31 Marzo 2014

Lo shale-gas: risorsa o pericolosa e inutile avventura?

Lo shale-gas: risorsa o pericolosa e inutile avventura?
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La crisi Ucraina sta comportando come conseguenza un riorientamento della politica energetica mondiale. Gli Stati Uniti hanno chiesto all’Europa di cessare le importazioni di energia dalla Russia e di passare allo shale-gas proveniente dagli Usa, un gas che si trova a grandi profondità, il cui sfruttamento si produce con la tecnica del fracking, ovvero sparando acqua e agenti chimici ad alta pressione a grandi profondità, frantumando la roccia – in realtà scisti bituminose – e catturando il gas che si libera nel processo. Più che un’ipotesi, questa rivoluzione energetica è una prospettiva concreta. In un articolo del Corriere della Sera del 27 marzo, Roberto Pozzan riporta la sintesi di un’inchiesta di Report, nella quale si evidenziano alcuni problemi connessi allo sfruttamento di questa risorsa naturale.

Anzitutto il costo e il rendimento: «Impiantare un pozzo per lo shale gas arriva a costare tra i 4 e 6 milioni di dollari, contro gli ottocentomila di un pozzo tradizionale, ma è soprattutto il rendimento a dimostrarsi deludente. I pozzi rendono il massimo della loro produzione nel primo anno di vita e poi decadono fino a non produrre quasi nulla quattro anni dopo. Per questo le compagnie sono costrette a perforare in continuazione». E sempre per questo motivo, «diversi analisti parlano di una bolla che prima o poi esploderà», spiega ancora Pozzan.

E ancora: «Per quanto riguarda i problemi ambientali, la correlazione fracking-terremoti sta portando alla chiusura di molti pozzi». È infatti assodato che il procedimento del fracking provoca terremoti. Gli assertori dello shale gas spiegano che si tratta di fenomeni sismici di bassa intensità; i contrari fanno notare come per loro natura i terremoti non sono controllabili.

Infine, sintetizza ancora Pozzan, «i fluidi iniettati nel terreno per il fracking, in parte vengono recuperati e trattati, in parte rimangono nel sottosuolo e in parte risalgono inquinando le falde». Insomma problemi ambientali di non secondaria importanza.