una rivelazione che ha posto le prime criticità alla riuscita del tentativo, perché quando si conducono trattative tanto complesse e delicate, la segretezza è d’obbligo, anche perché, prima che fosse reso pubblico, il piano doveva essere smussato in un dialogo riservato con ucraini e russi, non dando tempo ai nemici della pace di adire a contromisure.
Quando Axios ha fatto lo scoop, Witkoff, evidentemente irritato, lo ha commentato con un post che doveva rimanere privato, ma che è stato reso pubblico per errore e subito cancellato: “Deve averlo avuto da K“. Nonostante tante interpretazioni fuorvianti è evidente che quel K identificava l’inviato per l’Ucraina Kellog, dal momento che, subito dopo lo scoop di Axios, è stato dimissionato (per evitare l’umiliazione, gli è stato consentito di auto-dimissionarsi).
Al suo posto, Trump ha scelto un amico intimo del vicepresidente J. D. Vance (il più attivo nel campo dei pacificatori), cioè il Segretario per l’Esercito Dan Driscoll, che ha approcciato in maniera durissima europei e ucraini, consapevole che vogliono far fallire anche questo negoziato. Ma il cambio di cavallo non sarà sufficiente a sedare i falchi neocon, i quali stanno esercitando pressioni su Rubio, da tempo attento alle loro suggestioni e che, secondo i media, sarebbe entrato in dialettica con Vance sul piano di pace.
Lo riporta Strana, che annota: “Le autorità ucraine e il loro sostenitori in Europa e tra i ‘falchi’ Usa cercheranno di sfruttare le contraddizioni tra Vance e Rubio per riscrivere il piano di pace a tal punto che sarà sicuramente respinto da Mosca. Allo stesso tempo, non è chiaro se il disaccordo tra questi due funzionari [Rubio e Vance ndr] sul piano sia davvero così significativo come riportato dai media”. La risposta al tempo.
Detto questo, e a margine, va registrato che lo scontro tra falchi e realisti in seno all’amministrazione Usa negli ultimi giorni si è infiammato. Al centro dello scontro Elbridge Colby, responsabile della politica del Pentagono. Una figura ignota ai più, ma la cui carica gli conferisce un peso notevole nel processo decisionale della politica estera americana.
Funzionario di lungo corso e da tempo marginalizzato per il suo realismo, la sua nomina da parte di Trump, come annota The American Conservative, è stata vista da tanti come una sorta di “antidoto a decenni di politiche sbagliate che hanno sovradimensionato le forze armate” e l’apparato militar-industriale attraverso le guerre infinite.
Contrastato fin dall’inizio del suo mandato, come annota il media citato, appare sempre più debole, dal momento che la scorsa settimana la Commissione per i servizi dell’Esercito del Senato ha “annullato il voto di conferma del suo vice, Alexander Velez-Green, e di Austin Dahmer, candidato a vicesegretario per la strategia, la pianificazione e le risorse. Entrambi sono ampiamente considerati realisti”, come lui. Scontro oscuro, ma dal quale dipende tanto, dall’Ucraina al Medio oriente.






