17 Gennaio 2020

L'impeachement e le penne di Nancy Pelosi

L'impeachement e le penne di Nancy Pelosi
Tempo di lettura: 3 minuti

Le penne di Nancy Pelosi sono entrate nella storia. Il presidente della Camera degli Stati Uniti ha trasmesso gli atti dell’impeachement al Senato dopo lungo tergiversare.

Un temporeggiare che aveva dato adito all’ipotesi che i democratici volessero prendere tempo in modo da non permettere lo svolgimento del procedimento nell’altro ramo del Congresso, a maggioranza repubblicana, per evitare l’assoluzione di Trump prima delle elezioni presidenziali del 2020.

Le penne-proiettile della Pelosi

Gli atti sono stati finalmente trasmessi, ma con una cerimonia che ha dato adito a polemiche. La Pelosi le ha voluto dare una veste ufficiale, che la stessa cronista della Cnn ha definito “insolita” e “stridente“, dato che si tratta di un procedimento ancora da definire, come hanno sottolineato i repubblicani (Washington Post).

Suggestioni e polemiche anche dai fan di Trump, i quali hanno affermato che le penne distribuite dalla Pelosi a fine cerimonia ai presenti (esponenti del suo partito) avrebbero un sembiante sinistro, sarebbero cioè a forma di proiettile.

Una suggestione che non avremmo riferito (tante ne scorrono sul web) se non fosse per la perplessità che si è dipinta sui volti di alcuni dei beneficiari di tali penne, osservate e rigirate tra le dita con evidente imbarazzo.

Una “pacchianata” infelice, certo, ma che non aiuta a stemperare il clima infuocato dello scontro politico che consuma il cuore dell’impero (peraltro, non scrivevano… presagio?).

L’impeachement, arma di pressione su Trump

Ora il Senato ha in mano il procedimento. E la prima cosa da definire è se verranno ammessi nuovi testimoni, come chiedono i democratici, o se esso si baserà solo su quanto emerso nell’inchiesta condotta dagli stessi democratici alla Camera, come chiede Trump, che ritiene talmente inconsistenti le prove contro di lui da poter ottenere una veloce assoluzione (grazie alla maggioranza repubblicana).

Lo scontro non è solo sull’assoluzione o meno del presidente, che per ora è data per certa. Ma i democratici, e i neocon che stanno alimentando il procedimento, vogliono allungare i tempi con nuove testimonianze.

Più a lungo durerà l’impeachement, più i neocon avranno armi di pressione su Trump. Non è particolare da poco, basti pensare all’assassinio Soleimani, al quale il presidente sembra abbia dovuto accondiscendere su pressione di tale ambito  (Piccolenote) poco prima del passaggio delle consegne dell’impeachement.

Un cedimento, quello sul generale iraniano, che avrà conseguenze notevoli (e non solo per la complicazione estrema innestata nel rebus iraniano, che pure Trump vorrebbe a suo modo risolvere evitando la guerra agognata dai neocon, vedi The Atlantic).

Nuovi elementi

Sarà difficile per la squadra legale di Trump arginare la richiesta di nuove testimonianze, anche perché si susseguono nuovi elementi.

Lev Parnas, legale associato all’avvocato di Trump Rudy Giuliani e con questi implicato in un procedimento giudiziario, ha affermato che il presidente era a conoscenza dell’inchiesta di Giuliani in Ucraina sul figlio del candidato democratico Joe Biden, vicenda sulla quale ruota l’impeachement.

È arrivata poi la relazione di una Commissione del Congresso sul freno  imposto da Trump agli aiuti militari diretti all’Ucraina, che secondo i suoi accusatori sarebbe stato motivato dalla necessità di far pressioni su Kiev per spingerli a indagare sul rampollo di Biden. Un’azione illegale, ha decretato la Commissione.

Intanto torna prepotente la possibilità di una deposizione al Senato dell’ex Consigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton, il neocon che per primo chiese a Trump la testa di Soleimani (Nbc). Finora respinta, l’idea di una sua deposizione è tornata, come dimostra l’articolo del Washington Post dal titolo: “Trump non può impedire a John Bolton di testimoniare”.

La sua testimonianza è attesa dall’accusa e temuta dalla difesa, dato che Bolton vuole e può affondare il presidente. Acque agitate per Trump, che, in difficoltà, ha aperto un canale di comunicazione con i suoi nemici, concedendo loro parte di quanto chiedono, come sembra dimostrare l’omicidio Soleimani.

La disposizione di Trump è sottlineata anche dall’inserimento nel suo team legale del noto avvocato Alan Dershowitz, vicino alla famiglia Clinton e già entusiasta sostenitore della candidatura di Joe Biiden contro Trump (Washington Examiner).

Già lo aveva scelto per difendersi alla Camera, in seconda battuta, quando le cose buttavano male. Ha di nuovo bisogno dei suoi servigi…

Da vedere dove lo porteranno tali concessioni, che peraltro potrebbero portargli sfortuna alle presidenziali del 2020.

 

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