29 Settembre 2025

Netanyahu non ha dismesso il suo sogno di una super-Sparta, anzi

di Davide Malacaria
Netanyahu non ha dismesso il suo sogno di una super-Sparta, anzi
Tempo di lettura: 3 minuti

L’aspetto più inquietante del discorso di Netanyahu alle Nazioni Unite, in una sala praticamente deserta per l’uscita di scena delle delegazioni di quasi tutto il mondo, non è tanto quel che ha detto, dal momento che ha ribadito le abusate nefandezze retoriche, ma il fatto che le sue parole siano riecheggiate in tutta la Striscia tramite
altoparlanti e cellulari.

La trovata degli altoparlanti, piazzati un po’ ovunque dall’IDF, è stata criticata persino dagli stessi militari, con una fonte anonima che, interpellata da Haaretz, l’ha definita “folle“. In effetti, lo scopo non dichiarato era quello di affermare il dominio anche psicologico di Israele sulla Striscia: il comandante in capo del campo di sterminio che impone la sua voce agli impotenti prigionieri.

Ancora più inquietante il fatto che l’IDF abbia preso il controllo dei telefoni cellulari di tutti i cittadini di Gaza perché il messaggio risultasse più capillare e pervasivo. Una trovata in salsa circense, certo, ma che voleva essere una dimostrazione di potenza ostentata al mondo intero dall’alto scranno delle Nazioni Unite. E, in effetti, tale è risultata.

Non per nulla, per indicare il futuro del suo Paese, la Grande Israele agognata dal messianesimo ebraico, Netanyahu ha evocato Sparta, anzi una Super-Sparta a motivo della potenza geometrica della sua tecnologia, vieppiù potenziata dai profondi quanto inconfessabili rapporti con le Big Tech americane (vedi al Jazeera: “Come i veterani dell’intelligence israeliana stanno plasmando le grandi aziende tecnologiche statunitensi).

Peraltro, la trovata di prendere il controllo dei cellulari dei palestinesi aveva il precipuo scopo di rievocare la scioccante, quanto sulfurea, operazione dei cercapersone esplosivi condotta contro Hezbollah, il cui leader, Hassan Nasrallah, venne ucciso esattamente un anno fa (di questi giorni le commemorazioni in Libano, che Israele ha deliberatamente funestato incrementando i bombardamenti sul Paese dei cedri, che proseguono nonostante la tregua).

Nonostante abbia dovuto fare una repentina marcia indietro a causa del crollo della Borsa israeliana (innescato dalla prospettiva autarchica evocata nel frangente), Netanyahu tiene la barra dritta sulla Super Sparta e sulla guerra senza fine che, in tale delirio, consentirà alla Grande Israele di imporsi come dominus incontrastato del Medio oriente, come la vittoria di Sparta su Atene nella guerra del Peloponneso consegnò alla prima il dominio della Grecia (guerra evocata specificatamente da Netanyahu, come spiegavamo in una nota pregressa).

In realtà, il parallelo posto da Netanyahu cozza con i suoi sogni di gloria, dal momento che la storia racconta come il dominio spartano fu di breve durata e coincise con la fase terminale della civiltà greca, preda di una decadenza ormai irreversibile.

Bizzarrie della storia e delle sue attualizzazioni forzate è che Sparta vinse solo grazie all’ausilio persiano, quella Persia (Iran) che oggi Netanyahu identifica come il nemico esistenziale, l’attuale Atene, della quale i nemici attuali, da Hamas agli Houti, sarebbero solo dei meri tentacoli regionali.

L’attuale Persia, nel delirio del premier israeliano, si identificherebbe con gli Stati Uniti d’America, l’Impero necessario ad abbattere il nemico regionale. Da cui le pressioni perché si allinei ai suoi deliri e alle sue prospettive.

Se ne accenniamo è perché la sfida all’Iran è stata rilanciata per l’ennesima volta da Netanyahu nel discorso alle Nazioni Unite, con le solite argomentazioni sulla minaccia che tale Paese rappresenterebbe per il mondo.

E, proprio mentre Netanyahu teneva il suo infiammato sermone, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha bocciato la proposta avanzata da Russia e Cina per rimandare di alcuni mesi il ripristino delle sanzioni contro Teheran, richiesta avanzata da Francia, Germania e Gran Bretagna a causa delle asserite inadempienze di Teheran dell’accordo sul nucleare.

Così, mentre da una parte l’Europa riconosce la Palestina in un contrasto simbolico con i piani israeliani, dall’altra li asseconda in modalità molto più concrete, inasprendo le già forti tensioni con l’Iran nel tentativo di innescare un’altra guerra mediorientale, stavolta di più ampia portata.

È ciò che Netanyahu vuole più di ogni altra cosa, la sua vera ossessione, il tassello finale del domino avviato con l’invasione irachena del 2003, il regime-change siriano, che ha consegnato Damasco ad al Qaeda, il genocidio di Gaza e la guerra contro Hezbollah. La Super Sparta non può darsi senza incenerire l’Iran.

Un progetto strategico che nasce da quando l’Occidente mise nel mirino l’Iraq nel 2003. Allora, un più giovane Netanyahu si recò negli Stati Uniti per parlare da un altro importante scranno, offertogli quella volta dal Congresso Usa, per spiegare ai parlamentari americani i benefici che avrebbe arrecato una guerra contro l’Iraq.

Benefici di pace, evocati, peraltro, anche a conclusione del suo discorso all’Onu, che sarebbe prodotta dalla sconfitta del male, che ha il volto dei suoi antagonisti regionali (Netanyahu non ha il problema di ripetersi, anzi ostenta volentieri la sua maniacale monomania).

Se abbiamo accennato all’invasione irachena del 2003, non è solo perché quello fu il momento sorgivo del sagnuinario delirio attuale – reso possibile dal golpe messo a segno dai neocon nel post 11 settembre – ma anche perché un altro protagonista dell’epoca è tornato prepotentemente alla ribalta, anch’esso circonfuso da un’aura retorica di pace.

Infatti, nel piano di pace stilato dagli Stati Uniti, la Gaza post genocidio sarebbe affidata alle cure di Tony Blair, che fu artefice dell’invasione irachena in combinato disposto con Netanyahu e i neocon Usa. Corsi e ricorsi storici alquanto inquietanti.

 

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