8 Agosto 2023

La minacciosa visita della Nuland in Niger

Victoria Nuland
Tempo di lettura: 4 minuti

Gli Stati Uniti “sostengono gli sforzi dell’ECOWAS per ripristinare l’ordine costituzionale in Niger”. Così Antony Blinken in un’intervista rilasciata a Radio France international. Intervento non casuale, dal momento che la Francia è il Paese più infuriato per quanto sta avvenendo nella sua ex colonia.

La minacciosa visita della Nuland

La dichiarazione di Blinken va letta insieme alla minacciosa visita in Niger della sua bellicosa vice al Dipartimento di Stato, Victoria Nuland, che a Niamey si è intrattenuta con il Capo di Stato Maggiore, generale Moussa Salaou Barmou, in un colloquio “franco” e “difficile” nel quale ha ribadito che l’eventuale presenza della Wagner nel Paese – contattata dal nuovo governo per far fronte a un eventuale attacco – avrebbe messo a repentaglio la “sovranità” nigerina.

Esplicitando, la Nuland ha ordinato di ripristinare l’ordine pregresso e di non toccare il contingente americano stanziato in Niger (tre basi, circa mille uomini) e ventilato, in caso di intervento della Wagner, un forte sostegno USA a un eventuale attacco a Niamey e magari un intervento diretto.

Ma l’aggettivo “difficile” sottende anche che non ha trovato politici proni ai suoi diktat (a differenza degli europei…). Lo denota anche il fatto che il leader della giunta militare, il generale Abdourahmane Tchiani, non l’ha voluta ricevere né gli è stato permesso di incontrare il presidente deposto Mohamed Bazoum.

D’altronde, avendo questi evocato un intervento armato contro il suo Paese sul Washington Post- questo il senso del titolo dell’articolo: “Il mio Paese è sotto attacco etc…” – la richiesta deve essere apparsa alquanto irritante agli occhi dei nuovi leader (né la richiesta di Bazoum può essere accolta con molta simpatia dal suo popolo, sulle cui teste cadrebbero le bombe straniere).

En passant si può notare che il niet alla Wagner della Nuland evidenzia che finora la compagnia di mercenari russa non ha avuto un ruolo nella rivolta nigerina, al contrario di quanto hanno sostenuto e sostengono tanti media d’Occidente…

La visita della Nuland rende l’idea dell’irritazione degli Stati Uniti per quanto avvenuto in Niger. E attirare le antipatie dei neocon porta sfortuna. Ad oggi la guerra per procura tramite le nazioni dell’Ecowas si è allontanata grazie al voto con cui il Senato della Nigeria ha rigettato la richiesta del presidente Bola Ahmed Tinubu di autorizzare un intervento armato.

Ma non per questo l’opzione è svaporata. Tinubu, che dall’8 luglio è anche presidente della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, ha indetto una nuova riunione dell’Ecowas per domani. Non si rassegna.

Una possibile opzione di riserva è un intervento minore, di uno o due stati dell’organismo in questione, che trascini poi in guerra l’intero Ecowas… Almeno questa è la paura del Niger, che sta concentrando l’esercito a difesa della capitale.

Tinubu e l’amico americano

Di grande interesse un articolo che Grayzone dedica al bellicoso presidente della Nigeria, che in gioventù, a Chicago, fu sfiorato da un’inchiesta su un traffico di eroina nel quale era coinvolto un cugino. Gli inquirenti avevano trovato quasi due milioni di dollari su conti correnti a lui riferibili in diverse banche, che secondo l’agente speciale dell’IRS Kevin Moss sarebbero stati frutto di riciclaggio.

Ma, mentre l’indagine prendeva corpo, rammenta Grayzone,  Tinubu tornava in Nigeria, avendo prima assicurato agli inquirenti la sua estraneità ai fatti. E qui inizia la sua carriera politica: nel 1992 è eletto al Senato e nel 1999 diventa Governatore dello Stato di Lagos, carica che mantiene fino al 2007.

In questo periodo avvia un rapporto molto intenso con l’ambasciata USA, che l’ha accompagnato per tutta la carriera politica. Uomo forte della Nigeria, Tinubu dal 2007 in poi “ha scelto tutti i candidati vincenti” alle presidenziali, secondo l’emittente tedesca DW, che all’inizio di quest’anno ha osservato che il magnate “è ritenuto uno dei politici più ricchi della Nigeria, ma la fonte della sua ricchezza resta ignota”.

Ancora Grayzone: “Nel 2009, Tinubu è stato indagato dalla polizia di Londra”. Secondo le accuse, insieme a due uomini politici del suo Paese, aveva creato una società di copertura l’African Development Fund Incorporation“, per comprare “illegalmente azioni di ECONET, una società di telecomunicazioni fondata dall’asset dell’intelligence statunitense e dal fiduciario della Fondazione Gates Strive Masiyiwa”.

Ma gli inquirenti non riuscirono a scoprire granché a causa dell’opposizione del governo nigeriano all’inchiesta. “Nel 2011,- continua Grayzone – Tinubu è stato processato davanti al Code of Conduct Tribunal in Nigeria per aver gestito illegalmente 16 conti bancari esteri”. Ma evita di presentarsi davanti ai giudici e tutto si risolve.

Tinubu ha davvero tanti soldi e l’acquisto a Londra, a prezzo di favore, di una sontuosa villa nel quartiere di Westminster non passa inosservata agli occhi dei tabloid britannici.

La sua ricchezza è al centro di un’altra controversia, continua Grayzone, che racconta quanto avvenuto in occasione delle elezioni politiche del 2019, durante le quali divennero virali le immagini di un convoglio di camion blindati carichi di soldi che entravano nella sua residenza.

Le opposizioni lo accusarono di compravendita di voti, ma ai giornalisti che l’interpellavano spiegò con eleganza: “Tengo i soldi dove voglio”, aggiungendo che “se ho i soldi, e se mi va, li do gratuitamente alla gente”.

Più tardi, per rimediare alla gaffe, il suo segretario ebbe dire che i camion avevano “sbagliato strada” e quindi erano entrati per errore in casa del futuro presidente della Nigeria (eletto a maggio del 2023) e dell’Ecowas.

Ma al di là delle beghe giudiziarie che l’hanno sfiorato e della posa da satrapo orientale che tanto contrasta con la povertà della sua gente, il particolare più rilevante della vita del presidente, attestato da tanti cablogrammi, è il rapporto  con l’ambasciata degli Stati Uniti, nella quale è di casa.

Tale legame aiuta forse a spiegare perché il “padrino di Lagos” – come scherzosamente è chiamato Tinubu dai suoi concittadini – si sia affrettato a chiedere un intervento armato contro il Niger.

E ciò forse spiega anche perché, dopo che l’opzione è andata a vuoto, la Nuland si sia precipitata a Niamey. Essendo svaporata, almeno per ora, la guerra per procura, gli Stati Uniti sono dovuti intervenire direttamente. Per ora con le minacce.