28 Luglio 2025

La carestia indotta di Gaza: il mondo condanna, ma non si muove

di Davide Malacaria
La carestia indotta di Gaza: il mondo condanna, ma non si muove
Tempo di lettura: 5 minuti

La carestia provocata da Israele nella Striscia continua a mietere vittime. Nel comunicato di domenica il ministero della Sanità di Gaza ha riferito che i decessi per fame registrati finora sono 133, di cui 37 bambini – altri, nel caos di Gaza, saranno rimasti celati. Nel mentre, la gente continua a essere uccisa presso i cosiddetti centri di aiuto della Gaza Humanitarian Foundation: da maggio sono oltre 1000 le vittime di questi sanguinari Hunger Games.

Twenty More Palestinians Starve to Death in Gaza in Three Days Due to Israeli Blockade

UN body says Israeli forces have killed over 1,000 aid-seekers in Gaza since May, as hunger worsens

Resta che le immagini dei bambini pelle e ossa di Gaza non possono essere più ignorate dai media mainstream né dai politici occidentali, complici di tali crimini. Tanto che i silenti potenti hanno iniziato a chiedere di porvi fine. A parole, ovvio, ché non sanno far altro (qualsiasi altro Stato sarebbe stato spazzato via con ignominia dalle bombe Nato).

Lo stesso Trump, dalla Scozia, dov’era impegnato a stringere il nodo scorsoio attorno al collo all’Unione europea – con la Von der Leyen contenta di un accordo che eroderà vieppiù le residue attività industriali del Vecchio Continente –  ha dichiarato che è necessario porre fine alla fame e che un cessate il fuoco è ancora “possibile”. Ha esortato in tal senso Netanyahu, ha aggiunto, non comprendendo la tragica ironia delle sue parole, ché ormai è chiara la scarsa importanza che il suo interlocutore annette alle sue esortazioni.

Detto questo, la novità è che Israele ha concesso pause tattiche nelle operazioni militari e un accesso limitato agli aiuti umanitari. Una foglia di fico che serve alle pubbliche relazioni – e probabilmente anche un contentino a Trump – più che ai palestinesi. Serve solo a far fronte all’ondata di piena che sul web smaschera gli orrori prodotti su scala industriale dall’IDF.

Quanto alle pause tattiche delle operazioni, basta riferire che, appena annunciata la nuova strategia, Israele ha attaccato una cosiddetta “zona sicura”, mentre altre 32 persone sono state uccise mentre cercavano di accedere agli aiuti…

Israel attacks so-called 'safe zone' despite military pause

Invece, per quanto riguarda l’apertura agli aiuti, il tutto si è limitato a far entrare qualche decina di camion e a far paracadutare qualche pacco per via aerea. Quest’ultima trovata non è nuova, essendo una replica della fallimentare operazione promossa sotto la presidenza Biden, presto riposta nel cassetto perché eccessivamente costosa, del tutto inutile rispetto ai bisogni della Striscia – come ha ribadito sabato Philippe Lazzarini, a capo dell’Agenzia Onu per il soccorso dei palestinesi – infine, pericolosa per i destinatari, sia perché è capitato che le casse ne schiacciassero alcuni, sia perché l’arrivo dei pacchi innesca una lotta tra disperati per accaparrarsi qualche giorno di vita in più per sé o i propri figli.

L’apertura di Israele agli aiuti, di facciata nulla più, è arrivata dopo che ha a lungo  negato la fame della Striscia e dopo che, nell’ultima settimana, impossibilitata a negare la carestia, ha tentato in tutti i modi di affibbiarne la responsabilità all’Onu, che sarebbe venuta meno al proprio dovere (dopo averla cacciata dalla Striscia… tant’è).

Dell’intensa attività propagandista di Tel Aviv in tal senso dà conto un articolo di Haaretz, che smentisce punto per punto le accuse contro le Nazioni Unite. Poco interessante tale puntuale smentita, sebbene benvenuta – è ovvio che si tratta di propaganda d’accatto – più interessante quella sul motivo addotto da Israele per cacciare l’Onu da Gaza, cioè che le modalità di distribuzione consentivano ad Hamas di rubare parte degli aiuti per i propri bisogni.

“Secondo un’inchiesta della Reuters – si legge su Haaretz – il Dipartimento di Stato americano ha esaminato 156 casi relativi allo smarrimento di aiuti finanziati dagli Stati Uniti inviati a Gaza, senza trovare prove che Hamas si fosse appropriato degli alimenti rubati”. Inoltre, un articolo del New York Times ha dato conto di quanto rivelato da fonti militari israeliane, che hanno confermato come il sistema degli aiuti delle Nazioni Unite abbia “funzionato in modo efficiente e che l’esercito non ha trovato prove che Hamas avesse rubato gli aiuti umanitari delle Nazioni Unite“.

IDF Officials Say No Evidence Hamas Systematically Stole UN Aid in Gaza, NYT Reports

Una pietra tombale sulla propaganda di Tel Aviv, che purtroppo si associa alla pietra tombale calata su tanti palestinesi e che ne attende tanti altri. Infatti, anche se Israele, sotto la pressione globale, aprisse a manetta la distribuzione degli aiuti, ciò potrebbe non evitare l’ecatombe incombente o quantomeno non consentirà a tanti stremati abitanti della Striscia un infausto destino.

Infatti, conclude Haaretz, “lo scenario da incubo è che potrebbe essere già troppo tardi per molti bambini e adulti. Come ha spiegato un medico di Gaza il mese scorso, una volta superato un certo stadio di denutrizione, il problema non può più essere risolto solo con il cibo; sono necessarie cure mediche intensive, alimenti specifici, farmaci e un maggior numero di dottori”. Cosa che attualmente Israele nega.

Il genocidio va avanti, nonostante le fatue esortazioni dei leader occidentali, che si associano al sostegno irrevocabile a Israele. E di genocidio hanno parlato per la prima volta anche due istituzioni umanitarie israeliane, B’tselem e Physicians for Human Rights. Presa di posizione forte, pur se solo simbolica.

Two Israeli rights groups say Israel commiting genocide in Gaza in national first

Meno simbolica la condanna di centinaia di rabbini che, da tutto il mondo, hanno firmato una lettera aperta per condannare la carestia indotta nella Striscia, come anche la preoccupazione sul tema espressa dall’American Jewish Committee, una delle istituzioni ebraiche più importanti d’America: anche se il pronunciamento è stato blando, resta che è la prima volta che un organismo ebraico mainstream Usa esprime qualche contrarietà a quanto sta avvenendo.

Hundreds of rabbis demand Israel stop ‘using starvation as a weapon of war’

Tace, invece, l’AIPAC, l’istituzione ebraica più autorevole degli Stati Uniti, che ha assicurato a Netanyahu e soci il ferreo sostegno del Congresso, senza il quale non avrebbe potuto fare nulla.

Infatti, va ribadito che quanto si sta consumando a Gaza non dipende solo da Netanyahu, né dalle folli pulsioni dei messianici che lo sostengono, ma anche, e soprattutto, da quanti, in America, vedono il genocidio di Gaza come lavacro necessario alla genesi della Grande Israele che, grazie agli Accordi di Abramo e alla distruzione dell’Iran, potrà ergersi a potenza dominante del Medio oriente, così da assurgere al rango di potenza globale. Sogno – o incubo che dir si voglia – col quale Netanyahu li ha conquistati alla sua nefasta causa.

 

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